Corte di Cassazione sentenza n. 26783 del 14 dicembre 2011
PREVIDENZA SOCIALE – CONTRIBUTI: (ESONERI, SGRAVI, AGEVOLAZIONI) – LAVORATORI IN MOBILITA’
massima
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Il riconoscimento dei benefici contributivi, previsti dall’art. 8 della L. 223/1991 in favore dell’impresa che assume lavoratori collocati in mobilità, è escluso ove ricorrano “assetti proprietari sostanzialmente coincidenti” tra l’impresa che effettua le nuove assunzioni e quella che ha proceduto ai licenziamenti, dovendosi intendere tale locuzione riferita a tutte le situazioni che facciano presumere la presenza di un comune nucleo proprietario, in grado di ideare e fare attuare un’operazione coordinata di ristrutturazione, comportante il licenziamento di taluni dipendenti da un’azienda e la loro assunzione da parte dell’altra, senza che, in tale evenienza, il rapporto di lavoro possa essere considerato nuovo ai fini contributivi.
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Svolgimento del processo
Con sentenza 14.11.07 – 25.1.08 la Corte d’Appello di Perugia rigettava il gravame interposto dall ‘INPS contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto l’opposizione proposta dalla C. S.r.l. (poi dichiarata fallita nelle more del giudizio di secondo grado) avverso il decreto ingiuntivo concernente il pagamento, in favore dell’istituto previdenziale, della somma di £. 474.674.100 per omessa contribuzione relativamente al periodo aprile 1996 – luglio 1997 conseguente ad indebita applicazione delle agevolazioni contributive di cui all’art. 8 legge n. 223/91.
Ritenevano i giudici del merito che la C. s.r.l. avesse diritto ai benefici contributivi de quibus, non ostandovi né il co. 4 bis dell’ art. 8 cit. – che li escludeva ove cedente e cessionario dell’azienda avessero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti – né l’avvenuto trasferimento dell’azienda (passata dalla ditta individuale Officine Meccaniche I., che aveva messo in mobilità i lavoratori, alla C. S.r.l., che li aveva poi assunti), essendo comunque inapplicabile l’art. 2112 c.c. – ai sensi dell’art. 47 co. 5° legge n. 428/90 – ove il trasferimento riguardasse aziende in crisi accertata e fosse stato raggiunto un accordo sul mantenimento dell’occupazione, come avvenuto nel caso di specie.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi a tre motivi.
L’intimato Fallimento C. S.r.l. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1- Con il primo motivo il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo e controverso, laddove l’impugnata sentenza non ha ravvisato indici da cui far discendere identità sostanziale di assetto proprietario tra la ditta individuale Officine Meccaniche I. e la C. s.r.l, nonostante che la prima, in data 30.3.95, mediante contratto di affitto avesse trasferito ex art. 2112 c.c. un ramo della propria azienda alla seconda, che aveva sede ed oggetto sociale (produzioni di carpenteria metallica) coincidenti con la ditta individuale ed era stata costituita dallo stesso l. e da sua figlia S.
Il motivo è inammissibile perché, essendo stato formulato in relazione all’art. 360 co. 10 n. 5 c.p.c., ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, vista la data di pubblicazione dell’impugnata sentenza si sarebbe dovuto concludere, per costante giurisprudenza di questa S.C., con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 01.10.07 n. 20603; Cass. Sez. III 25.2.08 n. 4719; Cass. Sez. IIl 30.12.00 n. 27680), il che non é avvenuto.
Inoltre, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti (ora “fatti”, dopo la novella di cui al d.lgs n. 40/06) decisivi della controversia, potendosi in sede di legittimità solo controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’ uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concIudenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).
Nel caso in esame, invece, il ricorrente sollecita soltanto un nuovo e diverso apprezzamento delle risultanze probatorie da cui inferire una sostanziale identità di assetto proprietario fra la ditta individuale Officine Meccaniche I. e la C. S.r.l., operazione preclusa in sede di legittimità.
2- Con il secondo motivo il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione di legge nella parte in cui i giudici del merito hanno riconosciuto i benefici contributivi ex art. 8 co. 40 legge n. 223/91 alla C. S.r.l. nonostante che quest’ultima fosse affittuaria del ramo d’azienda del precedente datore di lavoro (Officine Meccaniche I. che aveva collocato n mobilità i propri dipendenti, poi riassunti nella medesima azienda dalla C. medesima; pertanto – prosegue l’INPS – in realtà non vi è stata alcuna nuova assunzione di personale, vista la continuità giuridica dei rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 2112 C.c.
