CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 ottobre 2013, n. 42151
Tributi – Incentivi fiscali – Tremonti-ter – Elementi passivi fittizi – Configurazione di reato tributario – Frode fiscale
1. – Con ordinanza del 15 marzo 2013, il Tribunale di Ravenna ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Ravenna del 19 febbraio 2013, con la quale era stata rigettata l’istanza di revoca del sequestro preventivo preordinato alla confisca per equivalente disposto dallo stesso Gip il 18 dicembre 2012, per la somma di euro 1.211.033,00, in relazione al reato di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000, contestato all’indagato perché, quale legale rappresentante di una società, al fine di evadere le imposte sui redditi, indicava elementi passivi fittizi nel modello unico società di capitali del 2010 per un ammontare di euro 8.425.000,00, con conseguente evasione dì una somma di euro 1.211.033,00, avendo segnato al rigo RF 50, colonna 2, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2000 e 9, convertito dalla legge numero 102 del 2000 e 9 (cosiddetto “Tremonti ter”), una variazione In diminuzione rispetto all’utile civilistico corrispondente al 50% del valore complessivo di un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato a biomasse liquide, nonostante tale investimento e i relativi costi fossero stati in realtà sostenuti In epoca antecedente al periodo di vigenza ed applicazione dell’agevolazione fiscale.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite i difensori, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si denuncia l’erronea applicazione degli artt. 4, e 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento alla nozione giuridica di “elementi passivi fittizi”. Rileva, in particolare, la difesa che il richiamato art. 1 prevede che per “elementi” si intendano le componenti espresse in cifre che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito, richiamandosi cosi un dato numerico e non l’interpretazione o qualificazione tributaria di dette componenti. I risultati del conto economico – prosegue la difesa – sono indicati alle righe RF 4 e 5, mentre la riga RF 50, oggetto dell’imputazione, è denominata “reddito esente detassato”. Ne conseguirebbe che la variazione in diminuzione, segnata nel caso di specie proprio alla riga RF 50, non assume rilievo rispetto alla determinazione del reddito, perché questa è già stata evidenziata alle righe RF 4 e 5. In altri termini, la variazione in diminuzione non costituirebbe un elemento passivo fittizio, cioè una componente passiva dei reddito della società. Tale interpretazione sarebbe avallata dalla circolare n. 44 del 27 ottobre 2009 dell’Agenzia delle entrate. Al punto 4 di tale circolare si legge, Infetti, che la detassazione opera indipendentemente dal risultato dì esercizio tenuto (utile o perdita) e che, ai fini fiscali, l’effetto che deriva dall’annotazione del reddito esente detassato alla riga RF 50 si sostanza in una riduzione d’imposta che, coerentemente con quanto previsto nelle precedenti analoghe disposizioni agevolative, non assume autonomo rilievo per la determinazione del reddito stesso. La difesa ribadisce che, dunque, la variazione in diminuzione apportata RF 50 del modello unico non è giuridicamente un elemento ai sensi degli artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 74 dei 2000, perché non è una componente che concorre a determinare il reddito.
