Corte di Cassazione sentenza n. 4490 del 21 marzo 2012
IRAP – IL CONSULENTE AZIENDALE NON PAGA L’IRAP
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
massima
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Il consulente aziendale , svolgente attività ausiliare ex art. 2195 c.c., come il piccolo imprenditore ex art. 2083 c.c. , non paga l’Irap se il fisco non riesce a dimostrare che è titolare di un’autonoma organizzazione. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni»
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La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, sezione 07, n. 96, depositata l’8 agosto 2006, che, accogliendo l’appello di C.M., consulente aziendale, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
Il ricorso contiene due motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.
Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 2195 c.c., e della normativa istitutiva dell’IRAP, l’amministrazione ricorrente assume che il contribuente, che esercita attività di fornitura di software e di consulenza informatica, sarebbe soggetto passivo dell’imposta, in quanto esercente attività d’impresa cui è connaturato il requisito dell’autonoma organizzazione, osservando come possa tale tesi trovare adeguato supporto nel principio enunciato da questa Corte in materia di assoggettamento ad IRAP degli agenti di commercio; con il secondo motivo, denuncia la nullità della sentenza per ultrapetizione, in quanto il giudice di merito, che sarebbe stato investito della debenza di imposte pagate a titolo di IRAP per gli anni 1999-2000-2001, ha accertato e dichiarato non dovute le imposte pagate anche per l’anno 1998: ciò in quanto l’indicazione di tale annualità nella sentenza impugnata compare sia sul frontespizio che nella narrativa in fatto che nel dispositivo, ripetendo l’indicazione presente sulla sentenza di primo grado, a sua volta mutuata da un refuso nel ricorso introduttivo del contribuente, ma non nell’atto di appello.
In ordine al primo motivo si osserva che questa Corte ha affermato, in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimità, che a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) inpieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).
Questa Corte ha inoltre chiarito care l’esercizio dell’attività di piccolo imprenditore è escluso dall’applicazione dell’IRAP soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 21122 e n. 21123 del 2010, rese, rispettivamente, in relazione alle attività di coltivatore diretto e di tassista).
La ratio decidendi della sentenza impugnata appare conforme a tali principi; essa d’altra parte contiene un in equivoco accertamento di fatto in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione che non è oggetto di censura.
Quanto al secondo motivo, esso appare inammissibile non ottemperando al principio dell’autosufficienza: con esso non si da conto infatti in modo chiaro ed adeguato del contenuto degli atti, riportandone le parti significative, si da consentire di verificare la configurabilità del vizio denunciato, vizio che non è dato rilevare dall’esame della sentenza impugnata.
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, e art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte né memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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