Il motivo è fondato, dovendosi a riguardo applicare il costante insegnamento di questa Corte Suprema (da Cass. 4.3.2000 n. 2443 fino alla più recente Cass. n. 26391/2008) secondo cui il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall’art. 8 co. 4° legge n. 223/1991 in favore delle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 stessa legge presuppone che vengano accertate l’effettiva cessazione dell’originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa in base ad esigenze economiche effettivamente sussistenti.
Ne consegue che, ove l’azienda originaria, intesa nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare (non importando né se titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante né lo strumento negoziale attraverso il quale si sia verificata la cessione dell’ azienda), la prosecuzione del rapporto di lavoro o la sua riattivazione presso la nuova impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma effetto di un preciso obbligo di legge, previsto dall’art. 2112 c.c., come tale non meritevole dei benefici della decontribuzione; per altro, si deve escludere che il co. 4 bis del cit. art. 8, introdotto dall’art. 2 d.l. n. 299/1994, abbia limitato i presupposti della fattispecie esclusa dall’agevolazione contributiva a quelli previsti in detta nuova disposizione, che invece estende le esclusioni dal beneficio e richiede in ogni caso la verifica della sussistenza dei presupposti fissati nel co. 4 dello stesso art. 8.
Nel caso in esame, la stessa impugnata sentenza dà atto del trasferimento di ramo d’azienda dalla ditta individuale Officine Meccaniche I. che aveva messo in mobilità i lavoratori, alla C. s.r.i., che li aveva poi assunti.
Né in contrario può valere un’asserita discontinuità fra la gestione aziendale del cedente e quella del cessionario od il carattere parziale del trasferimento d’azienda, noto essendo che l’art. 2112 c.c. si applica anche al trasferimento di autonomo ramo d’azienda e che, sempre come insegna questa S.C., un trasferimento d’azienda può avvenire anche attraverso distinti momenti e diverse fasi, a tal fine assumendo rilievo l’accertamento dei tempi ravvicinati (nel caso in oggetto meno di un anno, come si evince dalla doverosa lettura combinata delle conformi sentenze di primo e secondo grado. (cfr., a tal fine, Cass. Sez Iav. 19.3.2009 n. 6694) fra stipula del contratto di affitto e messa in mobilita dei lavoratori poi riassunti (cfr. in tal senso Cass. n. 244312000 cit.).
Non a caso, in realtà neppure la Corte territoriale ha negato che nella vicenda per cui è causa vi sia stato un trasferimento d’azienda, ma ha solo ritenuto inapplicabile l’art. 2112 c.c. ai sensi dell’art. 47 co. 5° legge n. 428/90, secondo cui, ove il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento (la ditta individuale Officine Meccaniche l. era stata dichiarata fallita il 17.10.95, come si legge nell’impugnata sentenza), omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione ad amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’ attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione sindacale sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continui con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 c.c., salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore.
L’assunto della gravata pronuncia è però inesatto, giacché – sempre per costante orientamento di questa S.C., cui va data continuità – il cit. art. 47 co. 5° disciplina solo la posizione contrattuale dei lavoratori nel passaggio alla nuova impresa in ipotesi di trasferimento di aziende in crisi, ma non concerne il diverso aspetto dei benefici contributivi (cfr. Cass. 3.8.2G07 n, 17071: Cass. 9.2.2004 n. 2407; Cass. 27.6.2001 n. 8800).
In sintesi, nel caso di specie già soltanto la qui affermata applicabilità dell’art. 2112 c.c. osta di per sé al riconoscimento degli sgravi contributivi per cui è processo, il che assorbe il terzo motivo di ricorso, in cui l’INPS sostiene la rilevanza, nell’interpretazione dell’art. 8 co. 4 bis legge n. 223/91, sempre al fine di negare i benefici contributivi de quibus, non solo di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti fra cedente c cessionario o di vere e proprie forme di collegamento o controllo ex art. 2359 c.c., ma anche di rapporti fra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e dell’agire sul mercato in ragione di un comune nucleo proprietario o di rapporti di coniugio, parentela, affinità o consolida da amicizia.
3- In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo della C. e compensa le spese dell’intero giudizio, considerato che la società opponente era risultata vittoriosa in entrambi i gradi di merito.
PQM
La Corte
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo della C. e compensa le spese dell’intero giudizio.
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