Corte di Cassazione sentenza n. 4247 del 20 febbraio 2013
ACCERTAMENTO – ADESIONE DEL CONTRIBUENTE ALL’ACCERTAMENTO – IN GENERE – ISTANZA DI DEFINIZIONE – EFFETTI – SOSPENSIONE DEL TERMINE – CONDIZIONI – PROVA DELLA TEMPESTIVITA’ – ESTENSIONE ALLA PROVA DEL FATTO GENERATIVO DELLA SOSPENSIONE – MANCANZA – RILIEVO D’UFFICIO – CONSEGUENZE – INAMMISSIBILITA’ DEL RICORSO
massima
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La legge (articolo 21, primo comma, D.Lgs, 546/92) fissa per la proposizione del ricorso al giudice tributario un termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato. Il rispetto del suddetto termine costituisce condizione dell’azione d’impugnazione e pertanto, secondo i principi generali in materia di esercizio di azioni sottoposte a termini di decadenza, grava sul ricorrente l’onere di provare la tempestività del proprio ricorso. Quando la decadenza sia rilevabile di ufficio, come nel caso dell’impugnativa degli atti tributari, l’onere provatorio gravante sul ricorrente risulta soddisfatto dalla produzione delle documentazione dimostrativa della data di notifica dell’atto impugnato. Ove il contribuente, presentando una istanza di accertamento con adesione, abbia determinato la sospensione ex art. 6 D.Lgs. 218/97 del termine fissato dall’articolo 21 D.Lgs. 546/92, il suo onere di (allegazione e) prova della tempestività del ricorso si estende alla (allegazione e) prova del fatto generativo della sospensione, ossia della presentazione dell’istanza di accertamento con adesione. La rilevabilità di ufficio della inammissibilità del ricorso tardivo implica infatti che il giudice di merito, tanto in primo quanto in secondo grado, debba poter rilevare ex actis la tempestività del ricorso, con conseguente onere del ricorrente di allegare nel ricorso introduttivo e di provare mediante tempestiva produzione documentale eventuali fatti sospensivi del termine ex art. 21 D.Lgs. 546/92 e quindi, per quanto qui interessa, il fatto di avere presentato una istanza di accertamento con adesione. In difetto di tale allegazione e prova il giudice di merito non potrà che rilevare la tardività del ricorso introduttivo e dichiararne l’inammissibilità e, ciò, anche in secondo grado ( salvo che sul punto non si sia formato un giudicato interno, il quale, tuttavia, presuppone una pronuncia esplicita del giudice di primo grado.La Commissione Tributaria Regionale non è incorsa nella lamentata violazione degli articoli 21 D.Lgs. n. 546/1992 e 6 D.Lgs. n. 218/1997 dichiarando d’ufficio l’inammissibilità di un ricorso presentato oltre il termine di cui all’articolo 21 D.Lgs. n. 546/1992, in difetto di allegazione e prova dell’esistenza della causa di sospensione del corso di tale termine costituita dalla presentazione di una istanza di accertamento con adesione ex art. 6 D.Lgs. n. 218/1997.
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Svolgimento del processo
La società Immobiliare S. spa ricorre contro l’Agenzia delle Entrate, con due motivi di ricorso, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente avverso un avviso di accertamento IVA-IRAP-IRES 2004, notificato il 20.4.07, rilevandone d’ufficio la relativa tardività ex art. 21 D.Lgs. n. 546/1992. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
All’esito del deposito della relazione ex art. 380 bis cpc la causa è stata discussa nell’adunanza del 17.1.13, per la quale la contribuente ha depositato memoria difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, riferito all’articolo 360 n. 3 cpc, la contribuente denuncia la violazione degli articoli 21 D.Lgs. n. 546/1992 e 6 D.Lgs. n. 218/1997 in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa non tenendo conto, ai fini del giudizio di tempestività del ricorso, della sospensione del termini per impugnare l’atto impositivo conseguente al fatto che in data 14.6.07 il contribuente aveva presentato istanza di accertamento con adesione. Con il secondo mezzo, riferito all’articolo 360 n. 4 cpc, la contribuente denuncia la violazione dell’articolo 112 cpc in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa omettendo di pronunciarsi sulle difese di merito proposte dal contribuente nella memoria difensiva depositata in risposta all’appello dell’Ufficio.
