Corte di Cassazione sentenza n. 2604 del 22 febbraio 2012
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – SOCCOMBENZA – VA DETTAGLIATA NEL RICORSO IN CASSAZIONE LA VIOLAZIONE DELLE IN TEMA DI LIQUIDAZIONE SPESE
massima
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Il contribuente soccombente di fronte alla Ctr che chiede una riduzione della condanna alle spese legali per violazione, fra l’altro della tariffa forense, deve indicare espressamente nel ricorso le voci di tabella dei diritti e degli onorari che ritiene violate. È insufficiente dedurre in giudizio la violazione delle norme in tema di liquidazione di tali spese.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza n. 85/11/07, depositata il 23.4.07, pronunciata ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 7, la Commissione Tributaria PROVINCIAE DI TORINO rigettava il ricorso in ottemperanza proposto da C.B., per l’attuazione della sentenza della CTP di Torino n. 15/05, con la quale l’amministrazione era stata condannata – a seguito di impugnazione del silenzio rifiuto serbato sull’istanza del contribuente – al pagamento dell’importo di Euro 256,76, a titolo di interessi sulla sorte capitale dovuta al C. in conseguenza di un contenzioso conclusosi favorevolmente al medesimo.
2. Il giudice dell’ottemperanza riteneva, invero, sfornita di fondamento la pretesa del ricorrente, avendo l’Agenzia delle Entrate provveduto – subito dopo l’instaurazione del giudizio – al pagamento degli interessi in contestazione.
3. Per la cassazione della sentenza n. 85/11/07 ha proposto ricorso il C. affidato a quattro motivi, ai quali l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, C.B. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
1.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere del ricorrente – nel ritenere idonea a. comprovare l’avvenuta corresponsione ad esso istante degli interessi oggetto di controversia, la dichiarazione, rilasciata dalla Banca d’Italia, attestante l’avvenuto incasso, da parte del C., dell’importo di Euro 288,97, a titolo di interessi dovutigli dall’amministrazione.
Per di più, il pagamento attestato dalla predetta dichiarazione, sarebbe stato parziale, in relazione alle ragioni di credito vantate dal ricorrente.
1.2. Il motivo è palesemente inammissibile.
1.2.1. Osserva, invero, la Corte che la questione relativa all’idoneità probatoria del documento (dichiarazione della Banca d’Italia) dal quale la CTR ha tratto la prova dell’avvenuto pagamento degli interessi controversi, integra una quaestio facti, la cui prospettazione è inammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. 23077/05, 11938/06).
Come pure deve escludersi la riconducibilità alla violazione o falsa applicazione di legge, essendo attinente al merito della controversia, la censura relativa al fatto che il pagamento degli interessi in discussione sia stato parziale, a fronte della maggiore ragione di credito vantata dal C.
2. Con il secondo motivo di ricorso, viene dedotta, inoltre, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
2.1. Si duole, invero il ricorrente del fatto che la CTP avrebbe emesso pronuncia di condanna alle spese nei suoi confronti, pur essendo il medesimo risultato totalmente vittorioso nel secondo grado del giudizio.
2.2. Il motivo è totalmente infondato.
Nessuna violazione delle norme suesposte è dato, invero, riscontrare nel caso concreto, a parere della Corte, atteso che non vi è di certo stata, nella specie, condanna della parte totalmente vittoriosa nel giudizio, essendo stata – ben al contrario – disattesa dalla CTR. la domanda di ottemperanza proposta dal C.
3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso – che, attesa la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – il contribuente deduce., poi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 96 c.p.c., nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 bis, e del D.M. n. 127 del 2004, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
3.1. La CTR avrebbe, infatti, illegittimamente operato una condanna cumulativa del C. alle spese processuali, senza operare alcuna distinzione tra gli onorari, i diritti e le spese di lite, e per di più cumulando con le spese del giudizio la somma liquidata a titolo di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.
La liquidazione delle spese di lite, operata dall’impugnata sentenza eccederebbe, poi, e senza motivazione alcuna, i massimi previsti dalla tariffa forense.
3.2. Le suesposte censure sono inammissibili.
3.2.1. E’ bensì vero, infatti, che il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti e degli onorari a favore della parte vittoriosa in lite, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della liquidazione operata in relazione alle voci riconosciute; e ciò al fine di consentire – attraverso il sindacato di legittimità – il riscontro della conformità della liquidazione operata a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe. Tuttavia, laddove il ricorso per cassazione avverso il provvedimento che abbia posto l’onere delle spese a carico della parte soccombente non specifici gli errori del giudice e non riporti le voci di tabella dei diritti e degli onorari che si ritengono violate, esso non consente di verificare la pretesa violazione dei massimi, sia per i diritti che per gli onorari, e – pertanto – non essendo autosufficiente, è inammissibile (Cass. 13098/03, 14744/07, 16149/09).
3.2.2. Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato alla generica deduzione (nel terzo motivo) della violazione delle norme in tema di liquidazione delle spese a favore della parte vittoriosa, e si è limitato ad esporre (nel quarto motivo) le voci relative ai soli onorari, che – a suo parere – si sarebbero dovute riconoscere alla controparte, senza alcuna indicazione in relazione ai diritti ed alle spese.
La condanna ex art. 96 c.p., poi, non risulta neppure irrogata dalla CTP.
4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’amministrazione intimata nel presente giudizio, che liquida in Euro 400,00, oltre spese prenotate a debito.
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