CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 giugno 2013, n. 25792
Reati fiscali – Frode carosello – Punibilità dopo il d.l. semplificazioni – Sussiste
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 8/2/2012 della Corte di appello di Milano che ha parzialmente confermato la sentenza ex art.442 cod. proc. pen. emessa il 17/5/2011 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha determinato in un anno e sei mesi di reclusione la pena inflitta per il reato previsto dagli artt.81 cpv cod. pen. e 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 commesso quale legale rappresentante della R. nelle dichiarazioni annuali relative alle annualità 2004, 2005 e 2006.
2. Avverso tale decisione il sig. G. propone ricorso tramite il Difensore con il quale, dopo un’ampia descrizione dei presupposti in fatto (pagg.1-15) in estrema sintesi lamenta:
a. errata applicazione di legge ex art.606, lett. b) cod. proc. pen. con riferimento sia all’art.2 del 74/200 sia agli artt.192 e 530 cod. proc. pen. per avere i giudici di merito operato un malgoverno delle prove e compiuto una errata valutazione delle caratteristiche delle società emittenti, “Punto Computer” e “Infotop”;
b. errata applicazione di legge ex art.606, lett. b) cod. proc. pen. con riferimento alla disciplina comunitaria e all’art.192 cod. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett. c) cod. proc. pen. con riguardo alla consapevolezza in capo al ricorrente delle frodi commesse dai fornitori, posto che, come evidenziato anche in sede di discussione, può ipotizzarsi che le due società emittenti operassero mediante importazioni In frode, ma non che fossero società “cartiere”.
Considerato in diritto
1. Il contenuto dei motivi di ricorso impone alla Corte di ricordare in via preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) e.p.p. non autorizzi affatto il ricorrente a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.
Ancora successivamente alla modifica della lett. c) dell’art.606 c.p.p. apportata dall’art.8, comma primo, lett. b) della legge 20 febbraio 2006, n.46, l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio -14 giugno 2007, P.G. in proc. Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al giudice dì legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Ciò non significa, ovviamente, che la presenza di manifesta illogicità della motivazione, rilevante ai sensi della citata dell’e) dell’art.606 c.p.p., non debba essere riconosciuta allorquando a fronte di plurime ipotesi ricostruttive dei fatti i giudici di merito non abbiano dato conto in modo coerente e corretto sul piano logico delle ragioni per cui l’ipotesi accolta abbia forza sufficiente da escludere la solidità delle ipotesi alternative sottoposte al loro giudizio.
2. L’applicazione di tali principi al caso in esame impone di rilevare come la parte centrale del ricorso, sebbene rubricata come vizio di applicazione della legge penale, sia in realtà fondata su censure che attengono alla ricostruzione del fatto storico e dell’elemento psicologico del reato. A tale proposito va ricordato che il giudizio in tema di responsabilità operato dal giudice di appello può avere come riferimento i fatti accertati secondo la motivazione della sentenza di primo grado e che il giudice di appello può limitare la propria motivazione ai soli profili dell’impugnazione che richiedono specifica risposta.
3. A tale proposito la Corte evidenzia che la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare presenta una motivazione che si è fatta carico delle specifiche argomentazioni esposte dalla difesa e che argomenta su circostanze di fatto ritenute segno inequivoco di illiceità delle operazioni; si vedano in particolare le pagine 14-16, così che deve escludersi che difetti l’esposizione delle ragioni che hanno condotto a ritenere provata la contestazione.
4. Muovendo da tale base ricostruttiva, i giudici di appello, con sentenza certamente sintetica ma non per questo carente, hanno concluso che le due società venditrici rappresentavano intermediari puramente cartolari, con minima attività in proprio e legami quasi esclusivi con la società amministrata dall’odierno ricorrente. Conclusione cui sono giunti dopo avere preso in esame il nucleo essenziale delle censure mosse dall’appellante e la diversa ricostruzione dei fatti da lui rappresentata.
5. Questa Corte, chiamata a valutare se la motivazione della sentenza impugnata e le complessive argomentazioni dei giudici di merito presentino incoerenze e contraddittorietà o vizi logici decisivi, ritiene che tale condizione non si sia verificata e che non sussistano ragioni per annullare detta decisione.
