Corte di Cassazione sentenza n. 2754 del 5 febbraio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO – MAGGIORAZIONE DEL PERIODO CONTRIBUTIVO
massima
______________
In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, ai fini del riconoscimento della maggiorazione del periodo contributivo ex art. 13, comma 8, della L. n. 257/1992, applicabile “ratione temporis”, occorre verificare se vi sia stato superamento della concentrazione media della soglia di esposizione all’amianto di 0,1 fibre per centimetro cubo, quale valore medio giornaliero su otto ore al giorno, avuto riguardo ad ogni anno utile compreso nel periodo contributivo ultradecennale in accertamento e non, invece, in relazione a tutto il periodo globale di rivalutazione, dovendosi ritenere il parametro annuale (esplicitamente considerato dalle disposizioni successive che hanno ridisciplinato la materia) quale ragionevole riferimento tecnico per determinare il valore medio e tenuto conto, in ogni caso, che il beneficio è riconosciuto per periodi di lavoro correlati all’anno.
_____________
FATTO – DIRITTO
Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto.
La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 703/09, decidendo sull’impugnazione proposta dall’INPS nei confronti di (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis), la rigettava confermando la sentenza del Tribunale di Ferrara del 13 dicembre 2005, e determinando, come segue, il periodo di esposizione qualificata all’amianto dei suddetti lavoratori:
(Omissis), dall’ottobre 1978 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 14 anni e due mesi;
(Omissis), dal 4 maggio 1970 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 22 anni, 7 mesi e 27 giorni;
(Omissis), dal 12 luglio 1976 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 16 anni, 5 mesi e 16 giorni;
(Omissis), dal 1 dicembre 1970 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 22 anni e 30 giorni;
(Omissis), dal 16 maggio 1974 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 18 anni, 7 mesi e 15 giorni,
(Omissis), dal 1 settembre 1970 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 12 anni, tre mesi e trenta giorni;
(Omissis), dal 16 maggio 1974 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 18 anni, 7 mesi e quindici giorni;
(Omissis), dal 16 settembre 1974 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa diciotto anni, tre mesi e 15 giorni;
(Omissis), dal 1 settembre 1970 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 22 anni, tre mesi e 30 giorni;
(Omissis), dal 1978 al 31 dicembre 1992, per una durata complessiva di circa 14 anni;
(Omissis), dal 1976 al 1989 per una durata complessiva di circa 14 anni.
Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre l’INPS prospettando, con un motivo di ricorso, la violazione degli artt. 112 e 436 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).
Ad avviso di esso ricorrente, la Corte d’Appello ha ampliato il periodo di applicazione del coefficiente moltiplicatore rispetto a quello determinato dal Tribunale, pure in difetto di una domanda, in tal senso, da parte dei lavoratori. Quest’ultimi, infatti, non avevano impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui era stato determinato il loro diritto nella minore misura prevista.
Resistono con controricorso i lavoratori.
Preliminarmente, va osservato che il ricorso si sottrae all’eccezione di inammissibilità formulata dai resistenti.
Il motivo è manifestamente infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 6757 del 2012, n. 11039 del 2006, n. 14773 del 2003), la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che vincola il giudice ex art. 112 c.p.c. riguarda il “petitum” che va determinato con riferimento a quello che viene domandato sia in via principale che in via subordinata, in relazione al bene della vita che l’attore intende conseguire, ed alle eccezioni che in proposito siano state sollevate dal convenuto. Tuttavia, tale principio, così come quello del “tantum devolutum quantum appellatum” (artt. 434 e 437 c.p.c.), non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma, rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e, in genere, all’applicazione di una norma giuridica, diversa da quella invocata dalla parte.
Nella specie non è ravvisabile il vizio dedotto dalla parte ricorrente atteso che oggetto della domanda dei lavoratori era l’accertamento del diritto alle maggiorazioni contributive L. n. 257/1992, art. 13, comma 8, per il periodo di esposizione subita, in ambiente di lavoro, a rischio amianto, con la conseguente condanna dell’INPS alla corresponsione del relativo beneficio pensionistico, e dunque, l’accertamento del giudice doveva vertere oltre che sulla sussistenza dell’esposizione, anche sul tempo della stessa.
Peraltro, la censura dell’INPS in grado di appello con cui si lamentava la mancata prova, acquisibile solo tramite espletando CTU, in ordine all’accertamento dei livelli di concentrazione di amianto, investendo in radice la statuizione del giudice di primo grado, ha devoluto al giudice d’appello la controversia in toto.
Ritiene il Collegio che le conclusioni del consigliere relatore non possono essere condivise. Ed infatti, proprio in ragione del principio del “tantum devolutimi quantum appellatum”, sussiste nella fattispecie in esame il vizio di ultrapetizione.
Ed infatti, l’appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Ferrara riconosceva ai ricorrenti la maggiorazione contributiva Legge n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8, per il periodo di esposizione subita, era proposto dall’INPS con riguardo alla mancanza di prova sui livelli di concentrazione dell’amianto, mentre i lavoratori proponevano appello solo in ordine alla statuizione sul governo delle spese di lite. Ciò si è tradotto nell’acquiescenza alle ulteriori statuizioni della sentenza stessa, in quanto il limite della cognizione devoluta al giudice d’appello è definito dai motivi d’impugnazione, con conseguente divieto della riforma “in pejus” della sentenza impugnata (si cfr., per i principi enunciati sia pure in diversa fattispecie, Cass., n. 15835 del 2010, n. 21865 del 2011).
In accoglimento del ricorso deve essere cassata la sentenza della Corte d’Appello di Bologna e confermata la sentenza del Tribunale di Ferrara, anche in ordine al governo delle spese di lite, accogliendosi la domanda dei ricorrenti negli stessi termini. Le spese del presente giudizio, in ragione della peculiarità della questione trattata, sono compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di appello sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie la domanda dei ricorrenti negli stessi termini di cui alla sentenza di primo grado anche quanto alle spese. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di appello nei confronti dei controricorrenti costituiti liquidate in euro tremila di cui duemila per onorari e 50 per spese, mille per diritti da distrarsi a favore degli avv.ti (Omissis) e (Omissis).
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- PARLAMENTO EUROPEO - Comunicato del 3 ottobre 2023 - Esposizione all'amianto: misure più restrittive per proteggere i lavoratori - I lavoratori UE saranno esposti a livelli di amianto dieci volte inferiori rispetto al passato - Tecnologia più moderna e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29202 - La regola per cui il limite invalicabile all'incremento dell'anzianità contributiva per esposizione all'amianto è costituito dalla contribuzione posseduta in misura inferiore al tetto massimo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 ottobre 2022, n. 30639 - La rivalutazione di cui all'art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992 è applicabile anche per i lavoratori che siano stati esposti al rischio dell'amianto per un periodo ultradecennale sia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2022, n. 30264 - Il disposto dell'art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992 va interpretato nel senso che anche per i lavoratori che siano stati esposti al rischio dell'amianto per un periodo ultradecennale…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4898 depositata il 23 febbraio 2024 - La prescrizione del diritto alla maggiorazione contributiva in conseguenza dell’esposizione all’amianto, che, incidendo su un autonomo diritto e non sulla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 gennaio 2022, n. 1609 - La prescrizione del diritto alla maggiorazione contributiva in conseguenza dell'esposizione all'amianto, che, incidendo su un autonomo diritto e non sulla rivendicazione di una componente del…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…