Corte di Cassazione sentenza n. 37334 del 26 giugno 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – DATORE DI LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ PENALE DEL CAPOCANTIERE – RSPP
massima
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Vi è la responsabilità del RSPP del delitto di lesione personale colposa in danno di lavoratore infortunatosi, in quanto il RSPP ha previamente segnalato la necessità di eliminare la situazione di rischio che ha determinato l’infortunio, ma non ha poi verificato l’adeguatezza dei rimedi da altri adottati.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza, in data 26.09.207, il Tribunale di Napoli dichiarava MA.Fr., M.F., P.F. e ME.Ma. (non ricorrente) colpevoli del reato di lesioni perdonali colpose, con violazione delle norme antinfortunistiche, in pregiudizio di D.M.I., operaio, dipendente della ditta C.M.S. Costruzioni e Montaggi s.a.s. di M. M. e &, il quale, mentre si trovava all’interno del cantiere di lavoro per effettuare lavori di pitturazione delle travi in ferro, spostava, al fine di trasportare il trabattello, una lamiera che era stata posta a copertura di una buca senza alcuna segnalazione della situazione di pericolo e senza l’adozione di alcuna cautela antinfortunistica, precipitando da un’altezza di circa dieci metri e riportando lesioni personali che ne determinavano un’invalidità permanente.
Il MA., il M. ed il P. sono stati ritenuti responsabili nella loro rispettiva qualità, il primo di capo cantiere della impresa Impregilo s.p.a. ed il secondo di responsabile del servizio prevenzione e protezione della stessa società, committente dei lavori, ed il terzo di capocantiere della E.M. s.p.a. appaltatrice dei lavori.
La Corte d’Appello adita dal MA., M. e P., in riforma dell’appellata sentenza, dichiarava n.d.p. nei loro confronti in ordine ai reati ascritti per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione e confermando le statuizioni civili.
Ricorrono in cassazione i tre imputati.
Il MA. ed il M., con due distinti atti, rispettivamente a firma degli avv.ti. G.Z. e A.P., con un primo motivo del ricorso avv. Z. e con l’unico del ricorso a firma P., denunciano violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 547/1955, artt. 8 e 10 nonchè vizio di motivazione. Si premette che l’errore di base, sia della sentenza di primo che di secondo grado, è quello di avere equiparato, ai fini dell’applicazione della normativa antinfortunistica, le posizioni e relativi obblighi specifici dei datori di lavoro della Committente Impregillo s.p.a., della Appaltatrice E. M. s.p.a. e della sub appaltatrice CMS Costruzioni s.a.s.
La motivazione addotta dalla Corte del merito si limita a richiamare, quanto alla responsabilità di non avere apposto la segnalazione di pericolo per la presenza della buca, il disposto del D.P.R. n. 547/1955 art. 8 omettendo l’analisi del disposto del successivo art. 10, in base al quale le aperture esistenti sul suolo o nei pavimenti o nei luoghi di lavoro o di passaggio devono essere provviste di solide coperture atte ad impedire la caduta. Quando dette misure non siano attuabili, le buche devono essere appositamente segnalate.
Ebbene, è rimasto acquisito, come riportato anche in sentenza, che la buca di cui trattasi era coperta da pesanti lamiere grecate sovrapposte del peso di oltre 90 Kg. E’ evidente, dunque, che era stato assolto l’obbligo previsto dalla prima parte del citato art. 10.
Quanto alla posizione specifica del MA., nella sua qualità di capocantiere (erroneamente in ricorso viene indicato come datore di lavoro) della Committente, si evidenzia che l’obbligo di coordinamento tra la committente e la ditta appaltatrice, come previsto dal D.Lgs. n. 626/1994, art. 7, comma 2, non si estende ai rischi specifici propri delle attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Pertanto, l’assunto contenuto nella sentenza impugnata, secondo il quale l’obbligo di informazione e formazione nei confronti del lavoratore spettava anche alla committente Impregillo s.p.a., è viziato da una erronea interpretazione del richiamato art. 7. Quindi, a prescindere dall’idoneità delle lamiere grecate apposte sulla buca, la scelta in merito al tipo di protezione da approntare era prerogativa esclusiva del datore di lavoro del D.M., atteso che alla committente spettava unicamente l’individuazione del rischio ed il coordinamento delle lavorazioni affidate alla impresa appaltatrice E.M.s.p.a.. Peraltro, la Corte ha omesso di motivare in ordine al rilievo difensivo che il foro era stato progettato ed eseguito dalla E. M. s.p.a. e che alla data dell’infortunio era tale ditta insieme alla CMS ad operare in quella parte del cantiere.
