CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 dicembre 2013, n. 27199
Tributi – Accertamento – Fatturazione alta di prestazione professionale – Antieconomicità della condotta – Elusione fiscale – Sussiste
Svolgimento del processo
Con avviso di rettifica notificato da parte dell’Agenzia delle Entrate Ufficio IVA di San Remo, l’Amministrazione contestava alla M.G. srl che l’importo fatturato nei suoi confronti da parte della I.S. s.a.s. era eccessivo e sproporzionato rispetto alla prestazione ricevuta riguardante contabilità generale ed iva, consulenze contrattuali ed assistenza negli adempimenti amministrativi e fiscali e, ridotta la prestazione fatturata da lire 250.000.000 a lire 20.000.000, contestava alla M.G. srl l’indebita detrazione di lire 43.700.000 risultante dalla dichiarazione IVA 1995.
Il contribuente presentava ricorso avverso l’avviso di rettifica davanti alla Commissione Tributaria provinciale di Imperia la quale espletava una CTU da cui risultava che il valore delle prestazioni professionali fatturate dalla società I.S. sas non ammontava a lire 250.000.000 ma a lire 122.456.743. La CTP accoglieva in parte il ricorso confermando il recupero effettuato dall’Ufficio del credito di imposta per la differenza sopra indicata.
Su ricorso in appello proposto dalla società contribuente, la Commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza nr.9/15/06 depositata in data 13/2/2006,confermava in lire 122.456.00C circa il valore della fatturazione a carico della società e compensava le spese dì giudizio. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Liguria ha proposto ricorso per cassazione la società M.G. srl con tre motivi e l’Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente G. M. srl lamenta violazione di
legge e falsa applicazione dell’art. 39 DPR 600/73 art. 54 DPR 633/72, 2727 e 2729 cc D.L.gs 472/97 in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc, in quanto la CTR, travisando il meccanismo presuntivo di cui all’art. 54 citato, assume che un comportamento antieconomico sia idoneo a giustificare la rettifica della dichiarazione.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 11, 13 e 14 D.P.R. 633/1972 in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 3 e 5 cpc in quanto la CTR, disattendendo il criterio di cui all’art. 13 citato, dato dal valore del corrispettivo in denaro della cessione dei beni o della prestazione di servizi, ha eseguito una frettolosa stima delle prestazioni fatturate in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta omessa ed insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 5 cpc in quanto la CTR ha respinto il gravame del contribuente e non ha spiegato perché la società non avrebbe il diritto di portare in detrazione il credito IVA corrispondente alla misura eccedente i corrispettivi che sarebbe stato congruo pattuire.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati e devono essere respinti. Infatti premesso che, in tema di accertamento dell’IVA, il ricorso al metodo induttivo è consentito ed ammissibile anche in presenza di contabilità formalmente regolare (ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), quando tuttavia l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie, anche semplici, purché gravi, precise e concordanti, va evidenziato che con accertamento insindacabile in sede di legittimità la CTP ha espletato una CTU da cui risultava che il valore delle prestazioni professionali fatturate dalla società I.S. sas non ammontava a lire 250.000.000 come fatturato ma a lire 122.456.743.
Conseguentemente la CTR ha confermato il recupero effettuato dall’Ufficio del credito di imposta per la differenza sopra indicata, aumentando peraltro il corrispettivo valutato in maniera penalizzante dall’Ufficio in sole lire 20.000.000.
Ciò premesso, in base all’orientamento della Corte (Sez. 5, Sentenza n. 11599 del 18/05/2007) Presidente: P. G. Relatore: Sotgiu S. “Nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione, ed il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea (nella fattispecie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della commissione tributaria regionale, la quale, avendo l’amministrazione contestato ad una società il noleggio di beni a canone superiore al prezzo di acquisto dei beni stessi, aveva ritenuto non provata la sovrafatturazione dei costi di noleggio, sulla base della mera corrispondenza delle fatture – peraltro riconosciute false dal giudizio penale – alle somme annotate in bilancio).
Inoltre occorre osservare che, vertendosi in tema di detrazione d’imposta, spettava al contribuente dimostrare anche l’effettivo pagamento del corrispettivo in eccesso pagamento di cui non ha fornito la prova.
Il terzo motivo di ricorso deve ugualmente essere respinto in quanto la CTR ha spiegato esaurientemente e con motivazione del tutto adeguata perché la società non può portare in detrazione il credito IVA corrispondente alla misura eccedente i corrispettivi che sarebbe stato congruo pattuire.
Per quanto sopra il ricorso deve essere respinto e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della società contribuente stante la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna M.G. srl al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4.500,00 oltre spese prenotate a debito.
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