Corte di Cassazione sentenza n. 3526 del 7 marzo 2012
ACCERTAMENTO – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEI CONIUGI ANCHE DOPO LA SEPARAZIONE
massima
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La dichiarazione dei redditi presentata dai coniugi in maniera congiunta fa scattare la responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione finanziaria anche se al momento dell’accertamento è intervenuta la separazione legale o il divorzio.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.E. proponeva ricorso nel 2001 avverso avvisi di accertamento per IRPEF ed ILOR relativi agli anni 1994, 1995, 1996 notificati al marito di questa, F.G., con il quale la stessa aveva presentato dichiarazione congiunta per gli anni considerati, separandosi poi legalmente dallo stesso nel 1997, e comunicati alla medesima unitamente ad una istanza di misure cautelari avanzate anche nei suoi confronti dall’Ufficio Entrate di Treviso.
Sosteneva la contribuente la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per Fanno 1994 e la inapplicabilità nei suoi confronti della responsabilità solidale L. n. 114 del 1977, ex art. 17, in quanto gli accertamenti riguardavano unicamente la attività imprenditoriale del marito, alla quale era rimasta estranea.
La Commissione Tributaria Provinciale di Treviso accoglieva il ricorso.
Proponeva appello l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale del Veneto con sentenza n. 10/24/ 06 in data 26-1-06 depositata il 6-4-06, lo accoglieva, confermando gli avvisi d accertamento.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la M., con tre motivi.
Resiste la Agenzia delle Entrate con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione della L. n. 114 del 1997, art. 17, comma 5, e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Afferma che nella specie la responsabilità solidale di cui alla citata disposizione di legge non era applicabile ad essa ricorrente, in quanto detto vincolo deve intendersi limitato al reddito esposto nella dichiarazione, senza possibilità di estensione ad obbligazioni derivanti da un successivo accertamento di maggiori redditi operato nei confronti dell’altro coniuge. In tal caso, infatti, la solidarietà si tradurrebbe in una sorta di responsabilità oggettiva, con violazione dei principi costituzionali afferenti la capacità contributiva.
Sostiene che tale tesi non è ostacolata dalle pronunce della Corte Costituzionale, che pure avevano negato la incostituzionalità della norma citata, e che trova conforto oltre che nella giurisprudenza di merito anche in una pronuncia di questa Corte (n. 19056 del 2006).
Con il secondo motivo deduce violazione del citato art. 17 sotto diverso profilo.
Sostiene che la notifica degli avvisi di accertamento al coniuge ove operata come nella fattispecie ai sensi del D.P.R. n. 600, art. 60, lett. e), ed art. 140 c.p.c., costituendo una presunzione di conoscenza carico dell’interessato, non può avere valore nei confronti del coniuge separato non convivente, fatto che si tradurrebbe in una doppia presunzione.
Con il terzo motivo deduce omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio, sostenendo che la affermazione della CTR secondo la quale non era sussistente la decadenza dell’Ufficio dal potere di rettifica della dichiarazione relativa al 1994 per violazione del termine quinquennale in quanto la notifica dell’avviso di accertamento era stata effettuata regolarmente al marito nei termini (29-12-1999) era apodittica ed insufficiente, in quanto risultava dagli atti che gli avvisi di ricevimento degli avvisi di deposito di cui all’art. 140 c.p.c., non erano stati ricevuti dal predetto, il quale non li aveva sottoscritti, e quindi che la procedura di notifica non era stata perfezionata, risultando nulla.
