Corte di Cassazione sentenza n. 4027 del 14 marzo 2012
TARSU – ISTITUTI ECCLESIASTICI – ESENZIONE PER LUOGHI DI CULTO IN SENSO STRETTO
massima
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Gli istituti ecclesiastici sono esenti dall’imposta solo nel caso in cui siano luoghi di culto in senso stretto. Restano fuori dal beneficio fiscale le università e gli altri luoghi dove si produce spazzatura. La tassa sui rifiuti – nonostante le alterne vicende che l’hanno vista passare da tributo a tariffa e da tariffa a tributo nell’evoluzione normativa «che ne ha caratterizzato la disciplina dal d.p.r. n. 507/1993, al d.lgs. n. 22/1997, al d.lgs. n. 152/2006 e, infine, all’art. 15 d.l. n. 201/2011 (c.d. decreto “Salva-Italia”, convertito con legge n. 214/2011) – ha avuto sempre, e in particolare a partire dalla disciplina dettata con il c.d. “decreto Ronchi”, una valenza specifica di corrispettivo di un servizio legato alla qualità e quantità dei rifiuti prodotti dal soggetto passivo, articolandosi in una “quota fissa”, commisurata alle necessità pubbliche di erogazione del servizio, ed in una “quota variabile”, commisurata ai rifiuti prodotti. In altri termini, è la produzione e il conferimento di rifiuti la ratio dell’imposizione e, al tempo stesso, delle relative agevolazioni. La condizione oggettiva di esclusione dell’immobile concerne gli edifici dell’università destinati al culto (edifici che l’art. 10 del Regolamento comunale di Roma n. 24/2003 sulla applicazione sperimentale della Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani esclude dal calcolo delle superfici, ma sempre perché ritenuti «incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti»).
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Svolgimento del processo
La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini TARSU per gli anni 2001-2002 a carico della Pontificia Università Gregoriana per i locali siti in (omissis) , adibiti a Pontificia Università, avviso contestato dall’ente preteso debitore in ragione della reclamata esenzione ad esso spettante ai sensi dell’art. 16 del Trattato lateranense.
La Commissione adita rigettava il ricorso, ritenendo che l’esenzione potesse riguardare esclusivamente gli edifici destinati al culto. L’appello dell’ente era accolto con la sentenza in epigrafe, che riteneva sussistente l’esenzione sulla base delle norme del Trattato lateranense.
Avverso tale sentenza il Comune di Roma propone ricorso per cassazione con cinque motivi. Resiste la Pontificia Università Gregoriana con controricorso, illustrato anche con memoria.
Motivazione
Con il primo motivo di ricorso, il Comune lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 24, D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto la Pontificia Università Gregoriana avrebbe dedotto solo in appello che la pretesa esenzione trovava fondamento nell’art. 16 del Trattato lateranense.
Il motivo non è fondato, non trattandosi di domanda nuova, ma di una diversa qualificazione giudica del fatto da cui non deriva alcun ampliamento del thema decidendum, che rimane ancorato alla dedotta pretesa di esenzione soggettiva dal tributo.
Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, il Comune lamenta vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 7, L. n. 121 del 1985, affermando che contraddittoriamente il giudice di merito abbia valutato la rilevanza ai fini dell’esenzione di un supposto fine di religione e di culto dell’ente, pur evidenziando che le attività “diverse” non si sottrarrebbero all’imposizione.
Le censure non sono fondate, in quanto con chiarezza la sentenza impugnata radica la propria decisione sulla regola stabilita dall’art. 16 del Trattato late-ranense, essendo ogni altra argomentazione svolta come ulteriore illustrazione delle ragioni della decisione, la quale tuttavia resta adeguatamente e sufficientemente sorretta dalla rado principale, costituita appunto dal richiamo alla norma pattizia del Trattato.
Con il quarto motivo di ricorso, il Comune lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe riportato nella concisa esposizione dei fatti la circostanza che in primo grado erano stati riuniti due distinti ricorsi proposti dall’ente, uno avverso il Comune di Roma per l’avviso di accertamento 2001-2002 e l’altro verso l’AMA per l’anno 2005.