Il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato anche la locuzione ‘’fittizi” riferita agli elementi passivi di cui ai richiamati artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 74 del 2000, facendola coincidere con la nozione di “fiscalmente irregolari”. Ad avviso della difesa, tale ricostruzione annullerebbe la distinzione tra l’illecito penale e illecito amministrativo e, soprattutto, sarebbe in contrasto con il dato testuale dell’art. 4 richiamato, secondo cui la fittizletà deve riguardare gli elementi negativi in quanto tali e non 1 criteri o le regole di imputazione degli stessi. In altri termini – conclude la difesa sul punto – gli elementi passivi fittizi consistono in costi effettivamente non sostenuti o sostenuti In misura inferiore a quella indicata. Alla base dell’accusa, del resto, si troverebbe una questione meramente interpretativa relativa all’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2009, che riconosceva l’agevolazione in ordine agli investimenti in nuovi macchinari e nuove apparecchiature fatti a decorrere dal 1° luglio 2009 e, nel caso di specie, il contenzioso con l’Agenzia delle entrate concerne la data di riferimento che si deve assumere per un bene estremamente complesso nella sua messa in esercizio; data che l’indagato ritiene compresa nel periodo fiscalmente rilevante.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000 con riferimento alla configurabilltà del dolo, che il Tribunale avrebbe individuato nella volontà dell’indagato di avvalersi di un beneficio fiscale non dovuto, che troverebbe conferma nel fatto che, pur potendo, il contribuente non aveva interpellato l’amministrazione finanziaria per ottenere l’interpretazione della normativa vigente. Secondo la difesa, il dolo sarebbe, invece, insussistente, perché la coscienza e volontà di indicare In dichiarazione un elemento passivo fittizio non può essere integrata da una trasparente annotazione, in un apposito rigo del modello unico, di un reddito detassato, a fronte di un risultato economico di esercizio riportato in modo corretto poche righe sopra nello stesso modello. Né vi sarebbe evasione, proprio perché l’indicazione della variazione in diminuzione è stata effettuata in modo trasparente, come visto, alla riga RF 50.
2.3. – Con un terzo motivo di doglianza, proposto in via subordinata, sì rileva l’inosservanza dell’art. 15 dei d.lgs. n. 74 del 2000, trattandosi di un caso di obiettiva condizione di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie, tanto che è stata necessaria l’emanazione di una circolare dell’Agenzia delle entrate proprio con riferimento alla nozione di “investimenti fatti” di cui all’art. 5 del d.l. n. 78 del 2009.
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è Infondato.
Deve premettersi, in punto di diritto, che l’art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 (cosiddetto “Tremonti ter”) prevede, al fine di fronteggiare la crisi economica, la detassazione degli investimenti in macchinari, escludendo dall’imposizione sul reddito d’impresa il 50% dei valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature (appartenenti alle tipologie incluse in una tabella richiamata dallo stesso decreto legge) fatti tra il 1° lugilo 2009 e il 30 giugno 2010. Per l’interpretazione di tale disposizione, l’Agenzia delle entrate ha emanato la circolare numero 44/E del 27 ottobre 2009, la quale, quanto al momento di effettuazione degli Investimenti rilevanti ai fini dell’agevolazione, evidenzia che la loro imputazione al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali della competenza previste dall’art. 109, commi 1 e 2, del testo unico delle imposte sui redditi. Le spese di acquisizione di beni mobili si considerano sostenute, dunque, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Gli oneri diretti delle prestazioni di servizi direttamente connesse alla realizzazione dell’investimento, non compresi nel costo di acquisto del bene, rilevano ai fini della determinazione dell’investimento stesso e si considerano sostenuti alla data in cui esse sono ultimate (punto 3.2). Al successivo punto 4, la stessa circolare precisa, poi, come si deve intendere l’esclusione dall’Imposizione sul reddito d’impresa del 50% degli investimenti in nuovi macchinari disposta dal comma 1 dell’articolo 5 del richiamato d.l. n. 78 del 2009. Si specifica, in particolare, che l’esclusione di investimenti dal reddito d’impresa si realizza mediante una variazione in diminuzione del reddito imponibile e che, “ai fini fiscali”, l’effetto che ne deriva si sostanza in una riduzione d’imposta che, coerentemente con quanto previsto nelle precedenti analoghe disposizioni agevolative, non assume autonomo rilievo per la determinazione del reddito stesso. Laddove per “fini fiscali” si deve intendere che il beneficia è ininfluente ai fini dell’applicazione di norme tributarie che stabiliscono, in presenza di proventi esenti o che non concorrono alla formazione del reddito, la riduzione della perdita fiscalmente rilevante e dell’ammontare deducibile degli interessi passivi e delle spese generali (artt. 56, comma 2, 61, comma 1, 84, 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi). L’agevolazione di cui all’art. 5, comma 1, del d.l. n. 78 del 2009, dunque, incide sul reddito diminuendone l’identità, anche se di tale diminuzione non può tenersi conto ai limitati fini dell’applicazione delle norme tributarie appena sopra richiamate.
