Corte di Cassazione sentenza n. 32746 del 14 agosto 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – SCHIACCIAMENTO DI UNA MANO PROCURATO DALLA PRESSA AUTOMATICA – RESPONSABILITA’ DI UN AMMINISTRATORE DELEGATO
massima
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Vi è la responsabilità dell’amministratore delegato dell’impresa per l’infortunio occorso all’apprendista, che, insieme all’operaio, era addetto alla sagomatura di lamiere mediante uso di pressa automatica, dotata di fotocellula di sicurezza a raggio continuo, posizionabile secondo le esigenze; in particolare, l’operaio, dopo avere acquisito il consenso orale del primo, provvedeva mediante azionamento di un pedale ad attivare la discesa del punzone; nell’occorso, dopo aver dato il consenso, l’apprendista, accortosi che la lamiera si era spostata, aveva istintivamente infilato la mano sinistra sotto la pressa, subendo lo schiacciamento dell’arto ad opera del punzone, oramai azionato.
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FATTO
1. Il Tribunale di Pistoia, Sezione Distaccata di Monsummano Terme, con sentenza del 21/6/2011, condannò (Omissis), amministratore delegato della (Omissis) s.r.l., in relazione all’infortunio sul lavoro del quale era rimasto vittima (Omissis), il quale, a causa di schiacciamento procurato da pressa automatica, aveva patito lesioni alla mano sinistra, con insorgenza di malattia di durata superiore ai quaranta giorni, alla pena valutata di giustizia.
1.1. La Corte d’appello di Firenze, giudicando sull’impugnazione proposta dall’imputato, con sentenza del 22/7/2011, in parziale riforma della sentenza gravata, che nel resto confermava, concesse le attenuanti generiche, con criterio di equivalenza, rideterminava la pena, riducendola.
2. (Omissis) proponeva ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia l’inosservanza dell’art. 521 c.p.p., comma 2 e art. 522 c.p.p., comma 1, difettando correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza.
Il ricorrente premetteva in fatto la descrizione dell’incidente: l’apprendista infortunato, insieme all’operaio (Omissis), era addetto alla sagomatura di lamiere mediante uso di pressa automatica, dotata di fotocellula di sicurezza a raggio continuo, posizionabile secondo le esigenze; in particolare, il secondo, dopo avere acquisito il consenso orale del primo, provvedeva mediante azionamento di un pedale ad attivare la discesa del punzone; nell’occorso, dopo aver dato il consenso, il (Omissis), accortosi che la lamiera si era spostata, aveva istintivamente infilato la mano sinistra sotto la pressa, subendo lo schiacciamento dell’arto ad opera del punzone, oramai azionato.
Con l’imputazione si era contestato al (Omissis) di non avere dotato la macchina, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, art. 115, del doppio pedale, invece il Tribunale aveva identificato la colpa specifica nel non corretto posizionamento della fotocellula, in difformità delle istruzioni della casa costruttrice.
2.2. Con il secondo motivo il (Omissis) deduce la mancata assunzione della prova decisiva a discarico richiesta dallo stesso all’udienza del 17/5/2010.
Pur essendo rimasto acquisito, tramite l’apporto delle competenze di settore, che l’utilizzo di una moderna fotocellula a barriera avrebbe assicurato maggior protezione, tuttavia un residuo rischio era ineliminabile (circostanza, questa, confermata mediante esperimento), stante che l’unica collocazione sicura (a filo) avrebbe totalmente impedito il funzionamento della macchina. Pertanto, sarebbe stato necessario risentire i due operai in ordine alle modalità dell’infortunio, stante che il perito aveva concluso affermando che il (Omissis) aveva inserito la mano dall’alto, mentre era più ragionevole assumere che il predetto inserimento fosse intervenuto dal basso, al fine, appunto, di allineare la lamiera.
2.3. Con il terzo motivo (erroneamente numerato come quarto) viene prospettata manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all’asserita prevedibilità della condotta del lavoratore.
L’incidente fu causato da un movimento inconsulto ed imprevedibile del lavoratore, al quale era stato ben spiegato il funzionamento della pressa; inoltre, lavorando da 5/6 mesi presso l’officina, aveva avuto modo di ben osservare, sollecitato dai due soci della ditta e dagli altri lavoratori, il macchinario in movimento; peraltro, il medesimo, privo di adeguata esperienza, non veniva addetto alla lavorazione in discorso mai da solo. In definitiva, secondo il ricorrente, l’incidente fu generato dalla causa sopravvenuta (articolo 41 c.p., comma 2) consistita nell’abnorme condotta del lavoratore.
DIRITTO
3. Il ricorso non merita di essere accolto.
3.1. Il primo motivo appare manifestamente infondato, essendo non conforme alle risultanze documentali l’asserto impugnatorio. Nel capo d’imputazione risulta, fra l’altro, contestato quanto appresso: “(…) non aver dotato la pressa piegatrice (…) di quei ripari o dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi lavoratori o, comunque, atti ad impedire -attraverso dispositivi quali un comando doppio ad azione simultanea – la discesa del punzone allorquando le mani o altre parti del corpo si trovino in situazioni di pericolo (…)”.
Appare evidente che la contestazione prendeva in considerazione ogni sorta di protezione idonea allo scopo, assumendo significato elettivo, ma pur sempre esemplificativo, il riferimento espresso al doppio pedale. Come emerge dallo stesso ricorso, avendo l’imputato avuto modo di conoscere ed interloquire su ogni specifico profilo dell’addebito preso poi in considerazione dal giudice (venne svolta perizia, furono fatti esperimenti, il (Omissis) era assistito da c.t.p.) non emerge alcun “vulnus” difensivo. Invero, “in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione” (Sez. 4, 16/2/17069, massima; in senso conforme, fra le tante, 4, 22/11/2011, n. 47474; 4, 28/6/2011, n. 36891; S.U., 15/7/2010, n. 36551).
3.2. Correttamente la Corte territoriale ha reputato che il Tribunale non avesse impedito acquisizione di prova decisiva.
Entrambi gli operai (il giovane infortunato e il (Omissis)) erano stati esaminati nel contraddicono delle parti nel corso del dibattimento di primo grado. Così come puntualmente motivato dal giudice di primo e secondo grado (gli stralci sono stati riportati in seno al ricorso), un loro richiamo non solo appariva inutile, ma, addirittura, fuorviante, essendo ragionevole reputare che i testi sarebbero stati, in ogni caso, influenzati dalle risultanze peritali e dagli esperimenti condotti; inoltre, con motivazione congrua, non censurabile in questa sede, la Corte d’Appello reputò di condividere la dinamica ricostruita dal perito, secondo la quale l’apprendista introdusse la mano nel macchinario dall’alto.
3.3. L’ultimo motivo si mostra del tutto privo di pregio. Anche se può assumersi come possibile che all’infortunio possa aver concorso una manovra erronea del lavoratore deve escludersi, secondo la logica comune, che nel caso in esame una tale manovra possa considerarsi avulsa dalle mansioni lavorative svolte, abnorme e, pertanto, imprevedibile da parte del soggetto tenuto alla garanzia. Esattamente al contrario dell’assunto trattasi, invece, di una lesione fisica occorsa nell’esercizio e a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, come tale del tutto prevedibile e prevenibile.
4. L’epilogo impone la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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