Corte di Cassazione sentenza n. 401 del 10 gennaio 2013
TRIBUTI – IRAP – SCONTO COMMERCIALE – SCONTO PRATICATO AL CLIENTE – NATURA COMMERCIALE – SCONTI DI NATURA FINANZIARIA – INCONFIGURABILITA’ – INDICAZIONE IN FATTURA E NELLA CONTABILITA’ – DEDUCIBILITA’- SUSSISTE
massima
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L’indicazione in fattura dell’effettivo importo di vendita – nonché dello sconto praticato per pervenire ad esso -, e la sua corrispondenza a quanto contabilizzato nel libro giornale come ricavo di vendita, inducono a ritenere non corretta la qualificazione degli sconti in esame come sconti finanziari, e non come sconti commerciali, operata dal giudice d’appello in forza di rinvio, non meglio argomentato sul punto rilevante, “alle valutazioni del giudice di prime cure”, “integralmente condivise nel merito” .
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La spa D., già IMS srl, ricorre, sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia che, rigettandone l’appello, nel giudizio introdotto con l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale venivano recuperati a tassazione ai fini dell’IRAP per il 1999 quote di reddito perché costituenti sconti finanziari, indeducibili a norma dell’art. 5 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ha appunto riconosciuto agli sconti natura finanziaria, ritenendoli perciò indeducibili e soggetti all’imposta.
Il giudice d’appello, accolta preliminarmente l’eccezione, sollevata dall’amministrazione all’udienza del 17 giugno 2009, di inammissibilità della produzione documentale della contribuente del precedente 13 maggio, perché costituente prova “nuova” in appello, rilevava infatti cerne lo sconto praticato ai clienti italiani era risultato strettamente connesso al momento del pagamento, “come si evinceva dal fatto che la misura variava a seconda del tempo intercorrente tra la data di emissione della fattura ed il pagamento”, sicché i relativi importi dovevano affluire alla base imponibile IRAP; quanto agli sconti praticati in dipendenza di pagamenti anticipati sulle vendite estere, la natura meramente finanziaria degli stessi era “confermata dal fatto che le maggiori agevolazioni accordate erano da ritenersi legate al fatto di poter disporre immediatamente e senza esposizioni di sorta di mezzi finanziari per fronteggiar esigenze produttive aziendali”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente denuncia la violazione dell’art. 58 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deducendo che i documenti erano stati prodotti nel termine prescritto, e cioè entro venti giorni liberi prima dell’udienza di trattazione della causa.
Con il secondo motivo censura la decisione per vizio di motivazione, per non aver reso conto dell’iter logico giuridico che aveva portato alla statuizione: per avere, cioè, trascurato quegli elementi dedotti dalla parte che, se considerati, avrebbero portato con certezza a conclusioni diametralmente opposte. In particolare, non era stato indicato un solo elemento dì fatto dal quale sarebbe stato tratto il convincimento che lo sconto praticato ai clienti italiani era risultato strettamente connesso al momento del pagamento, di talché il principio espresso avrebbe assunto carattere apodittico ed, in quanto tale, del tutto sfornito di motivazione.
Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2425 c.c. e 4 e segg. della legge 15 dicembre 1997, n. 446, assume che la documentazione richiamata dalla Commissione tributaria regionale avrebbe evidenziato che la contabilizzazione a libro giornale alla voce “ricavo di vendita” corrispondeva esattamente all’importo, già comprensivo di sconto, indicato in fattura, e quindi che lo sconto era concesso al cliente già in fattura al momento della vendita della merce. Lo sconto, quindi, in deroga alle pattuizioni contrattuali formali, veniva comunque concesso da subito ai clienti, sia italiani che esteri.
Il terzo motivo del ricorso è fondato.
Come si rileva dalla sentenza impugnata, l’Agenzia delle entrate non aveva contestato in appello “la corrispondenza tra importo di fattura e contabilizzazione della stessa alla voce “Ricavo di vendita”, ma non ritenendo appagante l’esibizione di “una parte delle fatture commerciali e correlativi fogli di giornale”, lamentava che non fosse stata prodotta “alcuna documentazione in ordine al pagamento delle stesse fatture”. L’amministrazione in quella sede, come si legge nel controricorso, aveva infatti osservato “che correttamente la CIP aveva preso atto che le fatture commerciali emesse trovavano corrispondenza nel libro giornale”.
L’indicazione in fattura dell’effettivo importo di vendita – nonché dello sconto praticato per pervenire ad esso -, e la sua corrispondenza a quanto contabilizzato nel libro giornale come ricavo di vendita, inducono a ritenere non corretta la qualificazione degli sconti in esame come sconti finanziari, e non come sconti commerciali, operata dal giudice d’appello in forza di rinvio, non meglio argomentato sul punto rilevante, “alle valutazioni del giudice di prime cure”, “integralmente condivise nel merito” .
Base imponibile dell’IRAP, ai sensi degli art. 4 e 5 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, è infatti il “valore della produzione netta”, determinata con riguardo alla somma delle voci in essa classificabili in base all’art. 2425, primo comma, lett. A), c.c., che al n. 1 elenca appunto i “ricavi delle vendite e delle prestazioni”, i quali – “i ricavi e i proventi, i costi e gli oneri…” – sono indicati in tale voce, a norma del successivo art. 2425-bis, “al netto degli sconti, abbuoni e premi..”
Anche alla luce del documento interpretativo n, 1 del principio contabile nazionale PC-Oic n. 12 – principi aventi qui il carattere di regole tecniche, di ausilio nell’interpretazione; i principi contabili sono peraltro richiamati in tema di redazione del bilancio e del conto economico proprio ai fini della determinazione della base imponibile IRAP dal citato art. 5 del D.Lgs. n. 446 del 1997 (segnatamente, al comma 2, i principi contabili internazionali, e quindi al comma 5), nel testo introdotto dall’art. 1, comma 51, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, ma tuttavia utilizzabile come criterio ermeneutico della previgente disciplina della materia -, gli sconti al netto dei quali sono indicati i ricavi di vendita relativi alla gestione caratteristica dell’impresa, compresi nel “Valore della produzione” del conto economico di cui agli artt. 2425 e 2435-bis cod. civ., sono definiti, del resto, “quelli di natura commerciale, non gli sconti di natura finanziaria (ad esempio: sconto di cassa per pagamento contanti) che costituiscono oneri finanziari da rilevare alla voce C 17” dello schema del conto economico stesso.
Il terzo motivo va pertanto accolto, assorbito l’esame del primo e del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo, mentre si ritiene di compensare fra le parti le spese per i gradi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente.
Condanna l’amministrazione al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.500, di cui euro 100 per esborsi.
Dichiara compensate fra le parti le spese relative ai gradi di merito.
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