Il primo motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte è unanime nel ritenere che “qualora i coniugi non legalmente ed effettivamente separati presentino, a norma della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, “su un unico modello la dichiarazione dei redditi di ciascuno di essi”, i relativi accertamenti in rettifica, aventi ad oggetto, perciò, “i redditi di ciascuno di essi”, “sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati” nei confronti del marito, cui è notificata “la cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche iscritta nei ruoli”; “per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito”, all’esito del detti accertamenti in rettifica, i coniugi sono responsabili in solido. La responsabilità solidale dei coniugi, pertanto, è riferita ai “redditi di ciascuno di essi” come accertati dall’amministrazione finanziaria e successivamente iscritti a ruolo, sicchè la responsabilità solidale della moglie si estende alle obbligazioni derivanti dall’accertamento, successivo alla dichiarazione congiunta, di un maggior reddito a carico del marito; nè la disciplina si pone in contrasto con i principi di eguaglianza e di capacità contributiva, atteso che l’accertamento riguarda un reddito omesso, o infedelmente indicato, nella dichiarazione congiunta, frutto di libera scelta del contribuente, e neppure con il diritto di difesa della moglie, la quale può tutelare i propri diritti in sede di impugnazione dell’atto conseguente all’avviso di accertamento notificato al marito, ancorchè questo sia divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte del coniuge” (ex multis Cass. n. 28856 del 2010).
Del pari pacifico, nè la ricorrente lo contesta, che la vicende del matrimonio successive alla dichiarazione sono irrilevanti in ordine alla applicazione del disposto di legge.
Il tenore del testo legislativo, che ha resistito a svariate eccezioni anche concernenti l’art. 53 Cost., non consente interpretazione diversa. Infine, la sentenza citata dalla ricorrente (n. 19056 del 2006) non è in alcun modo favorevole alla tesi dalla stessa prospettata, in quanto, pur in una peculiare fattispecie, non mette in dubbio, ed anzi conferma, la validità ed applicabilità piena della solidarietà in capo ad un coniuge per le somme dovute al fisco dall’altro coniuge codichiarante.
Il secondo motivo pure non è fondato. Per costante giurisprudenza di questa Corte “Nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, a norma della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, secondo il quale gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati nei confronti del marito, mentre i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento di imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito, la moglie, coniuge codichiarante, è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito – cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per la coniuge -, venendo altrimenti vulnerato il diritto di difesa della moglie, che rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi a quell’accertamento, e non ostando a ciò la circostanza che l’avviso di accertamento debba essere notificato al marito. Perchè insorga la responsabilità solidale della moglie codichiarante, quindi, non è necessario che le sia notificato l’avviso di accertamento, restando comunque inalterato il suo diritto di impugnare autonomamente, anche mediante l’impugnazione dell’avviso di mora a lei diretto, l’accertamento notificato al marito”. (v. Cass. n. 29709 del 2007), Ne consegue che le doglianze della ricorrente sono infondate, in quanto la stessa non risulta pregiudicata dalla notifica dell’atto di accertamento al marito, anche quando la stessa più non conviva con lui e sia ignara del fatto, potendo impugnare, anche per il merito, il primo avviso a lei successivamente notificato ( anche un avviso di mora).
Rimane pure assodato, in quanto deriva direttamente dalla legge, che il termine di decadenza del potere impositivo è rapportato unicamente alla notifica nei confronti del marito, unico soggetto nei cui confronti la notifica è dovuta, non essendo necessaria la notifica anche all’altro coniuge nei termine di cui sopra.
Il terzo motivo è in primo luogo inammissibile per mancanza del “momento di sintesi” di cui all’art. 366 c.p.c., applicabile “ratione temporis”.
Peraltro, lo stesso sarebbe ugualmente infondato, in quanto la motivazione della CTR sul punto, per quanto concisa, non necessitava di ulteriore specificazione, in quanto, dalla trascrizione delle controdeduzioni in appello effettuata in ricorso, emerge che non era stata formulata alcuna censura in ordine alla ritualità della notifica effettuata al marito, di cui si disconosceva esclusivamente il rilievo nei confronti della consorte in ordine alla decorrenza del termine di decadenza, L’eccezione di mancata sottoscrizione da parte del marito degli avvisi di deposito risulta quindi formulata per la prima volta in questa sede, ed è pertanto inammissibile, risultando in aggiunta carente di autosufficienza in mancanza di deposito degli avvisi.
Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese in favore della Amministrazione, liquidate in Euro 4.000. oltre spese prenotate a debito.
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