Corte di Cassazione sentenza n. 3292 del 22 gennaio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – RULLO DI UNA MACCHINA ESSICCATRICE – INFORTUNIO AD UNA MANO – RESPONSABILITA’ DI UN DELEGATO – DIRIGENTE TECNICO DI UNO STABILIMENTO – MACCHINA ED ATTREZZATURE DI LAVORO
massima
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Vi è la responsabilità del dirigente tecnico di uno stabilimento e delegato in materia di sicurezza di una s.p.a., per l’infortunio occorso ad un operaio della predetta società, la cui mano destra era rimasta schiacciata dal rullo della macchina essiccatrice tenditela, mentre cercava di liberare la “scarpa” dello stesso da residui di carta.
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FATTO
1. Il Tribunale di Trento, Sezione Distaccata di Borgo Valsugana, con sentenza dell’11/5/2011, dichiarato (Omissis), dirigente tecnico dello stabilimento di (Omissis) e delegato in materia di sicurezza dal gruppo (Omissis) s.p.a., colpevole del delitto di lesioni personali colpose, in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, in relazione all’incidente occorso a (Omissis), operaio della predetta società, la cui mano destra era rimasta schiacciata dal rullo della macchina essiccatrice tenditela, mentre cercava di liberare la “scarpa” dello stesso da residui di carta, condannò il medesimo alla pena stimata di giustizia.
1.1. La Corte d’appello di Trento, con sentenza dell’11/1/2012, giudicando a seguito dell’impugnazione proposta dall’imputato, confermò la statuizione di primo grado.
2. L’imputato proponeva ricorso per cassazione, prospettando unitaria, articolata doglianza, con la quale vengono denunziati vizi motivazionali rilevabili in sede di legittimità e plurime violazioni di legge.
2.1. Queste, in sintesi, le censure:
a) La sentenza doveva ritenersi priva di una vera e propria motivazione, avendo, in definitiva, addebitato all’imputato l’infortunio tout court, invertendo l’onere della prova; in particolare non risultava evidente in che cosa fosse consistita la condotta colpevole, essendo stato omesso qualsiasi richiamo alle emergenze di causa, in particolare non era vero che non fossero stati effettuati corsi per la sicurezza e che non venivano disposti controlli;
b) non poteva presumersi ex post la colpa dell’imputato sol perché l’infortunio era avvenuto, erano, infatti, stati previsti e predisposti gli strumenti, utilizzando i quali non si sarebbe avuto inconveniente di sorta (uso di un gancio e di una pistola ad aria per liberare il rullo dai residui della lavorazione);
c) aveva errato la Corte territoriale nel ritenere che l’incauta azione dell’operaio (aver cercato di togliere i residui di carta con la mano) non aveva interrotto il nesso di causalità; al contrario, la presenza di strumenti idonei e la formazione del lavoratore facevano apparire la manovra del tutto imprevedibile e contraria al buon senso;
d) in definitiva, la Corte di merito, ponendo in essere sentenza che neppure sommariamente aveva affrontato le questioni poste con l’impugnazione, aveva finito anche col violare il principio del contraddittorio.
DIRITTO
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato.
3.1. Le doglianze tutte ripropongono quelle di primo grado alle quali la Cotte territoriale aveva dato ampia e congrua risposta.
Quanto al primo profilo, enucleato sub par. 2.1. a), l’impugnante sembra ignorare che la posizione di garanzia che rivestiva gli imponeva di approntare ogni mezzo prevedibile secondo il modello dell’agente avveduto perché i garantiti (gli operai) non andassero incontro ad infortuni. Nel caso qui in esame ciò non è avvenuto in quanto, in primo luogo, era stata tollerata la pericolosa prassi di asportare i residui della lavorazione con le mani; inoltre, sia la specifica direttiva, che l’esiguo corso di formazione di un’ora risalivano a ben dopo l’episodio (cfr. sentenza d’appello, pagg. 4 e 5).
Quanto al secondo profilo, enucleato sub par. 2.1. b), basti rilevare che la predisposizione dei mezzi necessari a rimuovere i residui di carta senza pericolo per le mani, in presenza di una prassi tollerante e in assenza d’una effettiva attività formativa e informativa, non sollevano da responsabilità il garante, il quale, appunto, ha la funzione di assicurare, anche utilizzando gli strumenti cogenti del caso, lo scrupoloso rispetto di procedure sicure.
Anche l’ultimo profilo di critica si appalesa manifestamente destituito di fondamento. Come reiteratamente affermato da questa Corte “Anche se può assumersi come possibile che (all’evento) possa aver concorso una manovra erronea del lavoratore deve escludersi, secondo la logica comune, che nel caso in esame una tale manovra possa considerarsi avulsa dalle mansioni lavorative svolte, abnorme e, pertanto, imprevedibile da parte del soggetto tenuto alla garanzia. Esattamente al contrario dell’assunto trattasi, invece, di una lesione fisica occorsa nell’esercizio e a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, come tale del tutto prevedibile e prevenibile.
Può sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza di questa Sezione del 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità (tra le tante, v. Sez. 4, 10 novembre 2009, n. 7267; Sez. 4, 17 febbraio 2009, n. 15009; Sez. 4, 23 maggio 2007, n. 25532; Sez. 4, 19 aprile 2007, n. 25502; Sez. 4, 23 marzo 2007, n. 21587; Sez. 4, 29 settembre 2005, n. 47146; Sez. 4, 23 giugno 2005, n. 38850; Sez. 4, 3 giugno 2004), la quale ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poichè l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti” (Cass., Sez. 4, 17/10/2012, n. 48228).
Ovviamente, infine, anche alla luce di quanto esposto, si riduce a mera asserzione ingiustamente apodittica l’ultima critica impugnatoria (lettera d): a parte, in ogni caso, la difficoltà di ricondurre a violazione dell’evocato principio del contraddittorio l’eventuale insoddisfacente esame delle questioni sollevate con l’appello, deve escludersi in radice, che in questo caso, la lamentela colga nel segno.
4. La genetica inidoneità del ricorso, a causa della sua inammissibilità, ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza gravata non consente di prendere in considerazione il computo prescrizionale maturato dopo la statuizione della Corte trentina (fra le tante, S.U. 11/7/2001, n. 33542; S.U. 22/4/2005, n. 23428; Sez. 1, 4/6/2008, n. 24688; Sez. 3, 8/10/2009, n. 42839; Sez. 6, 4/7/2011, n. 32872).
5. L’epilogo giustifica la condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria stimata di giustizia di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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