CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 novembre 2013, n. 26393
Lavoro subordinato – Danno biologico – Turni lavorativi notturni stressanti ed a contatto con sostanze chimiche – Ristoro
Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 15 maggio 2007, in riforma della pronuncia di rigetto di primo grado, ha parzialmente accolto la domanda proposta da H. B. A. D. nei confronti della S.p.A. F., condannando la società al pagamento a favore del lavoratore della somma di € 4.800,00.
Il predetto lavoratore, assunto con contratto a tempo indeterminato in data 28 settembre 1998 quale ausiliario di vendita, aveva lamentato di essere stato adibito a turni lavorativi notturni stressanti ed a contatto con sostanze chimiche, e di avere riportato, per effetto dell’attività lavorativa svolta, gravi patologie (“alopecia areata universale per esposizione a sostanze irritanti; stati di disadattamento conseguente a sovraccarico psico-fisico”).
Aveva quindi chiesto il risarcimento dei danni biologici, morali ed assistenziali, addebitando la responsabilità al datore di lavoro per essere questo venuto meno all’obbligo di sorveglianza medica preventiva e periodica e per averlo adibito ai turni notturni nonostante le sue condizioni di salute fossero incompatibili con tale lavoro.
La Corte di merito ha ritenuto che per il periodo antecedente al settembre 1999 il lavoratore era stato sottoposto a visita preventiva di idoneità alle mansioni assegnategli ed ha quindi escluso la responsabilità del datore di lavoro; a decorrere da tale e sino al maggio 2000, pur avendo il consulente tecnico d’ufficio affermato che non vi era stato un aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore, tuttavia dalla documentazione medica in atti era emerso “un sovraccarico psicofisico per i turni notturni”, che aveva contribuito a determinare la patologia psicosomatica lamentata.
Aggiungeva che il danno biologico accertato dal consulente di parte del ricorrente era pari al 35%; che tale danno non era riconducibile al contatto con polveri chimiche, detersivi e simili, ma ad una patologia multifattoriale, sulla quale in parte aveva inciso l’attività lavorativa svolta nei turni notturni; che, essendo stato il lavoratore dispensato dai turni notturni nel maggio 2000, e cioè dopo sei mesi dalla certificazione medica che aveva evidenziato il sovraccarico psico-fisico a causa dei turni notturni, gli spettava, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di € 600,00 per ogni mese in cui era stato adibito a detti turni (complessivamente € 4.800,00), somma liquidata in via equitativa ed attualizzata sino alla data della decisione.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il lavoratore sulla base di tre motivi. La società resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale per tre motivi, cui il lavoratore ha replicato con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
1. Deve innanzitutto disporsi la riunione dei ricorsi, principale ed incidentale, perché proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
2. Con il primo motivo del ricorso principale, cui fa seguito il relativo quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., allora in vigore (tale disposizione è stata abrogata dall’art. 47, comma 1, lett. d), della legge 18 giugno 2009 n. 69 a decorrere dal 4 luglio 2009), il ricorrente denunzia violazione dell’art. 16 d. lgs. 626/94 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Deduce che la Corte di merito ha escluso erroneamente la responsabilità del datore di lavoro per il periodo antecedente al settembre 1999.
Ed infatti, in base alla disposizione dianzi indicata, il datore di lavoro avrebbe dovuto sottoporre il lavoratore ad accertamenti periodici al fine di accertarne lo stato di salute e verificare la idoneità dello stesso allo svolgimento delle mansioni assegnategli.
Ciò tanto più che nel dicembre 1998 aveva comunicato al datore di lavoro l’insorgenza di disturbi collegati alle mansioni svolte, chiedendo di essere assegnato ai turni diurni.
In ordine a detto periodo peraltro il giudice d’appello aveva inopinatamente omesso di disporre la rinnovazione della consulenza tecnica, ritenendola superflua.
