Corte di Cassazione sentenza n. 2803 del 5 febbraio 2011
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – RICORSO IN CASSAZIONE – MANCATO DEPOSITO, UNITAMENTE AL RICORSO, DELL’ATTO DI APPELLO – EFFETTI – IMPROCEDIBILITA’ DEL RICORSO IN CASSAZIONE
massima
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Va dichiarato improcedibile un atto introduttivo al giudizio di legittimità per mancato deposito, unitamente al ricorso, dell’atto di appello previsto dall’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c. Detto deposito costituisce un obbligo che non può essere considerato adempiuto con la mera richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito “né, eventualmente, col deposito di tale fascicolo e/o del fascicolo di parte se esso non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 e se non si specifica che il fascicolo è stato prodotto, indicando la sede in cui il documento è rinvenibile”
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Azienda Agricola L. di F.B. & C. s.s. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di cartella di pagamento Iva, la C.T.R. Lombardia, in accoglimento dell’appello, dichiarava non dovuta la detrazione Iva ex D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, comma 9, con conseguente necessità di riliquidare l’importo aggiungendo la corrispondente somma di L. 5.868.000. 2. L’unico motivo di ricorso (col quale, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., si rileva che nei motivi di appello si era chiesto anche di considerare la somma di L. 5.902.000 riconosciuta dalla stessa contribuente come erroneamente richiesta in detrazione, senza che fosse intervenuta sul punto alcuna pronuncia) è improcedibile per mancato deposito, unitamente al ricorso, dell’atto d’appello (contenente il motivo sul quale i giudici d’appello avrebbero omesso di pronunciare, e pertanto costituente atto sul quale la censura è fondata) previsto, appunto a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. In proposito, è da specificare che l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a seguito della novella del D.Lgs. n. 40 del 2006, dispone, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente al ricorso, tra l’altro, degli atti processuali sui quali esso è fondato, e che tale onere non può ritenersi adempiuto con la mera richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito né, eventualmente, col deposito di tale fascicolo e/o del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se esso non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se non si specifica che il fascicolo è stato prodotto, indicando la sede in cui il documento è rinvenibile (v. S.U. n. 28547 del 2008 e tra le altre Cass. n. 24940 del 2009 nonché n. 303 del 2010 e, da ultimo, S.U. n. 7161 del 2010), essendo appena il caso di aggiungere che, stante l’espressa previsione di deposito a pena di improcedibilità, il suddetto onere non può ritenersi adempiuto neppure attraverso la mera riproduzione, all’interno del ricorso, di passi degli atti sui quali il ricorso medesimo è fondato.
E’ poi in particolare da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), la disposizione in esame è applicabile anche nel processo tributario, non potendo essa ritenersi incompatibile con le specifiche previsioni del D.Lgs. n. 546 del 1992, ed in particolare con l’art. 25, comma 2, del suddetto decreto, a norma del quale “i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo”, in quanto nel medesimo articolo si prevede, di seguito, che “le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio”, con la conseguenza che non è ravvisabile alcun impedimento all’assolvimento dell’onere predetto, potendo la parte provvedere al deposito anche mediante la produzione di copie degli atti e documenti su cui il ricorso è fondato (v. tra le altre Cass. n. 24940 del 2009).
Prescindendo tuttavia da quanto precede, giova evidenziare che quando, come nella specie, gli atti da produrre sono atti processuali (che restano in originale nel fascicolo d’ufficio), un problema di compatibilità non si pone neppure, posto che nel processo civile come in quello tributario non potrebbero depositarsi unitamente al ricorso che le copie di tali atti.
Peraltro, lo stesso art. 369 c.p.c., al n. 2, espressamente dispone a pena di improcedibilità il deposito, unitamente al ricorso, di copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, senza che mai si sia dubitato, nel processo civile come in quello tributario, della razionalità di una simile previsione o si sia ritenuto perciò solo reso eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti.
Invero, l’art. 369 c.p.c., comma 2, già nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, prevedeva che fossero depositati a pena di improcedibilità unitamente al ricorso: 1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 2) la copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con eventuale relazione di notificazione; 3) la procura speciale, se conferita con atto separato; 4) “gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda” (e, a decorrere dalla data di applicabilità del D.Lgs. n. 40 del 2006, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”), nonché la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio vistata dal cancelliere. Dal semplice esame della norma risulta dunque evidente che l’art. 369 c.p.c. (già prima del D.Lgs. n. 40 del 2006, ma a maggior ragione dopo tale decreto – espressamente disponente il deposito anche degli atti processuali-), prevedeva e prevede, a pena di improcedibilità, un onere di deposito di atti già contenuti nel fascicolo di causa (il quale deve tuttavia essere ugualmente trasmesso in cassazione, richiedendosi all’uopo nella medesima norma il deposito, unitamente al ricorso, della relativa istanza vistata).
Una simile duplicazione documentale (espressamente contemplata dalla disposizione in esame) non risulta tuttavia irragionevole e inutilmente vessatoria per la parte ricorrente, dovendo la ragione della previsione del deposito di documenti già presenti nel fascicolo di causa ravvisarsi innanzitutto ed essenzialmente nella diversità dei tempi di disponibilità per la Corte dei suddetti documenti (posto che, mentre il fascicolo di causa sarà trasmesso successivamente, il deposito della sentenza impugnata e degli atti su cui il ricorso è fondato unitamente al deposito del ricorso medesimo consente subito un primo “screening” dell’impugnazione, funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione delle sopravvenienze), senza peraltro sottovalutare la maggiore facilità e velocità di accesso a tali documenti, una volta che essi risultino ben individuati e specificamente depositati, evitando così la necessità del reperimento dei medesimi all’interno dei fascicoli dei gradi di merito pervenuti in Corte in un momento spesso anche di molto successivo al deposito del ricorso.
La ratio della previsione in esame assume oggi rilievo ancora maggiore, a fronte di un contenzioso sempre crescente – che impegna la Corte perfino nella gestione materiale della ingente mole di documentazione relativa ai processi pendenti che giunge da tutto il Paese- e della costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata del processo (che impone una organizzazione del lavoro sempre più anticipata, accurata e mirata da parte della Corte). A tale ultimo proposito, è inoltre appena il caso di evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, il principio di ragionevole durata del processo deve intendersi rivolto non soltanto al giudice quale soggetto processuale, in funzione acceleratoria, ed al legislatore ordinario, ma anche al giudice quale interprete della norma processuale, rappresentando un canone ermeneutico imprescindibile per una lettura costituzionalmente orientata delle norme che regolano il processo (v. Cass. n. 1540 del 2007).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato improcedibile. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso.
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