Con il terzo punto si evidenzia il comportamento imprudente della parte offesa l’unico a determinare l’evento.
Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge nella specie della disposizione del D.Lgs. n. 626/1994, art. 9 e vizio di motivazione.
Con riferimento alla posizione del M. si rileva che, contrariamente a quanto emerge dalla sentenza, il coinvolgimento del R.S.P.P. nel processo penale per infortunio sul lavoro, non può che essere circoscritto a quelle che sono incombenze e compiti specificamente descritti dalla legge, onde evitare il rischio di sovrapposizione di ruoli e di responsabilità con il datore di lavoro. Il M., con riferimento ai compiti propri del R.S.P.P., prescritti dal D.Lgs. n. 626/1994 art. 9, chiedeva in data 4.04.2000 integrazioni al Piano Particolareggiato di Sicurezza redatto dalla appaltatrice E. M. s.p.a. a dimostrazione di un’attenta e precisa disamina della documentazione ricevuta, proprio in relazione alla fase di montaggio delle lamiere di copertura.
Il P.F. denuncia violazione di legge nel non avere la Corte d’Appello tenuto conto delle dichiarazioni del M. secondo cui fu il medesimo a chiedere alla E. M. s.p.a. di apporre a copertura della buca una protezione idonea e di avere accertato che tale richiesta venne realizzata adeguatamente dalla Metallo con lamiere pesanti difficilmente rimuovibili. Ha altresì affermato il M. di aver saputo dal P. di avere informato il D.M. della presenza dei fori.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vanno accolti i ricorsi del MA. e del P., mentre va rigettato quello dei M.
Va premesso che, con riferimento alla dedotta violazione di legge (V. ricorsi MA. e M.) del D.P.R. n. 547/1955 art. 8 in rapporto all’art. 10, correttamente il Tribunale, prima e la Corte d’Appello dopo, hanno ritenuto “nodo centrale del processo” quello della adeguatezza del sistema di copertura delle buche, esistenti al piano ove operava la persona offesa, adottato e dell’idoneità dello stesso a segnalare la presenza della buca sottostante. In ordine alla normativa antinfortunistica specifica come contestata, si osserva che le disposizioni di cui al D.P.R. n. 547/1955 art. 8, sanciscono l’obbligo del datore di lavoro, o di chi per esso, di dotare i luoghi di lavoro, ove sono presenti zone di pericolo e rischi di cadute dei lavoratori, di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati vi accedano, o di prendere misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere a tali zone (commi 6, 7 e 8) e, comunque, segnalare tali zone in modo chiaramente visibile;
per quanto riguarda lo specifico pericolo determinato dalla presenza di bucheri comma 9, stesso art. 8 stabilisce che i pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
L’art. 10, stesso D.P.R. stabilisce che “le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi o degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo”. Ordunque, per il caso di specie, dato di fatto certo è che il sistema di copertura adottato era stato quello di appoggiare sulla buca delle lamiere metalliche grecate di notevole peso (circa 90 Kg.) In fatto è rimasto, altresì, pacificamente acquisito che l’operaio D.M., non avvedendosi che le lamiere metalliche erano state poste, a copertura di una buca, da solo le spostava, per consentire il passaggio del trabattello dal medesimo trainato, precipitando in basso.
Altro dato fattuale certo è che non vi era alcuna segnalazione della presenza della buca.
Ebbene, se il D.M. non sapeva che le lamiere coprivano una buca vuoi dire che non era stato informato della loro presenza e del relativo pericolo e che il sistema adottato per coprirle non era idoneo, tant’è che da solo, nonostante la addotta pesantezza, ha spostato le lamiere.
L’aggettivo “solide” utilizzato dall’art. 10 con riferimento alle coperture da dotare le buche presenti sul luogo di lavoro, non può non essere interpretato che nel senso che esse non siano, anche con un certo sforzo, spostabili, o, comunque, di consistenza tale da far capire la funzione cui esse sono destinate. Tale non era quella adottata nel caso sottoposto all’esame del Collegio.
