CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 dicembre 2013, n. 27912
Tributi – Accertamento – Accertamento analitico e induttivo – Antieconomicità della gestione – Rilevanza anche in presenza di contabilità regolare
Ritenuto in fatto.
1. L’Amministrazione finanziaria emetteva avviso di rettifica, ai fini IVA per l’anno 1994, nei confronti della fallita società D. S.r.l., con il quale – rilevata l’omessa registrazione di corrispettivi – l’Ufficio elevava il volume d’affari della società a £. 960.524.000, a fronte di quella dichiarato per £. 790.058.000, recuperando a tassazione la relativa imposta evasa.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Caserta, che rigettava il ricorso. L’appello proposto dalla D. S.r.l. dinanzi alla CTR della Campania veniva, peraltro, accolto con sentenza n. 92/50/06, depositata il 12.6.06. Con tale pronuncia, il giudice di seconde cure riteneva che la pretesa tributaria azionata dall’Amministrazione, fondata sulla consulenza d’ufficio disposta dal P.M. nel procedimento penale concernente gli stessi fatti, fosse basata su elementi inidonei, in quanto non costituenti presunzioni gravi, precise e concordanti, a legittimare il ricorso all’ accertamento induttivo operato dall’Amministrazione finanziaria.
3. Per la cassazione della sentenza n. 92/50/06 hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi, la contribuente non ha svolto attività difensiva.
Considerato in diritto
1.1. In via pregiudiziale, rileva la Corte che il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione ricorrente.
Va osservato, infatti, che, qualora – come nel caso di specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute operative in forza del d.lgs. n. 300/99 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, ancorché per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio. Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva (cfr., tra le tante, Cass. 24245/04, 6591/08).
2. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente – l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. e 54, co. 2 d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché il difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel ritenere illegittimo il ricorso, da parte dell’Amministrazione finanziaria, all’accertamento analitico-induttivo, in presenza di una contabilità, seppure formalmente regolare, comungue tale da evidenziare, nella comparazione tra costi e ricavi, una condotta irragionevole ed antieconomica della società contribuente.
2.2. Il giudice di appello avrebbe, inoltre, errato – a parere dell’Agenzia delle Entrate – nel ritenere illegittima l’utilizzazione di dati risultanti dalla consulenza disposta dal P.M. nel procedimento penale, pendente dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere per gli stessi fatti. Ed invero, ad avviso della ricorrente, tale consulenza ben poteva fornire, all’Ufficio finanziario, prima, e al giudice di merito, poi, elementi di valutazione di carattere indiziario e presuntivo, che la CTR non avrebbe dovuto pretermettere nella valutazione dei fatti di causa.
3. Le censure suesposte sono fondate.
3.1. La presenza – presso il contribuente soggetto a verifica – di scritture contabili formalmente corrette non esclude, invero, la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, co. 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/73 (in materia di imposte dirette) e 54 d.P.R. 633/72 (in materia di IVA), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente medesimo (cfr. Cass. 7871/12; 6852/09).
3.2. Ebbene, nel caso di specie, a fronte di una contabilità che – sebbene formalmente regolare – evidenziava un esubero dei costi (£. 473.233.144) rispetto ai ricavi {£. 425.217.278), tale da dare luogo ad una gestione imprenditoriale del tutto antieconomica, correttamente l’Ufficio ha proceduto – con l’ausilio anche dei dati desunti dalla c.t.u. contabile disposta nel giudizio penale – all’accertamento induttivo, mediante inventario analitico di tutte le merci, e non di alcuni articoli soltanto (Cass. 6852/09), e raffrontando i prezzi di acquisto con quelli di rivendita dei beni.
3.2.1. A fronte della manifesta irragionevolezza dell’ esposizione in contabilità di ricavi inesistenti e, quindi, tali da rendere assolutamente antieconomica la prosecuzione della gestione aziendale, l’Ufficio – ragionevolmente dubitando della veridicità delle operazioni dichiarate – ha, dipoi, proceduto, del pari correttamente, a determinare il maggior reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, la cui applicabilità prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’impresa risulti formalmente regolare (v. Cass. 3197/13).
3.2.2. Siffatto modus operandi, seguito dall’Amministrazione finanziaria nel caso concreto, non si presta, dunque, a censura alcuna.
3.3. Né può ritenersi censurabile il ricorso, ai fini dell’accertamento induttivo, anche ai dati desumibili – sul piano indiziario e presuntivo – dalla consulenza tecnica disposta dal P.M. nel processo penale pendente per gli stessi fatti.
3.3.1 Non può revocarsi in dubbio, infatti, che tale consulenza fosse utilizzabile, sia dall’Araminis fini dell’accertamento in rettifica, che dal merito nella decisione della controversia, il dalle risultanze di tale elemento istruttorio non dovuto prescindere – di qui la fondatezza anche del dedotto vizio di motivazione – ai fini della formazione del suo convincimento.
3.3.2. Anche le risultanze delle indagini preliminari svolte in sede penale – ed, in particolare, quelle della consulenza tecnica disposta dal P.M. – possono, invero, fornire al giudice, ed ancor prima all’Amministrazione nello svolgimento della sua attività autoritativa (v. Cass. 11785/10), utili e concorrenti elementi di giudizio di carattere presuntivo ed indiziario, che ben possono concorre, con le altre risultanze istruttorie, all’accertamento di un determinato fatto controverso (cfr. Cass. 16069/01; 15181/03; 11013/04).
3.4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere accolto.
4. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co. 1 c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla fallita D. s.r.l.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimata, nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna il resistente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.
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