Corte di Cassazione sentenza n. 28661 del 17 luglio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – DATORE DI LAVORO – MANUTENZIONE DI UN MACCHINARIO IN MOVIMENTO – AMPUTAZIONE DI TRE DITA DI UNA MANO
massima
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Vi è la responsabilità di un datore di lavoro e di un preposto per infortunio occorso ad un dipendente durante un intervento manutentivo di un macchinario. Il lavoratore, impegnato nella pulizia del macchinario “linea di semina” mentre questo era in movimento, per rimuovere la terra fuoriuscita dalla bocca di aspirazione, su ordine impartitogli dal preposto, aveva inserito dentro il tubo di aspirazione, dal quale era stato rimosso il carter di protezione, la mano destra, rimasta incastrata all’interno dello stesso.
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FATTO
1 – (Omissis) e (Omissis) ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari, del 9 dicembre 2010, che ha confermato la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Foggia, del 5 ottobre 2009, che li ha ritenuti colpevoli del delitto di lesioni personali colpose commesso, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di (Omissis), dipendente di detta azienda, e li ha condannati, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, alla pena (condonata), rispettivamente, di un mese e di tre mesi di reclusione.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito i due imputati: il (Omissis), quale titolare della “(Omissis)” e datore di lavoro del (Omissis), l'(Omissis) quale preposto alle operazioni di manutenzione del macchinario “linea di semina” presente nella predetta azienda, hanno causato al lavoratore, impegnato nella pulizia del macchinario sopra indicato mentre lo stesso era in movimento, lesioni personali consistite nell’amputazione di tre dita della mano destra. Nel corso dell’intervento manutentivo, invero, il (Omissis), per rimuovere la terra fuoriuscita dalla bocca di aspirazione, su ordine impartitogli dall’ (Omissis), aveva inserito dentro il tubo di aspirazione, dal quale era stato rimosso il carter di protezione, la mano destra, rimasta incastrata all’interno dello stesso.
2 – I giudici del merito hanno riscontrato nella condotta dei due imputati precisi profili di colpa, per avere:
a) il (Omissis), omesso di predisporre un’idonea segnaletica di sicurezza nei pressi del macchinario ove si è verificato l’incidente, nonché di informare il (Omissis) sui rischi cui lo stesso era esposto durante le operazioni di pulizia dello stesso macchinario, ed ancora, di istruire adeguatamente l'(Omissis) circa le regole di prudenza da seguire durante tali operazioni;
b) l'(Omissis) ordinato al (Omissis) di eseguire le operazioni di pulitura del macchinario a motore acceso, e quindi in violazione delle precise prescrizioni imposte nel libretto di istruzione della macchina e delle ordinarie regole di prudenza.
3 – Avverso la citata sentenza ricorrono, dunque, i due imputati, che deducono:
1) (Omissis):
a) Violazione dell’art. 43 c.p. ed erronea applicazione della legge penale. Sostiene il ricorrente che le prospettazioni di addebito indicate dal giudice del gravame non sarebbero coerenti rispetto alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, dalle quali era emerso che il lavoratore infortunato, dipendente dell’imputato da circa due anni, anche se non specificamente addetto a mansioni di manutenzione del macchinario in questione, era tuttavia ben consapevole dei pericoli insiti nello svolgimento di tali mansioni alle quali, peraltro, già in passato era stato addetto. Le operazioni di pulizia, peraltro, sostiene ancora il ricorrente, si erano svolte a macchinario spento e nel rispetto delle norme e delle cautele previste dalle norme anti infortuni ed era stata solo la condotta imprudente del (Omissis), che aveva inserito il braccio nel tubo di aspirazione del macchinario, a causare l’infortunio. Si aggiunge ancora nel ricorso che, seppure all’imputato possono ascriversi alcune violazioni in materia antinfortunistica, tuttavia, tali infrazioni non sono state all’origine dell’infortunio, nel senso che non sussiste alcun legame eziologico tra tali violazioni e l’evento determinatosi;
b) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove il giudice del gravame, pur a fronte di precise argomentazioni critiche svolte nell’atto di appello, avrebbe omesso di spiegare in che modo le omissioni attribuite all’imputato avrebbero avuto rilevanza nella produzione dell’evento;
e) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.