Conseguentemente, accertata la non idoneità di essa, era obbligo del datore di lavoro, o di chi per esso, nel caso in cui non si potesse far ricorso ad un sistema di chiusura più efficace, comunque, di segnalare la presenza della buca.
La Corte d’Appello rileva che i lavoratori, che pure erano stati istruiti, nel corso di un’apposita riunione, sui rischi da caduta dall’alto, non erano stati chiaramente informati del sistema di copertura adottato a protezione delle buche presenti sul piano di calpestio.
Tale mancata informazione nonché il non aver segnalato, in modo visibile come richiede la norma, la presenza della buca si pongono come causa efficiente dell’infortunio occorso al D.M. che avrebbe evitato di spostare le lamiere, se avesse saputo che al di sotto vi era una buca, o lo avrebbe fatto con maggiore cautela evitando di precipitarvi.
Ciò posto, vanno ora analizzati i ruoli ricoperti da ciascun ricorrente onde verificare se gli stessi erano titolari di una posizione di garanzia verso la persona offesa.
Iniziando, con l’esame della posizione del M., in considerazione della sua specifica denuncia di violazione di legge, nella specie della disposizione del D.Lgs. n. 626/1994, art. 9 (V. parte narrativa), deve essere tenuto ben fermo che il D.Lgs. n. 626/1994, art. 8 e art. 9, costituiscono un pilastro del sistema ordinamentale antinfortunistico che affida alla informazione e alla revenzione, organizzate in un servizio obbligatorio, un fondamentale compito per la tutele della salute e della sicurezza dei lavoratori. La necessità di competenze specifiche e di requisiti professionali fissata dal D.Lgs. n. 626/1994, art. 8 bis per i responsabili e gli addetti al servizio in questione è il miglior riscontro della centralità della prevenzione e della informazione nel sistema di tutela della integrità fisica e della personalità morale dei lavoratori, (poi del loro diritto alla salute), che si è andato perfezionando a partire dalla regolazione dell’art. 2087 c.c., poi della L. n. 300/1970 art. 9 e art. 32 Cost., poi della L. n. 833/1978 (artt. 1, 2 e 20 e in particolare art. 24), e si completa col sistema attualmente positivo di D.Lgs. 9 agosto 2008, n. 81, che qui si menziona al solo scopo di sottolineare la continuità della linea di sistema, in materia di tutela della salute e prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (si considerino gli artt. 8, 9, 10, 15 e 28 con riguardo alla funzione della valutazione dei rischi e all’oggetto di tale valutazione, 36). Se dunque risulta stabile nelle diverse stagioni legislative, la configurazione della mappazione dei rischi come strumento essenziale dell’intero sistema antinfortunistico, l’omissione di condotte doverose in relazione alla funzione di responsabile o di addetto al servizio di prevenzione e protezione (Cass. Pen. Sez. 4A 15/2/2007 n. 15226) realizza la violazione dell’intero sistema antinfortunistico, senza che abbia alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una specifica sanzione penale per la violazione di sistema.
Invero, ove da tale violazione discendano lesioni o morte non solo sarà configurabile un concorso in quei delitti -, ma sarà configurabile la specifica aggravante della loro commissione configurata all’art. 590 c.p., comma 5 e art. 589 c.p., comma 2.
E’ quanto è stato contestato e quanto è stato motivatamente e compiutamente accertato nel caso che ne occupa. Infatti,la mancata previsione del rischio e dei mezzi per contenerlo è stata individuata come causa incidente sulla mancata adozione di adeguati presidi oggettivi, di adeguata informazione e in definitiva come causa efficiente nella determinazione dell’evento reato (in proposito Cass. Pen. Sez. 4A 26/10/2007 n. 39567).
E’ pur vero, come rileva la Corte distrettuale, che fu proprio il M. a sollevare la questione della presenza delle buche e di adottare idonei accorgimenti per evitare il pericolo di caduta, ma è altrettanto vero che, una volta effettuata la copertura delle stesse con le lamiere metalliche, non se ne poteva più non interessare, nè poteva omettere di verificare l’adeguatezza (come dimostrata dall’infortunio in concreto verificatosi) del rimedio da altri adottato. Continua la Corte che, a maggior ragione, nel caso di specie, era doveroso per il M. attivarsi per la mancanza di una segnalazione volta a rappresentare una situazione di pericolo per i lavoratori.
