CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 novembre 2013, n. 25969
Reddito d’impresa – Accertamento – Cartella di pagamento – Validità bilancio – Sussiste
Fatto
Oggetto del contendere è una cartella di pagamento notificata alla società contribuente in esito al controllo automatizzato ex articolo 36 bis del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 in relazione all’anno d’imposta 1993, avente ad oggetto l’imposta sul patrimonio netto calcolata sull’imponibile indicato dalla contribuente nel modello 760 quadro K, rigo 7 (altre riserve).
La società impugnò la cartella, sostenendo che i contributi indicati nel suddetto rigo 7 non erano imponibili in base al 2° comma dell’articolo 2 del decreto legge numero 394 del 1992, convertito dalla legge numero 461 del 1992 e la commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso, con sentenza che la commissione tributaria regionale ha confermato, facendo leva sulla natura dei contributi in questione, che ha ascritto alla categoria dei contributi in conto impianti, destinati, in quanto tali, a non influire sull’entità del patrimonio imponibile.
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo.
La società resiste con controricorso, che illustra con memoria ex articolo 378 del codice di procedura civile.
Diritto
1.- Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c., la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 2423, 2423 bis e 2424 del codice civile nonché dell’articolo 1 del decreto legge 30 settembre 1992, numero 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, numero 461, reputando che, a fronte della redazione del bilancio, la base imponibile utile al calcolo dell’imposta patrimoniale va determinata in via esclusiva sottraendo l’utile di esercizio dal patrimonio netto risultante dal bilancio, con esclusivo riguardo, dunque, alle voci di questo.
Formula sul punto il seguente quesito di diritto: «Dica codesta S.C. se in tema di imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese, istituita dall’art. 1 del d.l. 30 settembre 1992, n. 394 (convertito dalla legge n. 461/1992), poiché la base imponibile – ai sensi del comma 2° della citata norma – deve essere determinata, in presenza di bilancio, sottraendo l’utile di esercizio dal “patrimonio netto così come risulta dal bilancio”, è necessario fare esclusivo riferimento all’ammontare delle relative voci risultanti dal bilancio redatto ai sensi degli art. 2423 ss. cod.civ., i cui dati si pongono in stretto ed indissolubile legame con la determinazione della base imponibile del tributo in questione. Dica pertanto codesta S.C. se allorché una determinata posta (nel caso di specie contributi pubblici per la metanizzazione nel Mezzogiorno) sia stata collocata nel bilancio nell’ambito del “patrimonio netto”, voce “altre riserve o fondi” senza che la eventuale deroga a tale specifico criterio di valutazione della posta di bilancio sia stata accompagnata dalla nota integrativa prescritta dalla legge, sia legittima la statuizione del giudice di merito che abbia ritenuto non dovuta l’imposta patrimoniale prescindendo dal bilancio e riconoscendo valore ad una dichiarazione illustrativa contraria ai dati risultanti in bilancio allegata alla dichiarazione dei redditi».
2.- Il motivo di ricorso colpisce un segmento del ragionamento che emerge dalla sentenza impugnata, rimasto implicito, ma comunque necessariamente implicato dalla ratio decidendi seguita.
2.1.- Contrariamente a quanto sostenuto dalla società, che sul punto ha formulato eccezione di novità della censura, emerge difatti dalla sentenza impugnata che l’Agenzia aveva fatto leva sull’appostazione in bilancio dei contributi in questione, poi oggetto di “chiarimento” da parte della società mediante il prospetto unito alla dichiarazione dei redditi resa per l’esercizio 1995: si consideri la narrativa della sentenza, là dove, nel riferire l’impostazione dell’ufficio in sede di appello, riporta che, secondo l’ufficio, «…a nulla rileva la specifica nota inserita nel mod. 760/K della Spa a chiarimento dei criteri adottati per la determinazione del patrimonio imponibile; – una diversa volontà della parte avrebbe dovuto essere espressa con apposita dichiarazione rettificativa…».