3. Con il secondo motivo il ricorrente principale, denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio.
Rileva che la Corte di merito, dopo aver osservato che dalla documentazione medica risultava che nel periodo anteriore al settembre 1999 il lavoratore era stato sottoposto ad un sovraccarico psico-fisico, non aveva tratto la logica conseguenza di estendere anche a tale periodo l’esame delle condizioni di salute del lavoratore attraverso il consulente tecnico.
4. Con il terzo motivo il ricorrente principale, nel denunziare vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, lamenta che il danno biologico accertato dal giudice d’appello non giustificava in alcun modo “una quantificazione così esigua”.
5. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società F., denunziando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta che, pur avendo il c.t.u. accertato che non risultava documentato un aggravamento “della patologia” con riguardo al periodo che va dal settembre 1999 al maggio 2000, il giudice d’appello ha ravvisato per tale periodo una responsabilità dell’azienda, condannandola al risarcimento dei danni, pervenendo ad una decisione priva di riscontri probatori o documentali e fondata su mere congetture.
6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la società chiede dichiararsi inammissibile il ricorso principale per avere il lavoratore chiesto “la cassazione della sentenza impugnata, con ogni consequenziale provvedimento di legge”.
Sostiene che ove dovessero essere accolte tali conclusioni la sentenza impugnata verrebbe integralmente rimossa, con reviviscenza della sentenza di primo grado che aveva accertato l’assenza di qualsiasi responsabilità in capo alla F. S.p.A.
7. Con il terzo motivo del ricorso incidentale la società F. deduce l’inammissibilità del primo motivo del ricorso principale, perché non corredato dal quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc., e del secondo e del terzo motivo perché non contengono l’indicazione delle norme di diritto su cui essi si fondano né la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.
8. I primi due motivi del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale vanno trattati congiuntamente, in quanto censurano la sentenza impugnata in ordine alla statuizione relativa alla responsabilità del datore di lavoro.
Secondo il ricorrente principale tale responsabilità avrebbe dovuto essere affermata non solo per il periodo che va dal settembre 1999 al maggio 2000, ma anche per il periodo antecedente al settembre 1999.
Ad avviso del ricorrente incidentale era da escludere ogni responsabilità del datore di lavoro, sia prima che dopo il settembre 1999.
9. Tutti i predetti motivi devono essere rigettati.
La Corte di merito ha accertato che il lavoratore, avente la qualifica di ausiliario di vendita, venne sottoposto all’atto dell’assunzione (settembre 1998) a visita preventiva, risultando idoneo all’espletamento dei turni notturni. Ha quindi escluso che potessero ravvisarsi a carico del datore di lavoro elementi di responsabilità per averlo adibito a tali turni, e ciò sino al settembre 1999, quando il lavoratore segnalò, con apposita certificazione medica, i “disturbi manifestatisi”.
Per il periodo successivo al settembre 1999, la Corte territoriale ha accertato che la documentazione medica in atti aveva comprovato il “sovraccarico psicofisico” conseguente al lavoro svolto nei turni notturni, onde il primo giudice non avrebbe dovuto rigettare la domanda, ancorché il c.t.u. avesse escluso in relazione a tale periodo aggravamenti della patologia.
Tali essendo gli accertamenti eseguiti dal giudice di merito, devono essere rigettate le censure proposte j dal ricorrente principale e da quello incidentale, le quali mirano sostanzialmente al riesame degli elementi già oggetto di valutazione della Corte di merito, che, viceversa, non sono sindacabili in questa sede, se non per vizio di motivazione non ricorrente nella specie.
A tale ultimo riguardo non è ravvisabile contraddittorietà della motivazione nell’avere la sentenza impugnata affermato che “già dal periodo di insorgenza della malattia” il lavoratore era stato sottoposto ad un sovraccarico psico-fisico per i turni notturni, facendo poi decorrere la responsabilità del datore di lavoro dal settembre 1999.
