CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 dicembre 2013, n. 28373
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Interruzione del giudizio – Morte del difensore della parte – Decorrenza – Art. 40, d.Lgs. n. 546 del 1992 – Avveramento dell’evento interruttivo – Esclusione – Conoscenza legale – Necessità – Perfezionamento in presenza di dichiarazione – Sussistenza – Art. 45, d.Lgs. n. 546 del 1992 – Interruzione dichiarata in giudizio – Provvedimento giudiziale di attestazione dell’interruzione – Necessità – Esclusione – Comunicazione del provvedimento – Art. 31, d.Lgs. n. 546 del 1992 – Obbligo – Esclusione – Istanza di prosecuzione del giudizio – Termine perentorio semestrale – Decorrenza dalla conoscenza dell’evento
Svolgimento del processo
Con sentenza 126/58/2000 la CTP di Roma rigettava il ricorso proposto da B. F. contro avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di Albano Laziale relativo ad IRPEF ed ILOR concernente l’anno di imposta 1992.
Avverso detta sentenza proponeva appello il contribuente, che, nel corso del giudizio, con istanza depositata il 9-4-2005, chiedeva dichiararsi interrotto il processo, stante l’avvenuto decesso del proprio difensore dott. D. P.; all’udienza del 21-4-2005 il processo veniva dichiarato interrotto; in data 25-2-2006 veniva depositato atto avente ad oggetto “ripresa del processo interrotto e nomina nuovo difensore”; all’udienza fissata per la discussione, l’Ufficio eccepiva l’estinzione del giudizio per tardiva riassunzione; il contribuente ne sosteneva la tempestività, anche perché non gli era stata notificata l’ordinanza con la quale era stata dichiarata l’interruzione.
Con sentenza depositata il 28-11-06 la CTR Lazio dichiarava estinto il giudizio per mancata riassunzione nel termine di legge; in particolare la CTR rilevava che, essendo stata dichiarata l’interruzione dalla Commissione, la relativa ordinanza non andava comunicata alla parte, e che, stante la specifica richiesta di interruzione del giudizio avanzata personalmente dall’appellante con istanza datata 9-4-2005, andava individuato proprio nella data di detta istanza (con la presentazione della quale la parte interessata aveva dimostrato di avere avuto legale conoscenza dell’evento interruttivo) il dies a quo del termine di sei mesi previsto per la riassunzione dall’art. 43 d.lgs 546/92.
Avverso detta sentenza proponeva appello il contribuente, affidato a due motivi; resisteva l’Agenzia con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il contribuente, deducendo -ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, commi 2 e 3, d.lgs 546/1992, rilevava che, ai sensi degli artt. 40, 41 e 43 d.lgs 546/1992, l’interruzione del processo si verificava sin dal momento dell’evento interruttivo (e, quindi, nella fattispecie, dalla data della morte del difensore] ed il termine semestrale per proporre l’istanza di trattazione decorreva da quando veniva dichiarata l’interruzione del processo; nel caso di specie, l’ordinanza di interruzione del processo non era stata comunicata alla parte (più precisamente era stata comunicata presso lo studio del dott. P., deceduto, e non presso la residenza del contribuente, come dichiarato nell’istanza di trattazione), sicché il contribuente non era stato posto nella condizione di conoscere dell’avvenuta dichiarazione e, dunque, dell’inizio del decorso del termine per proporre l’istanza di trattazione; erroneamente, pertanto, la CTR aveva ritenuto che il termine in questione decorreva dalla data di presentazione dell’istanza.
Con il secondo motivo il contribuente, deducendo -ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41, commi 1 e 2, d.lgs 546/1992, rilevava che altrettanto erroneamente la CTR aveva dichiarato che non sussisteva alcun obbligo di comunicazione dell’ordinanza; al riguardo evidenziava che, in ordine alla comunicazione, nessuna distinzione tra ordinanza della Commissione e decreto presidenziale era prevista dal chiaro dato letterale dell’art. 41, e che, comunque, l’interpretazione della CTR contrastava con i principi elementari del giusto processo.
In ordine al merito ribadiva la fondatezza del ricorso.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono infondati.
Invero, per quanto in questa sede rilevi, ai sensi dell’art. 40 d. lgs 546/92:
“il processo è interrotto se, dopo la proposizione del ricorso, si verifica: a) il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio, di una della parti diverse dall’Ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza; b) la morte, la radiazione o la sospensione dall’albo o dall’elenco di uno dei difensori incaricati ai sensi dell’art. 12; (comma 1);
l’interruzione si ha al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1 lett. b); in ogni altro caso l’interruzione si ha al momento in cui l’evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte a cui l’evento si riferisce; (comma 2).
L’art. 43, comma 2, cit. d.lgs stabilisce poi che il Presidente della Commissione provvede alla trattazione della controversia “se entro sei mesi da quando è stata dichiarata l’interruzione del processo, la parte colpita dall’evento o i suoi successori o qualsiasi altra parte presentano istanza di trattazione…”; ai sensi dell’’art. 45 cit. d.lgs, infine, “il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge…”.
Dall’esame di dette norme appare pertanto evidente che, mentre il primo comma dell’art. 40 individua gli eventi che comportano l’intérruzione, il secondo comma attiene all’individuazione del momento interruttivo e, quindi, del dies a quo del termine per la prosecuzione o riassunzione; al riguardo, detta disposizione distingue chiaramente tra interruzione derivante da evento riferibile alla parte e interruzione derivante da evento riferibile al suo difensore, prevedendo infatti che in tale ultimo caso l’interruzione si ha al momento dell’evento, mentre in tutti gli altri casi l’interruzione coincide con l’iniziativa del difensore.
La su esposta disciplina concernente il processo tributario è analoga a quella dettata per l’interruzione dal codice di rito; ed invero, l’art. 301 c.p.c. stabilisce che “se la parte è costituita a mezzo di procuratore il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso”, e l’art. 305 c.p.c., nella formulazioné ratione temporis vigente, che ” il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue”.
A tale ultimo proposito va ribadito che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, sia pur in relazione al processo ordinario, che “a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, 159 del 1971 e n. 36 del 1976, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui le parti abbiano avuto conoscenza legale di tale evento e che tale conoscenza può dirsi perfezionata in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo” (v., da ultimo, Cass. 4851/2012).
Siffatto principio, di portata generale, è da ritenersi valido anche in relazione al processo tributario.
Ed invero, come (sia pur implicitamente) ritenuto da questa Corte con sentenza 21128/2011 e diversamente da quanto affermato con sentenza 21108/2011, il diverso tenore letterale dell’art. 43 d.lgs 546/92 rispetto all’art. 305 c.p.c. appare semplicemente teso a ribadire che, così come affermato dalla Corte Costituzionale, il dies a quo non decorre dall’evento interruttivo ma dalla conoscenza di detto evento, e non appare invece di per sé idoneo ad alterare i su esposti consolidati principi enucleati dalla giurisprudenza in relazione al disposto dell’art. 305 c.p.c..
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Per la peculiarità della questione in esame, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara compensate tra le parti le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
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