Corte di Cassazione sentenza n. 28389 del 16 luglio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – OMISSIONE DI UN PIANO DI MONTAGGIO – USO E SMONTAGGIO DEL PONTEGGIO – OMESSA FORMAZIONE
massima
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Vi è la responsabilità di un legale rappresentante e datore di lavoro in un cantiere perché ometteva di redigere, a mezzo di soggetto competente, un piano di montaggio, uso e smontaggio in funzione della complessità di un ponteggio realizzato e perché ometteva di sottoporre a formazione adeguata e mirata il preposto e i lavoratori addetti al montaggio, smontaggio e trasformazione dei ponteggi.
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FATTO
1. – Con sentenza del 19 gennaio 2011, il Tribunale di Pisa ha condannato l’imputato alla pena della sola ammenda, perchè, nella sua qualità di legale rappresentante e datore di lavoro in un cantiere, ometteva di redigere, a mezzo di soggetto competente, un piano di montaggio, uso e smontaggio in funzione della complessità di un ponteggio realizzato (capo 1) e perchè ometteva di sottoporre a formazione adeguata e mirata il preposto e i lavoratori addetti al montaggio, smontaggio e trasformazione dei ponteggi (art. 136, commi 1 e 6, in relazione al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, art. 159, comma 2, lettera b).
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, un’impugnazione qualificata come appello, con la quale rileva, in primo luogo, l’erronea valutazione delle risultanze processuali e la carenza di prova in ordine alle condotte ascritte, con conseguente contraddittorietà della motivazione. Secondo la prospettazione difensiva, i piani di montaggio, uso e smontaggio dei ponteggi erano stati redatti, come sarebbe stato confermato da due testimoni sentiti in dibattimento, ed era composto da una parte specificamente progettuale e da un’altra, più marcatamente informativa prescrittiva, rappresentata dai libretti contenenti le norme di sicurezza relative all’utilizzo dei ponteggi. In ogni caso, dalla seconda verifica effettuata dagli accertatori il (Omissis), sarebbe risultato che l’impresa edile dell’imputato aveva eliminato la contravvenzione, adeguando il cantiere alle prescrizioni impartite dall’organo accertatori. Lamenta lo stesso ricorrente che, ciononostante, non era stato ammesso al pagamento della sanzione pecuniaria, perdendo, di conseguenza, la possibilità di estinguere il reato di cui al punto 1 dell’imputazione mediante oblazione.
Con un secondo motivo di gravame, si rileva la violazione dell’art. 133 c.p., per l’eccessiva onerosità della pena inflitta, in relazione alla tipologia del reato, alla tenuità del danno cagionato, alla condotta collaborativa tenuta dall’imputato.
DIRITTO
3. – L’impugnazione – da qualificarsi come ricorso per cassazione, perché proposta avverso una sentenza inappellabile ex art. 593 c.p.p., comma 3 – è infondata e deve essere rigettata.
3.1. – Quanto all’esistenza dei piani relativi ai ponteggi – oggetto della prima doglianza del ricorrente – la motivazione della sentenza impugnata risulta sufficientemente dettagliata e circostanziata, perché precisa che i piani presenti in cantiere non corrispondevano ai ponteggi effettivamente in uso presso l’area di lavorazione. Inoltre in uno dei 2, era indicata la partecipazione di un solo operaio alla fase di montaggio, mentre la legge prevede la presenza obbligatoria di 2 soggetti; nell’altro dei piani, relativo alla seconda unità immobiliare in costruzione, la funzione di preposto era assegnata ad un soggetto che non aveva mai partecipato a corsi di formazione mirati. Tali circostanze non sono state smentite dai testimoni indicati dalla difesa – come dettagliatamente osservato dallo stesso Tribunale alla penultima pagina della sentenza impugnata – nè sono stati forniti adeguati elementi a discolpa.
In relazione, poi, allo specifico profilo della mancata dichiarazione di estinzione del primo dei due reati contestati mediante oblazione, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha correttamente osservato che l’imputato non ha adempiuto all’onere su di lui gravante, non avendo mai provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria.
Ne deriva l’infondatezza del primo motivo di doglianza.
3.2. – Del pari infondato è il secondo motivo di impugnazione, con il quale si contesta la violazione dell’art. 133 c.p., in relazione alla determinazione della pena.
Deve rilevarsi, infatti, che il Tribunale ha correttamente ancorato l’applicazione dei criteri di cui al richiamato art. 133 al livello di gravità dei fatti riscontrati, come precedentemente descritti in motivazione, e alla situazione soggettiva dell’imputato, privo di precedenti penali, e perciò, ritenuto meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
4. – Ne deriva il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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