Corte di Cassazione sentenza n. 25683 del 1 dicembre 2011
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – LAVORO A TEMPO DETERMINATO – INDICAZIONE DI DUE O PIÙ RAGIONI LEGITTIMANTI L’APPOSIZIONE DI UN TERMINE AD UN UNICO CONTRATTO DI LAVORO – CAUSA DI ILLEGITTIMITA’ DEL TERMINE – ESCLUSIONE
massima
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L’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sé causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
V.M. stipulò con la società Poste Italiane quattro contratti di lavoro a tempo determinato, per le causali di cui all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, in date: 21 luglio 1997; 23 ottobre 1997; 1°giugno 1998 e 12 ottobre 1998.
Il Tribunale di Genova dichiarava la nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro stipulato in data 21 luglio 1997; l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da tale data, condannando la società Poste al pagamento delle retribuzioni dalla costituzione in mora.
La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 1°dicembre 2006, respingeva il gravame proposto dalla società Poste.
Quest’ultima propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.
La M. restava intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con i primi due motivi la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 23 L. n. 56 del 1987; degli artt. 1362 e seguenti c.c. e dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994; nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando che la corte di merito, in contrasto con le norme richiamate, non considerò adeguatamente che con la delega contenuta nel citato art. 23, le parti sociali erano libere di individuare nuove e diverse ipotesi di assunzione a tempo determinato; che nessuna norma impediva che nel contratto di assunzioni fossero indicate, come nella specie, più causali; che la causale inerente le esigenze organizzative conseguenti il godimento delle ferie da parte del restante personale non necessitava di specifica prova del nesso etiologico rispetto all’assunzione a termine in esame, come invece ritenuto dalla corte territoriale.
2. – I motivi sono fondati.
2.1 – Questa Corte ha già affermato che l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sé causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, pur restando impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate, Cass. 17 giugno 2008 n. 16396.
2.2 – La corte di merito ha respinto il gravame ritenendo che la società Poste non aveva adeguatamente provato le esigenze sostitutive conseguenti il godimento delle ferie da parte del personale in servizio, indicate nel contratto di assunzione in base all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, stipulato ai sensi dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 in data 21 luglio 1997.
L’assunto non può essere condiviso.
Questa Corte ha già affermato (Cass. 28 marzo 2008 n. 8122; Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513) che ‘Tunica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 c.c.n.l. 26 novembre 1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro, di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonché la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato”.
3. Con il terzo motivo la società Poste denuncia violazione dell’art. 1372 c.c., nonché insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente alla eccepita risoluzione del rapporto per mutuo consenso, valutato l’apprezzabile lasso di tempo tra la risoluzione del rapporto e la manifestazione di una volontà impugnatoria da parte del lavoratore.
Il motivo risulta infondato.
Ed invero secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. 11 marzo 2011 n. 5887), ai fini della configurabilità della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso (costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7 maggio 2009 n. 10526, il cui onere della prova grava evidentemente sull’eccipiente, Cass. 1° febbraio 2010 n. 2279), non è di per sé sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo l’impugnazione del licenziamento, o il semplice ritardo nell’esercizio dei suoi diritti, essendo piuttosto necessario che sia fornita la prova di altre significative circostanze denotanti una chiara e certa volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (Cass. 15 novembre 2010 n. 23057), prova nella specie neppure indicata.
4. – I primi due motivi del ricorso debbono pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi, con rinvio, anche per le spese, alla medesima Corte d’appello di Genova in diversa composizione, al fine di esaminare la fondatezza del gravame in ordine agli ulteriori tre contratti a tempo determinato stipulati tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre.
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