Corte di Cassazione sentenza n. 39768 del 4 novembre 2011
RAPPORTO DI LAVORO – PUBBLICO IMPIEGO – SANITA’ – DIFFAMAZIONE E INGIURIA
massima
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Si profila il reato di diffamazione nel caso in cui la dottoressa, nel corridoio dell’ospedale, urli frasi lesive della reputazione e denigratorie nei confronti di un operatore. In tema di delitti contro l’onore, l’elemento psicologico della diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione ma anche nella volontà che la frase denigratoria venga a conoscenza di più persone (Cass. pen. Sez. I Sent., 30/05/2007, n. 27624; Cass. pen. Sez. V Sent., 04/04/2008, n. 16262; Cass. pen. Sez. V, 23/01/2009, n. 19396; Cass. pen., Sez. V, 15/07/2010, n. 36602). Infatti, sul punto, la giurisprudenza (Cass. pen., Sez. V, 04/04/2008, n. 16262) ha precisato che ai fini dell’integrazione del delitto di diffamazione (art. 595 c.p.), si deve presumere la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone qualora il messaggio diffamatorio sia inserito in un sito internet per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti, quale è il caso del giornale telematico, analogamente a quanto si presume nel caso di un tradizionale giornale a stampa, nulla rilevando l’astratta e teorica possibilità che esso non sia acquistato e letto da alcuno. Pertanto è necessario che l’autore della diffamazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento.
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FATTO E DIRITTO
Con sentenza 26.3.10, la corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza 12.11.08 del tribunale della stessa sede, ha assolto, ex art. 530 cpv. c.p.p., V.M., dal reato di diffamazione continuata in danno di P. D. La V., medico in servizio presso l’ospedale di Potenza, responsabile del settore in cui il querelante svolgeva mansioni di operatore, è stata accusata di averne offeso la reputazione, riferendo a più persone che il P. “è una persona pericolosa e ha già violentato due ragazze vi è stato un tentativo di violenza su una terza in passato ha compiuto abusi sessuali sui minorenni”.
La procura presso la corte di appello di Potenza ha presentato ricorso per violazione di legge, in riferimento all’art. 595 c.p. e per mancanza di motivazione.
Secondo il ricorrente, la corte territoriale ha omesso di rilevare come tutte le testimonianze, unitariamente considerate, conducano alla dimostrazione di una sistematica ed intensa campagna di denigrazione nei confronti del P., da inquadrare nell’animosità della donna, determinata da una denunzia del P. agli organi superiori, per alcune irregolarità nella gestione della struttura, attribuite alla medesima.
La corte ha escluso il requisito della comunicazione con più persone, senza tener conto
a) che tale requisito sussiste, nel caso in cui l’agente, rivolgendosi a una sola persona ad alta voce, abbia comunque comunicato con le altre presenti, in modo che percepiscano le sue affermazioni;
b) che per la sussistenza del requisito non è necessario che la propalazione delle frasi offensive avvenga simultaneamente, potendo la stessa realizzarsi in più momenti, nei confronti di più soggetti.
Il ricorso merita accoglimento.
I dati storicamente accertati indicano, che V., parlando con la propria paziente S.M.V., nel corso delle sedute di psicoterapia, l’aveva messa in guardia nei confronti del P., in quanto questi avrebbe abusato sessualmente di una ragazza.
Il teste B., in servizio presso il medesimo centro sanitario della V., ha riferito che la dottoressa, ad alta voce, in un corridoio dell’ospedale, in presenza di molte persone, aveva affermato che il P. aveva violentato alcune ragazze e aveva tentato di abusare sessualmente di un’altra.
La corte ha ritenuto che, in relazione a quanto riferito dalla S., mancava l’elemento della comunicazione con più persone e in relazione a quanto riferito dal B., questi non aveva indicato alcuna delle persone presenti all’episodio.
La sentenza impugnata è erronea, in quanto , secondo un condivisibile orientamento interpretativo, il requisito della comunicazione con una pluralità di persone sussiste, sotto più profili
a) se la diffusione tra più persone delle notizie e delle valutazioni sia avvenuta anche non simultaneamente (sez. V, n. 31728 del 16.6.04);
b) se la comunicazione lesiva sia avvenuta a voce alta, tanto da poter essere sentita dalle persone presenti nel luogo e nel momento della esternazione (nel caso in esame, nel corridoio dell’ospedale, percorso in quel momento da operatori, infermieri, medici e pazienti (sez. V. n. 36602 del 15.7.2010, rv 248431; sez. V, n. 10263 del 6.10.1981, rv 150986)).
L’esame dei potenziali ascoltatori delle indimostrate gesta del P. non costituisce alcuna ineludibile esigenza istruttoria, trattandosi di reato, unanimemente ritenuto di pericolo, la cui consumazione non necessita dell’effettiva percezione delle dichiarazioni offensive, essendo sufficiente che l’imputato abbia manifestato il proprio pensiero con la consapevolezza e con la volontà che questo venga a conoscenza di altri.
La sentenza va quindi annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Salerno.
P.Q.M.
Annulla la sentenza con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Salerno.
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