Il primo motivo va disatteso.
Al riguardo si devono preliminarmente svolgere le seguenti precisazioni:
a) La legge (articolo 21, primo comma, D.Lgs, 546/92) fissa per la proposizione del ricorso al giudice tributario un termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato.
b) Il rispetto del suddetto termine costituisce condizione dell’azione d’impugnazione e pertanto, secondo i principi generali in materia di esercizio di azioni sottoposte a termini di decadenza, grava sul ricorrente l’onere di provare la tempestività del proprio ricorso.
c) Quando la decadenza sia rilevabile di ufficio, come nel caso dell’impugnativa degli atti tributari, l’onere provatorio gravante sul ricorrente risulta soddisfatto dalla produzione delle documentazione dimostrativa della data di notifica dell’atto impugnato.
d) Ove il contribuente, presentando una istanza di accertamento con adesione, abbia determinato la sospensione ex art. 6 d.l. 218/97 del termine fissato dall’articolo 21 D.Lgs. 546/92, il suo onere di (allegazione e) prova della tempestività del ricorso si estende alla (allegazione e) prova del fatto generativo della sospensione, ossia della presentazione dell’istanza di accertamento con adesione. La rilevabilità di ufficio della inammissibilità del ricorso tardivo implica infatti che il giudice di merito, tanto in primo quanto in secondo grado, debba poter rilevare ex actis la tempestività del ricorso, con conseguente onere del ricorrente di allegare nel ricorso introduttivo e di provare mediante tempestiva produzione documentale eventuali fatti sospensivi del termine ex art. 21 D.Lgs. 546/92 e quindi, per quanto qui interessa, il fatto di avere presentato una istanza di accertamento con adesione. In difetto di tale allegazione e prova il giudice di merito non potrà che rilevare la tardività del ricorso introduttivo e dichiararne l’inammissibilità e, ciò, anche in secondo grado ( salvo che sul punto non si sia formato un giudicato interno, il quale, tuttavia, presuppone una pronuncia esplicita del giudice di primo grado; vedi, su quest’ultimo punto, la sentenza n. 25500/11 della sezione tributaria di questa Corte).
Alla stregua di tali premesse, la doglianza del contribuente va rigettata perché non soltanto nel ricorso per cassazione non si deduce, come sarebbe stato necessario per il principio di autosufficienza, che la presentazione di una istanza di accertamento con adesione era stata menzionata nel ricorso introduttivo di primo grado, ma si dà atto, chiedendo di produrre davanti a questa Corte, ai sensi dell’articolo 372 cpc, i documenti attestanti la suddetta presentazione, che gli stessi non erano stati prodotti in sede di merito. La questione di legittimità costituzionale prospettata nella memoria ex art. 184 bis della contribuente in ordine all’articolo 372 cpc, in combinato disposto con l’articolo 101 cpc, con riferimento agli articoli 3, 24 e 111 Cost., non è dunque rilevante alla presente fattispecie, giacché il motivo di ricorso va rigettato non per la impossibilità della Corte di cassazione di esaminare i documenti che la ricorrente chiede di produrre in questa sede, ma perché la Commissione Tributaria Regionale non è incorsa nella lamentata violazione degli articoli 21 D.Lgs. n. 546/1992 e 6 D.Lgs. n. 218/1997 dichiarando d’ufficio l’inammissibilità di un ricorso presentato oltre il termine di cui all’articolo 21 D.Lgs. n. 546/1992, in difetto di allegazione e prova dell’esistenza della causa di sospensione del corso di tale termine costituita dalla presentazione di una istanza di accertamento con adesione ex art. 6 D.Lgs. n. 218/1997.
Il secondo motivo è pur esso infondato, perché la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo era impediente all’esame del merito delle ragioni del contribuente. Il ricorso va quindi, conclusivamente, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione si compensano.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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