CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 novembre 2013, n. 26769
Tributi – Imposta di registro – Liquidazione – Immobile di lusso – Agevolazioni fiscali prima casa – Rudere
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 59/38/07, depositata il 18 aprile 2007, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, accolto l’appello dell’Ufficio, in riforma della decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 218/06/06, respingeva il ricorso della contribuente L.C. avverso l’avviso di liquidazione n. (…) col quale veniva recuperata l’ordinaria imposta di registro previa revoca del beneficio cosiddetto “prima casa” stabilito dall’art. 1, comma 5, Parte I, Tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, revoca giustificata dall’Amministrazione pel carattere “di lusso” dell’abitazione, relativamente all’acquisto d’un appartamento in Roma per atto registrato il 3 agosto 2000.
La CTR statuiva dapprima che l’impugnato avviso era stato tempestivamente notificato, questo perché i termini stabiliti dall’art. 76, comma 2, d.p.r. cit. dovevano ritenersi prorogati ai sensi dell’art. 11, comma 1 e 1 bis, L. 27 dicembre 1992, n. 289 (ndr: L. 27 dicembre 2002, n. 289). In secondo luogo, la CTR riteneva idonea la motivazione contenuta nell’impugnato avviso di liquidazione, considerando sufficiente che quest’ultimo avesse dato “atto della decadenza dalle agevolazioni previste per la prima casa, essendo risultato, dall’accertamento eseguito ai sensi della L. 118/85, che la stessa ha le caratteristiche dell’immobile di lusso ai sensi del d.m. 2/8/69”.
Contro la sentenza della CTR, la contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non si costituiva.
Diritto
1. Ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 – legge istitutiva delle Agenzie delle Entrate – il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha perduto la legittimazione a stare in giudizio con decorrenza dal 1 gennaio 2001 (Cass. n. 22992 del 2010; Cass. n. 9004 del 2007). Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per quanto riguarda il solo ridetto Ministero dell’Economia e delle Finanze.
2. Col primo motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Infondatezza ed insufficienza della motivazione circa fatti fondamentali della controversia”, indicando tra questi, per es. l’errore in cui era incorsa la CTR che aveva ritenuto la contribuente contumace, nonché omessa pronuncia su due delle quattro censure proposte, carente spiegazione del perché fosse da applicarsi la proroga di cui all’art. 11, comma 1 e 1 bis, L. n. 289 cit. e del perché l’impugnato avviso di liquidazione dovesse considerarsi adeguatamente motivato, ecc.
Il motivo, che in violazione dell’art. 366 bis c.p.c. non sintetizza il fatto o i fatti decisivi e controversi (Cass. sez. IlI n. 4353 del 2013; Cass. sez. Il n. 8355 del 2012), è altresì inammissibile perché combina inestricabilmente doglianze circa errori revocatori, come ad es. quello in cui sarebbe incorsa la CTR che statuita la contumacia della contribuente; ovvero, errores in procedendo unicamente censurabili ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., laddove per es. viene denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non aver la CTR pronunciato su alcune censure; ovvero, errores in indicando soltanto censurabili ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., laddove per es. sostiene l’inapplicabilità dell’art. 11, comma 1 e 1 bis, L. n. 289 cit.; ovvero, censure circa l’apprezzamento del contenuto della motivazione dell’impugnato avviso; Ciò che impedisce a questa Corte qualsiasi tipo di esercizio nomofilattico o ricognizione motivazionale.
3. Col secondo motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Omessa pronuncia circa punti controversi decisivi”; questo perché, per es., la CTR non avrebbe statuito sull’ultrapetizione eccepita dall’Ufficio, nonché sulle difese della contribuente “inerenti all’illegittimità dell’avviso di liquidazione per violazione dell’art. 52 d.p.r. n. 131/1986 e alla illegittimità del medesimo atto per violazione del d.m. 2 agosto 1986”. Il quesito sottoposto era: “I giudici della CTR sono incorsi nel vizio di omessa pronuncia circa più punti decisivi della controversia ove nulla hanno argomentato in merito all’eccezione sollevata dall’Ufficio e controdedotta dalla ricorrente relativa al vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., nonché alle eccezioni presentate dalla ricorrente relative all’illegittimità dell’avviso di liquidazione in violazione dell’art. 52 d.p.r. n. 131/1986 e alla illegittimità del medesimo atto per violazione del d.m. 2 agosto 1986 (ndr: d.m. 2 agosto 1969)”.
Il motivo è inammissibile, per difetto d’interesse processuale ex art. 100 c.p.c., laddove la contribuente si duole per l’omessa pronuncia circa un’eccezione sollevata dall’Agenzia delle Entrate; il motivo è altresì inammissibile, laddove la contribuente lamenta un’omessa pronuncia in ordine alla violazione dell’art. 52 d.p.r. 131 e in ordine alla violazione del d.m. 2 agosto 1969; e, in quest’ultimo caso, perché il quesito di diritto si presenta assolutamente astratto, completamente avulso dalla fattispecie concreta; in pratica, non viene precisato in cosa consistevano l’eccezioni, bensì vengono soltanto indicati un articolo e un d.m., sulla scorta dei quali, né più né meno, si afferma esser state fatte eccezioni, senza dire quali esse fossero; e, ciò, non consente a questa Corte di comprendere la doglianza e di rendere la regola di diritto che, in effetti, non viene affatto richiesta (Cass. sez. IlI n. 4805 del 2013; Cass. sez. IlI n. 2095 del 2013) .
