Corte di Cassazione sentenza n. 3433 del 5 marzo 2012
IMPOSTE DIRETTE – SPONSORIZZAZIONE DI UN PILOTA – COSTITUISCE SPESA DI RAPPRESENTANZA
massima
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Le spese sostenute per sponsorizzare l’attività di un pilota professionista di corse automobilistiche non costituiscono spese di pubblicità ma di rappresentanza e, pertanto, sono soggette alle limitazioni della deducibilità previste per queste ultime.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:
Con sentenza del 20 aprile 2010, la CTR dell’Emilia Romagna rigetta l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della Soc. M., operante nel settore dell’impiantistica per imballaggi, e, in fattispecie di rettifica per accertamento di maggior reddito (IVA, IRAP, IRES – 2004), conferma l’annullamento degli avvisi impugnati dalla contribuente.
Afferma che, avendo la Soc. M. sponsorizzato l’attività di un pilota professionista con apposizione sulla vettura da corsa della scritta “M. Packaging Machines Italy”, i relativi costi fruivano della detrazione prevista per le spese pubblicitarie e non della detrazione ridotta per mere spese di rappresentanza.
Propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi per violazione di legge e correlativo vizio di motivazione, l’Agenzia delle entrate;
la contribuente resiste con controricorso e memoria. Con il primo e assorbente motivo, la ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, nel testo vigente ratione temporis, e dell’art. 1362 c.c.
Il rilievo coglie nel segno e consente la delibazione della questione, dando continuità al principio secondo cui:
“Alle sponsorizzazioni sportive si applica l’attuale art. 108 (ex art. 74, comma 2) T.U.I.R. essendo, in tutto e per tutto, equiparate alle spese di rappresentanza in quanto effettuate senza che vi sia una diretta aspettativa di ritorno commerciale… (e) idonee al più ad accrescere il prestigio dell’impresa”.
Tale enunciazione si desume dalla decisione di questa Sezione n. 8679 del 15 aprile 2011, nella quale condivisibilmente si legge:
“Questa sezione ha ripetutamente affermato (Sez. 5, Sentenza n. 21270 del 07/08/2008; Sentenza n. 17602 del 27/06/2008; Sez. 5, Sentenza n. 9567 del 23/04/2007) che costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta. In definitiva, si ritiene debbano farsi rientrare nelle spese di rappresentanza quelle effettuate senza che vi sia una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e che vadano, invece, considerate spese di pubblicità o propaganda quelle altre sostenute per ottenere un incremento, più o meno immediato, della vendita di quanto realizzato nei vari cicli produttivi ed in certi contesti, anche temporali. Il criterio discretivo va, dunque, individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d’immagine ed il maggior prestigio nonchè con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto. Alla luce di tale principio le spese di sponsorizzazione in questione, in quanto idonee al più ad accrescere il prestigio dell’impresa (…), vanno ritenute spese di rappresentanza, deducibili nei limiti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74, comma 2”.
Nella specie, la Soc. contribuente, operante nel diversissimo settore dell’impiantistica per imballaggi, non ha allegato e provato qualsivoglia “diretta aspettativa al ritorno commerciale” che potesse essere ragionevolmente riconducibile all’attività di un pilota professionista e all’apposizione sulla vettura da corsa della scritta “M. Packaging Machines Italy”.
Nè ha spiegato, neppure in memoria, quale potesse essere la concreta finalità d’incremento commerciale, concernente la produzione d’impiantistica per imballaggi, nel contesto delle corse automobilistiche.
La sentenza d’appello si è discostata dagli enunciati principi e va, dunque, cassata anche con riferimento al contenzioso sull’IVA, atteso che non è ammessa in detrazione l’imposta relativa alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per un costo unitario non superiore a Euro 25,82 (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1, lett. h).
A nulla rileva la risoluzione ministeriale del 1992, invocata dalla controricorrente in memoria (pag. 3 p.5), trattandosi di atti interni alla P.A. di cui sono ignote le modalità essenziali d’eventuale ingresso nel giudizio di merito, atteso che nulla la contribuente riferisce, in difetto di autosufficienza, e nulla, comunque, risulta dalla sentenza d’appello. Inoltre, del tutto non conferenti sono i richiami giurisprudenziali contenuti in memoria (pag. 3 p.6), ma completamente estranei al thema decidendum (Cass. n. 428 del 1996 riguarda i corrispettivi percepiti dall’impresario di spettacoli sportivi per le sponsorizzazioni e per la cessione dei diritti di ripresa e trasmissione radiotelevisiva quale base imponibile dell’imposta sugli spettacoli; Cass. n.7294 del 2006, invece, si occupa dell’inammissibilità dell’appello).
Infine, non risulta che la disapplicazione delle sanzioni, pure invocata dalla Soc. contribuente in memoria (pag. 4 p.8), rientrasse nel perimetro del giudizio di merito, atteso che nulla la contribuente riferisce sul punto, in difetto di autosufficienza, e nulla, comunque, risulta dalla sentenza d’appello.
Concludendo, il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del primo motivo/ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate; il secondo motivo, denunciante meri vizi motivazionali, resta assorbito.
Da tutto ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello senza rinvio, stante la manifesta infondatezza del ricorso introduttivo della parte contribuente che consente la pronuncia immediata nel merito ex art. 384 c.p.c.
Nell’evoluzione della vicenda processuale si ravvisano giusti motivi per compensare le spese delle fasi di merito, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; condanna la parte contribuente alle spese del giudizio di legittimità liquidate, a favore dell’Agenzia delle entrate, in Euro 1.500 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.
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