CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 luglio 2013, n. 31218
Reati societari – Bancarotta per distrazione – Versamento a copertura delle perdite – Punibilità – Limiti
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 22/10/2009 con riguardo aite posizioni di altri imputati, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di G. R. per II reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, commesso quale amministratore di fatto dal 1997 al gennaio del 1998 della M. s.r,l., dichiarata fallita in Milano il 16/05/1998, distraendo somme per complessive £.411.000.000 mediante emissione di assegni circolari e tenendo le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, con condanna del R. alla pena dì anni due e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
L’imputato ricorrente deduce illogicità della motivazione, sull’affermazione di responsabilità, nell’esclusione della compensazione delle contestate distrazioni con il versamento nelle casse della società di un assegno circolare dell’importo di £.448.650.000, e violazione di legge rispetto alla configurabilità del diverso reato di bancarotta preferenziale. Con ulteriori motivi deduce violazione di legge nella ritenuta ravvisabilità dell’aggravante del danno di rilevante entità nell’ipotesi della bancarotta impropria di cui all’art. 223 legge fall., e nell’applicazione delle pene accessorie per la durata di dieci anni e non per quella pari alla pena principale inflitta.
Considerato in diritto
I motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità dell’imputato sono fondati.
Nella ricostruzione delle vicende della società fallita, esposta nella sentenza impugnata, si dava atto che, a seguito di controversie insorte a proposito della gestione della società fra la socia maggioritaria G. s.p.a., gestita da tale S. T., e i soci storici della M., il T. presentava a questi ultimi tali G. B. e J. C. O., il secondo poi identificato nell’imputato, come soggetti in grado di rifinanziare la società; che costoro ritiravano somme di denaro dai conti correnti della fallita emettendo gli assegni circolari di cui all’imputazione, privi di giustificazione contabile; ma, d’altra parte, che l’Imputato versava effettivamente in cassa l’assegno circolare a cui fa riferimento il ricorrente. Tanto rende concreta la questione posta dalla difesa in ordine alla possibile compensazione fra le somme uscite e quella, peraltro superiore, entrata nelle disponibilità delta società con l’assegno versato dall’imputato. Detta questione veniva per il vero affrontata dalla Corte territoriale; ma la soluzione che alla stessa veniva data, per come prospettata nella sentenza, risulta manifestamente carente di concludenza logica rispetto ai consolidati principi in tema di prova dei reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, laddove I giudici di merito si limitavano ad osservare che il versamento dell’assegno poteva essere imputato ad una pluralità di causali ipotizzabili. Se è vero infatti che secondo i menzionati principi, a fronte del dato oggettivo di un’uscita priva di giustificazione contabile, incombe sull’imputato l’onere di allegazione dell’esistenza di una giustificazione reale anche nella forma, nella specie rilevante, del rientro delle somme nelle disponibilità della fallita, è vero altresì che nel caso in esame tale allegazione veniva fornita nel riferimento all’accertata circostanza di un’entrata corrispondente, sia nel mezzo di pagamento che, oltretutto in sovrabbondanza, nel valore rispetto alle uscite. E, rispetto a tale elemento, difetta nell’argomentazione del giudici di merito la verifica della plausibilità di una immediata destinazione dell’assegno versato alla copertura di altri e diversi debiti della fallita, che lasciasse indimostrata l’ipotesi difensiva della copertura delle passività derivanti dai precedenti prelievi. Irrilevante è in tal senso il richiamo della sentenza impugnata alla omessa tenuta delle scritture contabili, una volta che il versamento dell’assegno veniva dato per accertato; ed altrettanto lo è l’accenno all’essere le somme uscite pari a due terzi del capitale sociale, nel momento in cui il tema in discussione è quello del possibile rientro delle somme stesse, che in quanto verificatosi precedentemente al fallimento esclude la configurabilità del reato di bancarotta per distrazione (Sez. 5, n. 39043 del 21/09/2007, Spitoni, Rv. 238212; Sez. 5, n. 8402 del 03/02/2011, Cannavate, Rv. 249721).
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo esame sui rilevati profili motivazionali, rimanendo assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al punto 1 del capo D con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame.
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