In particolare, la Corte ritiene che i giudici di merito non siano incorsi nell’errore di “malgoverno” dei criteri fissati dall’art. 192 cod. proc. pen., e abbiano offerto una lettura logicamente corretta degli elementi di fatto, giungendo a escludere la attendibilità della versione difensiva e a ritenere provata l’impostazione accusatoria. Non appare, tra le altre cose, contestabile che i giudici di merito abbiano ritenuto assai rilevanti sul piano ricostruttivo una serie di circostanze che appaiono correlate tra loro e che conducono a conclusioni univoche; in particolare: che la società “Punto Computer” abbia avuto una vita operativa molto breve, di poco superiore a 18 mesi; abbia operato secondo metodi commerciali Impropri, tanto da risultare decotta ed essere dichiarata fallita; abbia avuto un picco di volume di operazioni nell’anno 2005 per poi precipitare immediatamente dopo; abbia avuto come cliente quasi esclusivo la “Rate Italia” (su 21,3 milioni di euro di fatturato del 2005 ben 17,8 milioni oltre I.v.a. vedono la “Rate Italia” come acquirente; e già nel 2004 su 2,8 milioni di volume di affari ben 1,76 oltre I.v.a., per complessivi, 2,1 milioni concernono la “Rate Italia”); sia stata scelta dal ricorrente come ditta fornitrice per quantità di merci e importi molto elevati pur essendo priva di storia commerciale e di strutture che ne garantissero la solidità e l’inserimento fisiologico nel mercato lecito.
6. Una volta ritenuto, con giudizio non manifestazione illogico, che l’operatività della “Punto Computer” presenti anomalie evidenti e incompatibili con una gestione corretta, i giudici hanno ritenuto che l’insieme dei fatti ricordati escluda che l’imputato fosse all’oscuro di eventuali frodi commesse dal fornitore e conduca, invece, a ritenere che il legame strettissimo fra le due società dimostri l’esistenza di un accordo e della partecipazione consapevole dell’imputato al meccanismo illegale.
7. Ad analoghe conclusioni i giudici di merito sono pervenuti per quanto riguarda la soc. “infotop”, analoghi essendo i meccanismi commerciali e risultando la società “Infotop” una così detta “tomba fiscale”.
8. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene che i motivi di ricorso debbano essere considerati infondati nella parte in cui contestano la fittizietà delle fatturazioni e la consapevolezza di tale elemento in capo al ricorrente, con conseguente reiezione dell’impugnazione.
9. Deve essere a questo proposito affrontato un diverso profilo prospettato dal ricorrente in corso di discussione con riguardo al contenuto del d.l. 2 marzo 2012, n.16, convertito in legge 26 aprile 2012, n.44 e alla interpretazione che la Sezione Tributaria ha dato del tema della deducibilita dei costi da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti con la sentenza n.3258 dell’I 1/2/2013.
Osserva la Corte che la sentenza citata, chiamata a intervenire proprio in una ipotesi di frodi “carosello”, opera una distinzione fra le regole che presidiano l’applicazione del regime I.v.a., e che escludono la rilevanza dei profili invocati dal ricorrente, e quelle che presidiano le imposte dirette; solo per queste ultime imposte la fittizietà soggettiva delle fatture non costituisce più un ostacolo insormontabile al riconoscimento dei costi relativi, ma “”resta comunque aperto il problema della concreta deducibilita dei costi in relazione ai principi di effettività, Inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”.
10. Va, dunque, escluso che la nuova disciplina abbia eliminato i presupposti di antigiuridicità delle condotte contestate e che sussistano ragioni evidenti per accogliere in questa sede un profilo di censura non prospettato coi motivi di ricorso.
11. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 giugno 2021, n. 15860 - In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 5396 depositata il 29 febbraio 2024 - In tema di IVA, il diritto del contribuente alla relativa detrazione costituisce principio fondamentale del sistema comune europeo e non è suscettibile, in…
- Corte di Giustizia UE, sez. V, sentenza 24 novembre 2022, C-596/21 - Gli articoli 167 e 168 della direttiva 2006/112, letti alla luce del principio del divieto di frode, devono essere interpretati nel senso che al secondo acquirente di beni può essere…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19115 del 14 giugno 2022 - In tema di operazioni soggettivamente inesistenti l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19213 del 15 giugno 2022 - In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 giugno 2020, n. 11997 - In tema di Iva, l'Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…