4. Col terzo motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Violazione e falsa applicazione dell’-art. 76 d.p.r. 131/86, dell’art. 3, comma 3, L. 212/2000, nonché dell’art. 11, comma 1 e 1 bis, L. 289/02”; questo perché, in thesi della contribuente, la CTR avrebbe errato a ritenere prorogato il termine di cui all’art. 76, comma 2, d.p.r. n. 131 a cagione del condono; invero, secondo la contribuente, la legge non stabiliva che la proroga ex condono potesse trovare applicazione in caso di recupero d’imposta a seguito di revoca di agevolazioni tributarie. Il quesito sottoposto era: “La proroga biennale dei termini per gli accertamenti di valore in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale, espressamente prevista dall’art. 11, comma 1, L.n. 289/02 non è altresì prevista nel successivo comma 1 bis del medesimo articolo, riguardante il disconoscimento delle agevolazioni tributarie indebitamente fruite per i suddetti tributi, né si estende in via interpretativa ed analogica alle fattispecie disciplinate dal comma 1 bis medesimo, con la conseguenza che l’avviso di liquidazione ed irrogazione sanzioni relativo ad imposta di registro, invim, ipotecaria e catastale, con il quale si disconoscono i benefici per l’agevolazione “prima casa”, notificato oltre il termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, d.p.r. 131/86, deve considerarsi tardivo e quindi viziata la sentenza della CTR che lo considera notificato nei termini in ragione dell’applicazione della suddetta proroga”.
Il motivo è infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, per cui: “La proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili, prevista dall’art. 11, comma 1, L. 27 dicembre 2002 n. 289, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche all’ipotesi di cui al comma 1 bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte, in quanto, nell’uno e nell’altro caso, l’Ufficio è chiamato a valutare l’efficacia dell’istanza di definizione, cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto” (Cass. sez. VI n. 279 del 2013; Cass. sez. trib. n. 12069 del 2010).
5. Col quarto motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, L. 212/00 e dell’art. 52, comma 2 bis, d.p.r. 131/86”; questo perché, secondo la contribuente, la CTR aveva giudicato motivato l’impugnato avviso anche se, l’accertamento UTE in esso richiamato, non era stato allegato. Il quesito sottoposto era: “In applicazione delle norme di cui all’art. 7, comma 1, L. 212/00 ed all’art. 52, comma 2 bis, d.p.r. 131/86, l’avviso di liquidazione ed irrogazione dell’imposta di registro, invim, ipotecaria e catastale emanato sulla base di un accertamento effettuato dall’Agenzia del Territorio ed ivi richiamato, si considera motivato solo se tale atto richiamato viene allegato o, comunque, ne vengono forniti gli estremi e riprodotto in contenuto essenziale”.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, quindi per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., perché non riporta la motivazione contenuta nell’impugnato avviso; ciò che impedisce a questa Corte, per es., di verificare se il ridetto avviso riproduce “l’essenziale” del documento richiamato, ottemperando all’art. 52, comma bis, d.p.r. n. 131 cit.
6. Col quinto motivo di ricorso, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.p.r. 131/86”; a riguardo, la contribuente, dopo aver affermato che i calcoli di liquidazione d’imposta non erano affatto chiari, questo anche in mancanza d’indicazione dei valori d’imponibile, lamentava che l’Ufficio non avesse dato spiegazione della determinazione dell’imposta. Il quesito sottoposto era: “Ai sensi dell’art. 52 d.p.r. 131/86, l’avviso di liquidazione ed irrogazione dell’imposta di registro si ritiene sufficientemente motivato ove contenga l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui al precedente art. 51 in base ai quali è stato determinato, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonché dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso. In assenza dei quali, come nel caso di specie, si ritiene nulla la sentenza che ritenga motivato l’avviso di liquidazione”.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, quindi per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., perché non riporta la motivazione contenuta nell’impugnato avviso e né il contenuto del ricorso introduttivo di lite; ciò che impedisce a questa Corte, per es., di verificare se il ridetto avviso contenga o meno chiara esplicazione dei calcoli sulla scorta dei quali è stata liquidata l’imposta e di verificare se l’eccezione faceva parte dei motivi del ricorso avverso l’impugnato avviso.
7. Col sesto motivo di ricorso, la contribuente deduceva, in rubrica, “Violazione e falsa applicazione del d.m. 2 agosto 1969”; questo perché, così la contribuente, non avendo l’abitazione de qua vertitur caratteristiche di lusso, non poteva comprendersi come la CTR avesse aderito “alla ricostruzione dell’Ufficio”. Il quesito sottoposto era: “In applicazione delle disposizioni di cui al d.m. 2 agosto 1969 l’immobile in oggetto non poteva qualificarsi come immobile di lusso in quanto costituito, al momento dell’acquisto, da un rudere”.
Il motivo è inammissibile, giacché, più che la denuncia di un error in iudicando, la contribuente chiede a questa Corte di accertare “il fatto” delle caratteristiche dell’abitazione che, sempre in thesi della contribuente, escluderebbero che la stessa, al momento dell’acquisto, fosse stata di lusso.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a favore dell’Agenzia delle Entrate, mentre non deve procedersi ad alcun regolamento di spese con riferimento al Ministero dell’Economia e delle Finanze in mancanza di costituzione dello stesso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’Agenzia delle Entrate le spese del presente, che si liquidano in € 7.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate.
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