CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 settembre 2013, n. 39873
Tributi – Reati fiscali – Deduzione costi fittizi – Fatture relative ad operazioni inesistenti – Frode fiscale – Concorso del commercialista – Sussiste
Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 7.5.2012, ha confermato la sentenza 24.6.2011 del Tribunale di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di P.P.R. in ordine ai reati di cui:
– all’art. 2 d.Lgs. n. 74/2000, (per avere – quale commercialista consulente della società cooperativa a resp. lim. “S.” – indicato, nelle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte dirette riferite agli anni dal 2004 al 2006, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture relative ad operazioni inesistenti emesse dalla s.r.l. “E.C.” in liquidazione e dalla s.r.l. “G. Service” – in Buccinasco, il 24.10.2005, il 29.10.2006 ed il 7.9.2007) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche ed unificati i reati medesimi nel vincolo della continuazione, ex art. 81 cpv. cod. pen. – lo aveva condannato alla pena complessiva principale di anni uno, mesi sei di reclusione ed alle pene accessorie di legge, concedendo il beneficio della sospensione condizionale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del P., il quale – sotto i profili della violazione della legge processuale e del vizio di motivazione – ha eccepito:
– la inutilizzabilità del verbale di accertamento redatto dalla Guardia di Finanza, che sarebbe stato illegittimamente valutato ai fini probatori anche nella parte non riguardante atti irripetibili;
– la illegittima valutazione delle dichiarazioni rese il 17.4.2007 da I.N., responsabile dell’amministrazione e contabilità della società “S.”, in quanto erroneamente sarebbe stato attribuito carattere di accertamento amministrativo al relativo verbale;
– la violazione dell’art. 195 cod. proc. pen., per avere i giudici del merito illegittimamente valutato le dichiarazioni asseritamente rese da I.N., il cui contenuto era stato riferito al dibattimento dal verbalizzante maresciallo F. in carenza dell’escussione diretta della persona medesima;
– la insussistenza di elementi di responsabilità a carico dell’imputato, ed in particolare dell’elemento soggettivo del reato.
Considerato in diritto
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Infondate sono le addotte violazioni dell’art. 195 cod. proc. pen.
Va evidenziato, al riguardo che la pronunzia di responsabilità penale dell’imputato si fonda, oltre che sulle dichiarazioni rese al dibattimento dal maresciallo F., anche sulla documentazione legittimamente acquisita in sede di verifica fiscale.
Legittima è l’utilizzazione degli “atti irripetibili” compiuti dalla polizia giudiziaria, nel cui novero rientrano quelli mediante i quali la P.G. prende diretta cognizione di fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili di modificazione: ciò si riferisce, nella fattispecie in esame, all’acquisizione delle dichiarazioni fiscali e delle fatture confluite nelle stesse, nonché alle attività attraverso le quali è stata constatata la insussistenza di una qualsiasi organizzazione aziendale delle società che formalmente avevano avuto rapporti commerciali con la cooperativa “S.”.
E’ incontestato che dette società (la “E.C.” e la “G. Service”) erano esclusivamente delle “cartiere”, in quanto: non avevano dipendenti, né magazzino o capannone, non avevano fatto acquisti di macchinari o apparecchiature per svolgere l’attività sociale, non conservavano fatture per utenze elettriche e telefoniche, non avevano alcuna documentazione bancaria riferibile ad effettive movimentazioni.
Le fatture emesse dalle società medesime a favore della “S.” erano state rinvenute dalla Guardia di Finanza (conservate in una cartella separata) in occasione di una verifica fiscale effettuata nei confronti della s.p.a. “S.S.”, che aveva sede nello stesso immobile e nella quale il P. aveva rivestito la carica di presidente del collegio sindacale almeno fino al 2005, mentre la sede della emittente s.r.l. “E.C.” era sita proprio nell’ufficio del P..
Il verbalizzante ha correttamente riferito circa gli accertamenti effettuati su tali circostanze.
2. Nell’anzidetto contesto accertativo I.N. ebbe a dichiarare che l’imputato aveva dato disposizioni per la sostituzione delle fatture (che i verbalizzanti avevano già potuto esaminare e delle quali avevano già tratto fotocopie in occasione della verifica effettuata presso la s.p.a. “S.”) con documenti intestati a “fornitore sospeso al fine di occultare i dati di riferimento e di ostacolare il controllo incrociato
Ciò e stato riferito dal maresciallo F. e l’avvenuta sostituzione documentale e rimasta documentalmente accertata; resta l’indicazione dell’imputato quale ispiratore della condotta (ingenuamente) fraudolenta. La circostanza è tutt’altro che determinante nella complessiva valutazione dell’attività del P.; sul punto, comunque esattamente la Corte di merito ha rilevato che la testimonianza indiretta è utilizzabile qualora (come nel caso in esame) nessuna parte abbia chiesto espressamente che il teste di riferimento fosse chiamato a deporre (vedi Cass., sez. fer., 6.10.2008, n. 38076).
3. La sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati risulta razionalmente dedotta, secondo quanto illustrato nelle due sentenze di merito con motivazione adeguata dalle circostanze che il P. aveva redatto i bilanci e le dichiarazioni fiscali della cooperativa “S.” ed era ben consapevole del ruolo di mere “cartiere” svolto dalla emittente s.r.l. “E.C.” (la cui sede sociale coincideva con il proprio ufficio) e dalla emittente s.r.l. “G.S.” (la cui sede sociale coincideva con l’indirizzo di un amministratore nel frattempo deceduto).
Le fatture, inoltre, già in sé stesse, erano oggettivamente tali da indurre sospetto in un commercialista appena avveduto, poiché in esse le attività fornite, a fronte di importi considerevoli, erano solo genericamente descritte.
Gli ulteriori elementi significativi di frode riferiti dalla N. sono pertanto di mero contorno nella configurazione di un’attività dolosa già esaurientemente delineata.
4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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