2) (Omissis):
a) Violazione dell’art. 43 c.p. ed erronea applicazione della legge penale.
Sostiene il ricorrente che le operazioni di pulizia della macchina si erano svolte nel pieno rispetto delle norme di prudenza e con le dovute cautele e che l’infortunio era stato causato dalla condotta del (Omissis), che aveva imprudentemente, e senza che fosse stato necessario, inserito il braccio nel tubo di aspirazione del macchinario;
b) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove il giudice del gravame, pur a fronte di precise argomentazioni critiche svolte nell’atto di appello, avrebbe omesso di considerare che le operazioni di pulizia si erano svolte con il macchinario spento e che questo era dotato di sistema automatico di spurgo che non rendeva necessario alcun intervento manuale;
c) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, anche in considerazione dell’intervenuto integrale risarcimento del danno.
Ambedue i ricorrenti concludono chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
DIRITTO
I ricorsi sono infondati, ai limiti dell’inammissibilità.
1 – In realtà, in punto di responsabilità, il giudice del gravame, in termini essenziali e tuttavia congrui e coerenti sul piano logico, ha legittimamente ritenuto, alla stregua degli elementi probatori in atti, che le operazioni di manutenzione del macchinario “linea di semina”, nel corso delle quali il (Omissis) si è infortunato, si sono svolte senza il rispetto delle norme di sicurezza e delle stesse istruzioni d’uso della macchina, che ne prevedevano l’arresto durante le operazioni di manutenzione e l’avvertimento all’operatore di non introdurre le mani nel foro di aspirazione.
è emerso, invero, che tali operazioni, pur avviate a macchinario spento, sono ad un certo punto proseguite con la macchina in moto, e dunque in aperta violazione delle norme sopra richiamate. In particolare è, invero, accaduto, secondo la ricostruzione dei fatti eseguita dai giudici del merito, che, rimessa in moto la macchina, l'(Omissis), essendo fuoriuscita molta terra dalla bocca di aspirazione – dalla quale era stato in precedenza rimosso il carter di protezione – ha ordinato al (Omissis) di procedere manualmente alla pulizia di detto impianto; proprio nell’esecuzione di tale ordine, la mano destra del lavoratore, risucchiata all’interno del tubo di aspirazione, ha riportato le lesioni sopra descritte.
Orbene, a fronte di tale precisa ricostruzione dei fatti, da cui emergono evidenti profili di colpa in capo ai due imputati – dell'(Omissis) quale responsabile del servizio manutenzione e dell’ordine impartito all’operaio a lui sottoposto, del (Omissis) quale datore di lavoro e quindi destinatario degli obblighi inerenti la sua posizione di garante della sicurezza dei dipendenti – i ricorrenti ripropongono osservazioni e censure già sottoposte all’esame del giudice del gravame e da questo compiutamente esaminate e ritenute prive di fondamento.
In particolare, ambedue i ricorrenti ancora sostengono la tesi della riconducibilità dell’incidente all’esclusiva responsabilità dell'(Omissis) che, con gesto eccezionale ed imprevedibile, avrebbe introdotto la mano nel tubo di aspirazione senza che ve ne fosse la necessità, nonché la tesi del completo rispetto, da parte degli imputati, delle norme di sicurezza, in relazione all’effettivo arresto della macchina, durante le operazioni di manutenzione; macchina solo successivamente riavviata, per sboccare l’arto dell'(Omissis) rimasto incastrato nel tubo di aspirazione.
