CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 dicembre 2013, n. 27910
Tributi – IVA – Detrazione – Diritto da parte di società estera con rappresentante in Italia – Sussiste
Ritenuto in fatto
1. Con avviso di accertamento notificato il 18.5.04 alla società M.I. s.p.a., quale rappresentante fiscale in Italia della società tedesca F.A.Z.G., l’Agenzia delle Entrate accertava l’indebita detrazione di IVA per la somma di £. 35.489.000, per l’anno di imposta 1999, negando, di conseguenza, il rimborso del medesimo importo.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Milano, che rigettava il ricorso. L’appello proposto dalla F.A.Z.G. dinanzi alla CTR della Lombardia veniva, del pari, rigettato con sentenza n. 4/20/07, depositata il 9.2.07, con la quale il giudice di seconde cure riteneva di riconoscere il diritto al rimborso dell’IVA sulle fatture emesse dopo il 27.4.99, ossia in data successiva alla nomina del rappresentante fiscale.
3. Per la cassazione della sentenza n. 4/20/07 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate affidato ad un unico motivo, al quale la Messaggerie Internazionali s.p.a., quale rappresentante fiscale in Italia della società tedesca F.A.Z.G. ha replicato con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, co. 2, 21, co. 2, lett. a) del d.P.R. n. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Rileva la ricorrente che tutte le fatture presentate dalla società M.I. s.p.a., quale rappresentante fiscale in Italia della società tedesca F.A.Z.G., ai fini di ottenere il rimborso dell’IVA non dovuta per l’anno 1999, non recavano l’indicazione del rappresentante fiscale tramite il quale la società tedesca avrebbe agito in Italia.
1.2. Ebbene, a parere dell’Amministrazione, il disposto di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 52/04, che ha introdotto espressamente l’obbligo di indicare in fattura anche i dati relativi al rappresentante fiscale, in quanto norma di natura interpretativa, avrebbe efficacia retroattiva, in quanto esplicativa di un elemento contenutistico che, già alla stregua del combinato disposto degli artt. 17 e 21 del d.p.R.633/72, nel testo previgente, non poteva non essere indicato in fattura, quando il rimborso dell’imposta pagata, veniva richiesto dal rappresentante fiscale. Senonchè, nel caso di specie, tutte le fatture, in relazione alle quali la M.I. s.p.a. aveva richiesto il rimborso dell’IVA per l’anno 1999, erano direttamente riferibili alla società tedesca rappresentata, e non al rappresentante fiscale.
1.3. Osserva, inoltre, la ricorrente che – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello – il rappresentante fiscale ai fini IVA non diverrebbe, per il solo fatto della nomina, punto di riferimento di tutte le operazioni effettuate dal soggetto non residente nel territorio dello Stato, essendogli, piuttosto, attribuita una “soggettività passiva parziale”, ossia limitata alle sole operazioni passive di competenza, delegategli dal mandante non residente. Per il che, il medesimo, se non indicato in fattura con le sue generalità, non sarebbe legittimato a richiedere il rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti effettuati in Italia per conto del rappresentato, atteso che – diversamente opinandosi – l’Erario sarebbe esposto al rischio di effettuare due volte il rimborso dell’Iva, sia al rappresentante che al soggetto estero rappresentato.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Va – per vero – anzitutto osservato, in proposito, che il fatto che le fatture poste a base della richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta provengano direttamente dal rappresentato straniero di attività stabile in Italia o di un rappresentante fiscale, non può – secondo il diritto comunitario – tradursi in una aprioristica esclusione del diritto al rimborso dell’imposta a credito. E ciò per il solo fatto che le operazioni documentate dalla fattura siano state poste in essere, non tramite il centro o il rappresentante, che provvede – dipoi – a richiedere il rimborso, ma direttamente dallo stabilimento principale del richiedente, atteso che la diversa soluzione contrasterebbe con il carattere essenziale che il diritto alla detrazione, o al rimborso, riveste nel sistema comunitario dell’IVA (C. Giust. 16.7.09, C – 244/08).
2.2. In ogni caso, non coglie nel segno neppure la deduzione dell’Amministrazione finanziaria, secondo la quale tale esclusione del diritto al rimborso si fonderebbe, nel caso concreto, sull’espressa previsione normativa di cui all’art. 1 della L. n. 52/04, che ha introdotto l’obbligo della menzione del rappresentante fiscale nelle fatture relative a ciascuna operazione imponibile. Ed infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, deve ritenersi che la disposizione succitata abbia natura sostitutiva e non interpretativa, giacché si limita a sostituire l’art. 21 d.P.R. 633/72), e – pertanto – ad essa non è ascrivibile un’efficacia retroattiva.
2.2.1. Va, per vero, tenuto presente, al riguardo, che la natura interpretativa di una disposizione normativa, comportando una deroga al principio della irretroattività della legge, nel senso di determinare l’applicazione della nuova disposizione anche al passato, deve risultare chiaramente dal suo contenuto. Esso, pertanto, non solo deve enunciare il significato da attribuire ad una norma precedente, ma deve altresì manifestare, in modo espresso ed inequivocabile, anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione, escludendone ogni altra (Cass. 23827/12).
2.2.2. Nel caso concreto, peraltro, alcuna indicazione in tal senso è dato cogliere nel disposto dall’art. 1 L. 52/04. Di conseguenza, non avendo tale norma carattere retroattivo, non sussisteva, in relazione alle fatture emesse nell’anno 1999, l’obbligo di effettuare l’indicazione dei dati del rappresentante fiscale ai fini IVA.
2.3. D’altro canto, del tutto erroneo si palesa, del pari, l’assunto dell’Amministrazione, secondo la quale il suddetto rappresentante fiscale avrebbe una “soggettività passiva parziale”, limitata agli affari specificamente delegatigli dal rappresentato. Ben al contrario, infatti, il rappresentante fiscale è tenuto ad adempiere alla generalità degli obblighi connessi a tutte le operazioni imponibili, nessuno escluso, atteso l’ampio tenore letterale dell’art. 17, c. 2, del d.P.R. n. 633/72, che compie un generico riferimento agli obblighi ed ai diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto (Cass. 7672/12).
Ne discende che, dopo la nomina, è il rappresentante fiscale, e non più la società estera, a poter richiedere il rimborso IVA, cosi evitandosi anche il paventato rischio del doppio pagamento a carico dell’Erario. Per il che, del tutto corretto deve ritenersi il riconoscimento, operato dalla CTR, del diritto della società estera al rimborso dell’IVA, per le fatture emesse dopo la nomina del rappresentante fiscale.
3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.500,00, oltre ad € 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
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