Deve poi premettersi, in punto di fatto, che le censure del ricorrente non riguardano l’interpretazione delle disposizioni che regolano l’individuazione del momento nel quale l’Investimento in macchinari e apparecchiature ammesso all’agevolazione di cui sopra deve intendersi “fatto”. Su quest’ultimo profilo, dei resto, la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta congruamente e logicamente argomentata, perché evidenzia che l’acquisto dell’impianto è stato sostenuto dalla società di leasing e che II contratto di leasing, nella parte relativa alla consegna del bene, non prevede a favore dell’utilizzatore una clausola di prova, onde il momento di effettuazione dell’investimento ai fini dell’agevolazione fiscale deve essere individuato in quello in cui il bene viene consegnato all’utillzzatore (circolare n. 44 del 2009, punto 3.3), essendo tale consegna in concreto avvenuta li 12 febbraio 2009, data di sottoscrizione del relativo di verbale, precedente all’entrata in vigore dell’agevolazione.
3.1. – Tale essendo l’interpretazione del quadro normativo di riferimento, deve rilevarsi che il primo motivo di impugnazione è infondato.
La difesa basa, Infatti, la sua censura sulla considerazione che per “elementi” (nell’ambito della locuzione “elementi passivi” di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 74 del 2000) si intendono le componenti espresse in cifra che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito. Tale definizione di “elementi” è però – contrariamente a quanto assunto dalla stessa difesa – proprio quella applicata dal Tribunale nel caso in esame In coerenza con l’Interpretazione dell’art. 5, comma 1, del d.l. n. 78 del 2009 adottata dalla circolare n. 44 del 2009 dell’Agenzia delle entrate. Infatti, l’indicazione, alla riga RF 50 del modello unico di dichiarazione dei redditi, di Investimenti asseritamente fatti tra il 1° luglio 2009 e il 30 giugno 2010, ma in realtà fatti prima, costituisce una falsa rappresentazione di una delle componenti espresse in cifre che concorrono alla determinazione del reddito, perché l’agevolazione in questione – come appena visto – incide sul proprio sul reddito, diminuendone l’entità.
La soluzione interpretativa adottata dal Tribunale risulta pienamente coerente anche la definizione di “elementi passivi fittizi” condivisa dalla difesa, secondo cui questi consistono in costi effettivamente non sostenuti o sostenuti in misura inferiore a quella indicata. Il Tribunale ha, infatti, evidenziato che gli investimenti indicati dall’lndagato non sono stati sostenuti nel periodo di applicazione dell’agevolazione, ma in realtà in un periodo precedente e, dunque, sono stati falsamente indicati quali elementi idonei a diminuire il reddito imponibile.
3.2. – Infondati sono anche il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente perché attengono all’interpretazione del quadro normativo in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Correttamente il Tribunale ha evidenziato che dagli atti è emersa la volontà dell’indagato di avvalersi di un benefìcio fiscale non dovuto. A nulla rileva, sul punto, il fatto che l’Indicazione dell’investimento come effettuato nei periodo di applicazione dell’agevolazione alla riga RF 50 del modello unico sia stata palese, perché proprio attraverso tale palese indicazione il reato ha avuto il suo compimento, consistendo la fittizietà dell’indicazione dell’elemento passivo proprio nella falsa attribuzione dell’investimento in questione a tale periodo. Né può invocarsi – come fa la difesa in via subordinata – l’incertezza nell’interpretazione della normativa vigente, perché questa è esclusa in radice sia dall’avvenuta emanazione della richiamata circolare interpretativa n. 44 del 2009, sia dall’ulteriore considerazione che il contribuente avrebbe potuto procedere all’interpello dell’amministrazione finanziaria circa l’interpretazione della normativa vigente, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000; interpello cui fa implicito riferimento anche l’art. 15 del d.lgs. n. 74 del 2000.
4. – Il ricorso deve perciò essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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