CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 luglio 2013, n. 30519
Bancarotta – Momento consumativo del reato ai fini dell’indulto – Sentenza dichiarativa di fallimento
Ritenuto in fatto
G. C. è stato condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per reati fallimentari (bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale, nonché ricorso abusivo al credito) dal giudice dell’udienza preliminare di Bergamo con rito abbreviato; la corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l’imputato dal reato di bancarotta per distrazione della somma di euro 5.380 relativa all’acquisto di gasolio da autotrazione ed ha conseguentemente ridotto la pena inflitta ad anni due, mesi sette e giorni 10 di reclusione.
Contro la predetta sentenza propone ricorso per Cassazione il G. per i seguenti motivi:
abnormità del provvedimento impugnato in quanto emesso a seguito di riserva di decisione e non con deliberazione in udienza,
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualifica dell’imputato come amministratore di fatto. Secondo il ricorrente gli elementi in base ai quali la corte di merito assume che egli fosse il reale dominus dell’impresa sarebbero assolutamente inconsistenti.
Inosservanza od erronea applicazione della legge penale ed in particolare della legge 241 del 2006 e degli articoli 216 e 223 della legge fall., per essere stata esclusa l’applicabilità dell’indulto sulla base del rilievo che la commissione del reato, fatto coincidere con la dichiarazione di fallimento, era posteriore alla data del 2 maggio 2006, indicata nella citata legge 241/06 come quella entro la quale occorreva che i fatti fossero stati commessi, perché il beneficio potesse trovare applicazione. L’errore in cui sarebbe incorsa la corte d’appello risiede, secondo la difesa, nell’aver ritenuto la sentenza dichiarativa di fallimento quale elemento costitutivo del reato di bancarotta e non invece condizione oggettiva di punibilità.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato; quanto alle conseguenze della violazione (omessa lettura in udienza del dispositivo), l’orientamento assolutamente dominante esclude la configurabilità di vizi di nullità, inesistenza o nullità: così Cass., sez. VI, 19 giugno, n. 12203, Mauro, rv. 188998, secondo la quale “per l’inosservanza delle disposizioni concernenti la pubblicazione della sentenza la legge non prevede alcuna sanzione sicché la mancata lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza comporta unicamente l’effetto di rendere inapplicabile la disposizione dell’art. 545, comma 3, nuovo c.p.p. e di impedire la decorrenza dei termini per l’impugnazione”; conff. sez. VI, 26 settembre 1991, n. 3097, Ben Mohmoud Kamel Ben Maohfouch, rv. 188295; sez. V, 3 maggio 1993, n. 6508, lellamo, rv. 194306; sez. VI, 23 giugno 1993, n. 9984, Bernardi, rv. 196173; sez. VI, 29 settembre 1995, n. 10288, Marchese, rv. 202722; sez. VI, 14 maggio 1996, n. 8637, Merlinl, rv. 205968.
Sulla questione sono intervenute recentemente le sezioni unite che, pur avendo affermato che la sentenza pronunciata in appello all’esito di giudizio abbreviato deve essere pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza camerale, e non mediante deposito in cancelleria, tuttavia ritengono che la violazione comporti una mera irregolarità, che produce, quale effetto, solo il mancato decorso dei termini per l’impugnazione (Sez. U, n. 12822 del 21/01/2010, Marcarino, Rv. 246269).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato; sul ruolo assunto dall’imputato all’interno della compagine societaria c’è motivazione adeguata e priva di evidenti vizi logici alle pagine 21 e 22 della sentenza; nessun rilievo assume il richiamo parziale e frammentario a talune delle dichiarazioni testimoniali acquisite nel corso d«l giudizio (cfr. pag.5 del ricorso) non solo perché si tratta di valutazioni di merito che non sono rivedibili in sede di legittimità, ma altresì perché le conclusioni della corte si fondano sul ben più ampio ed approfondito esame non solo delle suddette dichiarazioni, ma anche di altro, fra cui, in particolare, quelle (riportate nel ricorso), di L. L., dipendente dell’impresa fallita.
4. Il terzo motivo di ricorso è infondato sulla base della attuale consolidata giurisprudenza della corte di cassazione, da cui questo collegio, sulla base delle argomentazioni allegate dal ricorrente, non ritiene in questa sede di discostarsi (v. per tutte, proprio in materia di indulto, Sez. 1, n. 2392 del U/04/1996, Magnini, Rv. 205164: il momento consumativo dei reati di bancarotta si perfeziona all’atto della pronuncia dalla sentenza dichiarativa di fallimento, ancorché la condotta, commissiva od omissiva, si sia esaurita anteriormente, in quanto la sentenza di fallimento rappresenta elemento costitutivo del reato di bancarotta, e non condizione oggettiva di punibilità. Ne consegue che, in materia di applicazione o di revoca dell’indulto, è alla data della sentenza dichiarativa di fallimento che occorre far riferimento, essendo del tutto ininfluente che la condotta sia cessata in epoca anteriore).
5. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 ottobre 2022, n. 30519 - Nell'ipotesi di disconoscimento disciplinata dall'art. 215, primo comma, n. 2), cod. proc. civ., graverebbe su chi ha prodotto il documento disconosciuto l'onere di chiederne la verificazione.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18637 depositata il 9 giugno 2022 - In tema di ICI la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l'unico dato da prendere in considerazione ai fini dell'individuazione…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 8497 depositata il 24 marzo 2023 - In tema di ICI, la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale rappresenta l'unico dato da prendere in considerazione ai fini dell'individuazione…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 23038 depositata il 29 luglio 2020 - E' sempre legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, senza che sia necessaria la dimostrazione del nesso di derivazione dal reato, delle…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 8611 depositata il 15 marzo 2022 - Il reato deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l'importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 29485 depositata il 21 ottobre 2021 - Con riferimento all’Iva, invece, la natura di prestazione di servizi dell’appalto rileva anche ai fini del momento in cui l’operazione si considera effettuata, trovando applicazione…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…
- Nel giudizio civile con il gratuito patrocinio la
La Corte costituzionale con la sentenza n. 64 depositata il 19 aprile 2024, inte…
- Il titolare del trattamento dei dati personali é r
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-741/2021 depositat…
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…