Ed infatti la stessa Corte ha precisato che la certificazione medica dei disturbi lamentati dal lavoratore è del settembre 1999, data a decorrere dalla quale la Corte di merito ebbe a ravvisare la responsabilità del datore di lavoro sino a quando, nel maggio 2000, il lavoratore venne spostato ai turni diurni.
Parimenti non è ravvisabile vizio di motivazione nell’avere la sentenza impugnata affermato la responsabilità del datore di lavoro a decorrere dal settembre 1999, pur avendo il c.t.u. accertato che non risultava documentato un aggravamento “della patologia in riferimento al periodo che va dal settembre 1999 al maggio 2000”.
Ed infatti, a prescindere che non era necessario un “aggravamento” della patologia per dispensare il lavoratore dai turni notturni, la Corte di merito ha precisato che dalla documentazione medica in atti risultava che l’adibizione a tali turni comportava “un sovraccarico psicofisico” che avrebbe dovuto indurre il datore di lavoro a spostare il lavoratore ai turni diurni.
10. Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile.
La Corte territoriale, richiamata la consulenza tecnica di parte prodotta dal ricorrente, che aveva attestato una invalidità del medesimo pari al 35%, ha affermato che tale invalidità, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, non era riconducibile al contatto con polveri chimiche, detersivi e simili, ma ad una patologia multifattoriale, sulla quale in parte aveva inciso l’attività lavorativa svolta nei turni notturni.
Ha aggiunto che, essendo stato il lavoratore dispensato dai turni notturni dopo sei mesi dalla certificazione medica che aveva evidenziato un sovraccarico psico-fisico a causa di tali turni, gli spettava, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di € 600,00 per ogni mese in cui aveva continuato a lavorare nei turni notturni (complessivamente € 4.800,00), somma liquidata in via equitativa ed attualizzata sino alla data della decisione.
Il ricorrente principale ha censurato tale liquidazione, ritenendola “esigua”, atteso che era stata accertata, “come emerge dalla stessa sentenza”, una invalidità pari al 35%.
Ma, diversamente da quanto assume il lavoratore, la Corte di merito ha precisato che l’invalidità del 35% era stata determinata dal consulente tecnico di parte e che sulla stessa – come accertato dal consulente tecnico d’ufficio – aveva inciso in misura ridotta la patologia psicosomatica lamentata dal ricorrente.
Tale motivazione è stata del tutto ignorata dal ricorrente, il quale, al di là della affermata esiguità della liquidazione, nulla ha dedotto a sostegno del motivo.
11. Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
Anzitutto perché non viene mossa all’impugnata sentenza alcuna censura, vertendo questa sull’inammissibilità del ricorso avversario, circostanza che avrebbe dovuto formare oggetto di una mera eccezione e non già di ricorso incidentale.
In secondo luogo perché la censura è priva di interesse, perché la cassazione integrale della sentenza impugnata gioverebbe alla ricorrente incidentale.
In terzo luogo perché dai motivi del ricorso principale si desume chiaramente che esso è volto non già alla cassazione integrale della sentenza, ma solo all’annullamento parziale della stessa, e cioè nella parte in cui non sono stati riconosciuti al lavoratore i danni anche per il periodo antecedente al settembre 1999 e in quella relativa alla liquidazione dei danni, ritenuta modesta.
12. Il terzo motivo del ricorso incidentale è inammissibile perché, come il precedente, non muove censure all’impugnata sentenza, ma solo eccezioni volte alla declaratoria di inammissibilità del ricorso avversario.
Peraltro dette eccezioni sono infondate: il primo motivo contiene il quesito di diritto; il secondo e il terzo, ancorché non venga richiamato l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., denunziano specificamente il vizio di omessa, insufficiente e contradditoria motivazione in ordine alla affermata responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio in questione.
13. I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo alla reciproca soccomB.za delle parti.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese tra le parti.
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