Il motivo non è fondato. La sentenza impugnata riporta correttamente le questioni discusse nel giudizio e da conto tanto delle difese del Comune, quanto delle difese dell’AMA, così dando atto della presenza di entrambi nel giudizio e degli atti impositivi oggetto dell’impugnazione, l’avviso di accertamento e la cartella, nonché delle eccezioni sviluppate dalla parte appellante. Del tutto irrilevante è la precisazione della avvenuta riunione di due diverse impugnazioni, stante anche l’identità delle questioni trattate. Con il quinto motivo di ricorso, il Comune denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62, 68 e 73, D.Lgs. n. 507 del 1993, in combinato disposto con gli artt. 3 e 4, comma 4, del Regolamento comunale adottato con delibera n. 143 del 2001, per non aver il giudice di merito correttamente in-terpretato l’art. 16 del Trattato lateranense, facendone derivare tout court una esenzione in materia di TARSU, che non è prevista specificamente dal legislatore.
Il motivo è fondato, per le seguenti considerazioni.
L’art. 16 del Trattato lateranense – che non ha subito modificazioni a seguito dell’Accordo di Villa Madama del 1984 (con il quale è stata attuata la c.d. “revisione concordataria”) stabilisce che l’immobile adibito a sede dell’Università Gregoriana, come gli altri immobili nella stessa norma elencati e adibiti a sedi di istituti pontifici, non sarà mai assoggettato a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, e sarà esente da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente. Si tratta di una norma programmatica che impegna lo Stato a darvi attuazione. A tanto lo Stato ha provveduto, ad es., per quanto riguarda l’imposta sui redditi (art. 2, D.P.R. n. 601 del 1973, che dichiara gli immobili in questione esenti dall’imposta locale sui redditi e dall’imposta sui redditi e i relativi incrementi di valore esenti dall’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili), la dichiarazione e l’accertamento catastale (art. 6, R.D.L. n. 652 del 1939 e art. 38, D.P.R. n. 1142 del 1949) e l’ICI (art. 7, lettera e), D.Lgs. n. 504 del 1992), non per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, con ciò convalidando l’ipotesi che l’esenzione di cui trattasi concerna, ed è ragionevole che concerna, esclusivamente le imposte che gravano sui redditi degli immobili in questione. Peraltro, la “tassa sui rifiuti” – nonostante le alterne vicende che l’hanno vista passare da tributo a tariffa e da tariffa a tributo nell’evoluzione normativa che ne ha caratterizzato la disciplina dal D.P.R. n. 507 del 1993, al D.Lgs. n. 22 del 1997, al D.Lgs. n. 152 del 2006 e, infine, alò’art. 15 del D.L. n. 201 del 2011 (c.d. decreto “Salva-Italia”, convertito con L. n. 214 del 2011) – ha avuto sempre, e in particolare a partire dalla disciplina dettata con il c.d. “decreto Ronchi”, una valenza specifica di corrispettivo di un servizio legato alla qualità e quantità dei rifiuti prodotti dal soggetto passivo, articolandosi in una “quota fissa”, commisurata alle necessità pubbliche di erogazione del servizio, ed in una “quota variabile”, commisurata ai rifiuti prodotti.
Sicché è la produzione e il conferimento di rifiuti la ratio dell’imposizione e, al tempo stesso, delle relative agevolazioni. Ma nel caso di specie non viene allegata alcuna condizione oggettiva di esclusione dell’immobile in questione dal conferimento dei rifiuti che, come edificio universitario, produce allo stesso modo degli altri edifici alla stessa funzione destinati: l’edificio in questione non è un edificio destinato al culto (edifici che l’art. 10 del Regolamento comunale di Roma n. 24 del 2003 sulla applicazione sperimentale della Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani esclude dal calcolo delle superfici, ma sempre perché ritenuti “incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti” e, in assenza di una specifica norma di legge o regolamentare, non è sufficiente ai fini dell’esenzione dalla “tassa dei rifiuti” la condizione soggettiva considerata nella richiamata (e sotto questo profilo inattuata) norma del Trattato lateranense.
Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessario alcun altro accertamento di fatto, tenuto conto delle eccezioni sollevate nel giudizio, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo dell’Università Gregoriana. La peculiarità della vicenda e la novità delle questioni dibattute giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario dell’Università Gregoriana.
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