Corte di Cassazione sentenza n. 27721 del 14 luglio 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – PENSIONATO LAVORATORE E RISCHIO INCENDIO
massima
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Integra un’ipotesi di responsabilità contrattuale il mancato adempimento del dovere, previsto dall’art. 2087 c.c., di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, siano necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.
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FATTO e DIRITTO
1. Il Tribunale di La Spezia ha affermato la responsabilità di Tr. Ri. in ordine al reato di cui all’articolo 590 c.p. commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, in danno di Gi. Gi. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Genova.
Secondo i giudici di merito, la vittima, nel martellare un’asta incandescente generava scintille che infiammavano una tanica di combustibile posta nei pressi, che scoppiava e determinava le lesioni in imputazione. All’imputato, nella veste di procuratore della Società che eseguiva le lavorazioni e di datore di lavoro, è stato attribuito l’addebito di non aver adottato alcuna misura contro il rischio di incendio.
2. Ricorre per cassazione l’imputato. Si lamenta che non poteva essere applicata la disciplina antinfortunistica giacché il Gi. non era dipendente dell’azienda, nè vi sono elementi concreti per ritenere che vi fosse stata assunzione irregolare. Non applicandosi la disciplina antinfortunistica non può essere rivolto all’imputato alcun addebito colposo. D’altra parte, la vittima non era presente in connessione con l’attività lavorativa, sicché non può essere ipotizzata neppure l’applicazione estensiva della disciplina sul lavoro. La presenza era infatti immotivata.
Si lamenta ancora che la responsabilità è stata basata su deposizioni testimoniali inattendibili. Si trattava soprattutto della persona offesa, che ha reso dichiarazioni difformi nel corso delle diverse deposizioni. Apoditticamente si è pure affermato che la consulenza confermi la tesi accusatoria.
Il fatto, inoltre, era eccezionale ed imprevedibile e ciò esclude quindi il nesso causale e la causalità della colpa.
Infine il ricorrente non rivestiva il ruolo di garante posto che la delega nei suoi confronti non riguardava la normativa antinfortunistica.
3. Il ricorso è manifestamente infondato. La pronunzia impugnata evidenzia che il Gi. era un pensionato che lavorava in azienda, come dimostrato dalle deposizioni testimoniali e dal materiale personale lasciato sul luogo del lavoro dopo il sinistro.
Le difformi dichiarazioni del lavoratore, sono d’altra parte spiegate proprio con i suggerimenti giuntigli dall’ambiente aziendale.
Sussiste, inoltre, pacifica violazione di normativa sul lavoro non essendo stata adottata alcuna misura contro il rischio di incendio.
L’imputato, infine, era procuratore della società e datore di lavoro: la delega era generale e comprendeva, quindi, anche l’ambito infortunistico.
Tale valutazione è basata su diverse ed altamente significative acquisizioni probatorie ed è altresì conforme ai più consolidati principi nella materia; né rivela vizi logici di alcun genere.
Ne consegue che la ponderazione compiuta non può in alcun modo essere sindacata nella presente sede di legittimità; tanto più che il gravame tenta in larga misura di sollecitare questa Corte alla riconsiderazione del merito. Né può avere pregio alcuno la deduzione afferente al comportamento del lavoratore, visto che questi stava compiendo proprio la lavorazione demandatagli, martellando una barra di ferro incandescente e quindi generando le scintille che innescarono il fuoco.
Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000.
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