Per quanto riguarda le posizioni del MA. e del P., l’uno capocantiere della Impregilo s.p.a., committente, e l’altro capocantiere della E. M., appaltatrice dei lavori di carpenteria metallica, i giudici del merito ne hanno ritenuto la responsabilità, come contestata, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui alla figura del capocantiere, prevista dall’ordinamento giuridico a tutela dell’incolumità dei lavoratori, è demandato il ruolo di vegliare sull’esatta applicazione delle norme previste dai rispettivi ordinamenti interni e di essere presente alla esecuzione dei lavori, affinchè gli stessi vengano eseguiti in conformità dell’organizzazione dei lavori stessi e con il rispetto di tutte le norme che la prevenzione degli infortuni e di quelle suggerite dalla comune prudenza.
Motivano il convincimento di colpevolezza sulla considerazione che, essendo il MA. ed il P. a conoscenza della situazione di pericolo de qua, proprio in ragione del ruolo di capocantiere da ciascuno di essi ricoperto, non potevano rimanere inerti di fronte ad una situazione di pericolo, ma dovevano attivarsi per segnalarla sia agli operai, sia al responsabile della sicurezza.
E’ bene precisare che se la legislazione antinfortunistica ha voluto estendere alle varie figure presenti sul luogo di lavoro (preposti, responsabile della sicurezza, coordinatore della sicurezza, etc.) quelli che sono gli obblighi del datore di lavoro per una maggiore e più puntuale tutela del lavoratore dai rischi derivanti dall’attività lavorativa cui è adibito, va però affermato che un personalizzato, equo giudizio d’imputazione può essere fondato solo sulla precisa delineazione delle numerose posizioni di garanzia individuate dal sistema della sicurezza del lavoro. Tale opera definitoria costituisce lo strumento per evitare la proliferazione delle imputazioni, che in qualche caso finisce con l’obliterare non trascurabili differenze di ruoli e di sfere di responsabilità.
Ordunque, il richiamo in sentenza alla giurisprudenza di questa Corte (Sezione 4A sentenza n. 15557 dell’1.10.1990, De Niro, Rv. 185854), ancorchè afferente al caso di specie, appare alquanto generalizzato non tenendosi conto di alcune considerazioni riferibili al caso concreto e che cioè il capocantiere è pur sempre un esecutore di ordini, ed anche se su di lui incombe l’obbligo di segnalazione di una situazione di pericolo, una volta espletato tale compito non può certo sindacare la scelta antinfortunistica di colui che ha precipua competenza in materia, quale il preposto al servizio di prevenzione e sicurezza. Nel caso di specie è provato che sia il MA. che il P. erano a conoscenza che la scelta del sistema di copertura delle buche era stato attuato su indicazione del responsabile della sicurezza, M., non si poteva certo chiedere agli stessi un loro parere sulla adeguatezza di esso; in sostanza non era esigibile da parte dei due imputati una condotta che andasse al di là di quelli che erano i compiti ad essi demandati. Si trattava di opinare da parte loro se la copertura, con lamiere pesanti metalliche, rispondeva alle caratteristiche richieste dalla legge (D.P.R. n. 346 del 1955, art. 10); diversamente, se la copertura fosse stata palesemente inidonea o apposta malamente, in quel caso, in ragione dell’obbligo di sorveglianza cui si è fatto riferimento sulla esecuzione dei lavori conformi all’organizzazione dei lavori stessi e con il rispetto di tutte le norme per la prevenzione degli infortuni e di quelle suggerite dalla comune esperienza, sarebbero dovuti intervenire per segnalare la nuova situazione di pericolo o provvedervi essi stessi mediante l’adozione di presidi urgenti (ad es. recinzione dell’area).
In ragione di tanto la sentenza va annullata senza rinvio nei confronti di MA.Fr. e P.F. per non aver commesso il fatto. Al rigetto del ricorso del M.F. segue la sua condanna al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza nei confronti di MA. F. e P.F. per non aver commesso il fatto.
Rigetta il ricorso di M.F. che condanna al pagamento delle spese processuali.
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