Osservazioni che non tengono adeguatamente conto delle argomentazioni in contrario articolate dai giudici del gravame, i quali hanno coerentemente rilevato:
a) che la macchina era stata rimessa in movimento non dopo, bensì prima dell’intervento manuale imposto al (Omissis), posto che, diversamente, non sarebbe stato possibile il “risucchio” dell’arto del lavoratore all’interno del tubo di aspirazione; mentre sarebbe stato del tutto incongruo e controproducente riavviare la macchina per sbloccare l’arto rimasto incastrato, posto che tale iniziativa, ben lungi dal risolvere il problema, l’avrebbe aggravato rendendo le relative conseguenze ancor più drammatiche;
b) che il proseguimento del lavoro di manutenzione a macchina riavviata rappresentava grave ed evidente violazione delle norme di sicurezza, in relazione alle quali la condotta del lavoratore non poteva avere alcun rilievo causale, anche in ragione dell’assenza, sul posto, di qualsiasi cartello informativo e di qualsiasi informazione diretta al lavoratore circa i rischi connessi con l’attività lavorativa svolta e le misure da adottare per ridurli al minimo.
Osserva d’altra parte la Corte che il prosieguo degli interventi di manutenzione a macchina in movimento rappresenta, di per sé, una cosi grave violazione delle norme di sicurezza, da rendere addirittura inutile accertare se l’intervento manuale sul tubo di aspirazione è stato posto in essere dalla persona offesa di propria iniziativa ovvero in esecuzione dell’ordine in tal senso impartitogli dall'(Omissis), come pure motivatamente hanno ritenuto i giudici del merito, senza essere sul punto, smentiti. Nell’un caso e nell’altro, invero, evidente sarebbe l’assoluta irrilevanza, sotto il profilo causale, della condotta, ove anche imprudente, dell'(Omissis), laddove si consideri che solo occasionalmente lo stesso, impiegato quale bracciante agricolo, è stato chiamato a partecipare alle operazioni di manutenzione, delle cui modalità di svolgimento e dei cui rischi non poteva che essere, eventualmente, solo vagamente informato.
Non v’è dubbio, peraltro, che l’inserimento da parte dell'(Omissis), nel corso delle operazioni di pulizia della macchina, dell’arto all’interno del meccanismo di aspirazione per rimuovere la terra che vi si era accumulata, ove anche frutto esclusivo di una decisione del lavoratore, non può certo ritenersi comportamento imprevedibile ed estraneo alle mansioni affidate al lavoratore, tanto da potere essere ritenuto quale causa esclusiva dell’infortunio. Ciò anche ove si consideri che l’obbligo del datore di lavoro e del suo preposto di rispettare e di imporre ai dipendenti il rispetto delle norme antinfortunistiche è posto anche in previsione di comportamenti imprudenti da parte del lavoratore.
Mentre la segnalata, nei ricorsi, consapevolezza, da parte del lavoratore, dei pericoli insiti nell’utilizzo del macchinario, per avere lo stesso proceduto, pochi giorni prima, alla pulizia dello stesso, ove realmente sussistente, non varrebbe alcun rilievo in termini difensivi, posto che tale presunta generica consapevolezza è cosa ben diversa dalla precisa conoscenza delle modalità di intervento sulla macchina in sicurezza, dei rischi che tale intervento comportava, delle norme prevenzionali da rispettare; conoscenza che, sola, avrebbe potuto porre in discussione una partecipazione causale del lavoratore nell’evento di cui è rimasto vittima.
Le censure, articolate nei ricorsi in termini sostanzialmente coincidenti, riguardanti la sussistenza dei profili di colpa rilevati dai giudici del merito e la sussistenza del nesso casale tra gli stessi e l’evento determinatosi, non può essere posto in discussione, essendo del tutto evidente come l’infortunio patito dall'(Omissis) si ponga quale diretta conseguenza delle condotte colpevoli rispettivamente ascritte ai due imputati.
2 – Infondate sono anche le censure, pur proposte dai ricorrenti in termini del tutto coincidenti, relative al trattamento sanzionatorio, in relazione al quale il giudice del gravame ha esplicitato le legittime ragioni per le quali ha ritenuto, attesa la gravità del fatto, che mancassero motivi che potessero giustificare un contenimento delle pene inflitte dal primo giudice attraverso l’invocato giudizio di prevalenza delle attenuanti.
I ricorsi devono essere, in conclusione, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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