2.2.- Ed è ovvio, al riguardo, che la dichiarazione rettificativa non può che essere quella di rettifica del bilancio; d’altronde, la stessa società, nel riportare in controricorso uno stralcio dell’atto di appello dell’ufficio, da conto che l’Agenzia aveva considerato che «a nulla rileva la nota presentata dalla parte al modello 760/K, poiché non risulta alcun atto societario da cui poter individuare una volontà che giustifichi la deroga al principio dell’immutabilità dei criteri di valutazione delle poste contabili indicate in dichiarazione e rilevate nel bilancio» (pagina 12, secondo capoverso del controricorso).
3.- Ciò posto, la sentenza impugnata ha implicitamente, ma inequivocabilmente reputato infondata la questione posta dall’ufficio e riproposta col motivo di ricorso, giacché, indipendentemente dalle risultanze di bilancio, la commissione ha valutato direttamente e comunque la natura dei contributi in oggetto, ai fini della loro inclusione nel patrimonio netto utile a formare la base imponibile per l’applicazione della tassa di cui si discute.
3.1.- Il motivo di ricorso è in conseguenza congruente con la ratio decidendi, in quanto, si ribadisce, ne critica la premessa, rimasta implicita, ma comunque da essa implicata.
4.- Esso, tuttavia, è infondato.
Va anzitutto rimarcato che, in generale, che «le risultanze del bilancio civilistico sono destinate a valere anche ai fini delle determinazioni fiscali, a meno che non si dimostri che le stesse contrastano “con i principi di corretta e veritiera rappresentazione della situazione patrimoniale ed economica dell’impresa stabiliti dal codice civile”» (Cass. 23 novembre 2011, n. 23608; Cass. 23 luglio 2011, n. 16429).
4.1.- Sulla scorta di questo principio generale, la Corte ha già avuto occasione di precisare, giustappunto con riguardo alla base imponibile sulla quale calcolare la tassa patrimoniale in oggetto, che, «quando vi è un bilancio approvato, l’amministrazione finanziaria può svolgere una verifica relativamente alla allocazione di alcune poste al fine di garantire non solo la veridicità e la correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono, precisando che tale verifica può essere attuata con lo strumento dell’accertamento, senza la necessità di utilizzare la normativa civilistica sull’impugnazione del bilancio, non solo in quanto a norma dell’articolo 3, 4° comma, del decreto legge numero 394 del 1992, “per la dichiarazione, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, nonché per il contenzioso, si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi”, ma anche in base al combinato disposto degli articoli 2 e 10, 3° comma, del decreto ministeriale 7 gennaio 1993, dal quale risulta che, nell’ipotesi di mancato rispetto della prima delle indicate norme (che elenca le voci da inserire nel patrimonio netto), l’ufficio procede alla rettifica per la determinazione del patrimonio netto con separato avviso di accertamento» (Cass. 20 giugno 2008, n. 16813; conforme, Cass. 8 luglio 2008, n. 18641).
4.2.- Si è così precisata la portata del principio in precedenza affermato (in particolare, da Cass. 12 maggio 2004, n. 8989), secondo cui, in tema di imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese, istituita dall’articolo 1 del decreto numero 394/1992 e abolita dall’articolo 26 del decreto legislativo numero 446/1997, con effetto dal 1° gennaio 1998, la base imponibile, ai sensi del 2° comma della norma citata, deve essere determinata, in presenza di bilancio, sottraendo l’utile di esercizio dal «patrimonio netto così come risultante dal bilancio», cioè facendo esclusivamente riferimento all’ammontare delle relative voci risultante dal bilancio, i cui dati si pongono, pertanto, in stretto ed indissolubile legame con la determinazione della base imponibile dell’imposta.
5.- L’infondatezza dell’unica questione proposta col ricorso impedisce alcun ulteriore esame della vicenda, anche perché la lettura della sentenza e degli atti di parte non consente di comprendere se i contributi siano stati indicati in bilancio con la specifica menzione della loro fonte e natura.
5.1.- La particolarità della questione, tuttavia, comporta la compensazione delle spese.
P.Q.M.
– Respinge il ricorso;
– compensa le spese.
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