Corte di Cassazione sentenza n. 45009 del 2 dicembre 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ PENALE DI UN COORDINATORE IN FASE DI ESECUZIONE – MORTE DI UN OPERAIO – OMESSA SOSPENSIONE DEI LAVORI IN PRESENZA DI PERICOLO PER LA REITERATA INOTTEMPERANZA ALLE PRESCRIZIONI
massima
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Vi è la responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione dei lavori in posa della copertura di un fabbricato per infortunio mortale occorso ad un esperto operaio con mansioni di capocantiere dipendente di una srl; quest’ultimo, intento nel proprio lavoro, precipitava attraverso l’apertura di un lucernario coperta da una guaina e non visibile.
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FATTO Con sentenza in data 12 gennaio 2011, la Corte d’appello di Torino, parzialmente riformando, la sentenza 27 aprile 2007 del Tribunale di Verbania limitatamente al trattamento sanzionatorio confermava l’affermazione della penale responsabilità di TA. Ca. in ordine al delitto di cui all’articolo 589 c.p., commi 1 e 2 commesso in (Omissis), in danno di Ce. Lu. che, quale esperto operaio con mansioni di capocantiere, alle dipendenze della s.r.l. LU. LE., era deceduto precipitando attraverso l’apertura di un lucernaio coperta da una guaina protettiva e, pertanto, non visibile in conseguenza delle negligenti ed imprudenti omissioni e della violazione delle specifiche norme antinfortunistiche ascrivibili all’imputato che, in veste di coordinatore in fase di esecuzione dei lavori di posa della copertura di un fabbricato ad uso residenziale sito in (Omissis), commissionati dalla società proprietaria alla suddetta impresa, non aveva verificato l’idoneità e la completezza del piano operativo di sicurezza della s.r.l. LU. LE. nè aveva provveduto a sospendere le lavorazioni in presenza di pericolo grave ed imminente per l’incolumità degli operai ex Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, lettera f).
In esito all’attività istruttoria espletata nel giudizio di primo grado, si era pacificamente accertato che, al momento dell’infortunio, il Ce. era intento ad eseguire opere di copertura del fabbricato a mt. 2,50 di altezza dal suolo e che era poi precipitato a terra attraverso l’apertura, non visibile, in quanto occultata da una guaina impermeabilizzante che altro operaio della stessa impresa (in quel momento assente) stava provvedendo a stendere sul tetto e sulle aperture dei lucernai. L’incidente si era verificato in quanto non era risultata in alcun modo segnalata l’insidia, peraltro non visibile, tanto più che il collega della vittima si era allontanato lasciando l’apertura del tetto priva di presidio e senza accertarsi di aver informato gli altri operai che era solamente coperta dalla guaina.
Secondo le concordanti valutazioni di entrambi i Giudici di merito, al Ta., nella duplice veste di coordinatore per l’esecuzione dei lavori, nonché di redattore del piano di sicurezza e di coordinamento, risaliva la responsabilità dell’evento poiché, dopo aver provveduto, in adempimento all’incarico ricevuto previo diretto accesso al cantiere, all’aggiornamento del piano di sicurezza e di coordinamento al fine di delineare la sicura procedura di posa del tetto, prescrivendo in particolare l’uso delle cinture di sicurezza oppure di ponteggi sottostanti e dopo aver constatato, in concomitanza con altri due successivi sopralluoghi, l’Omissis rispetto di dette prescrizioni a tutela del rischio di caduta dall’altro, aveva tuttavia Omissis di segnalare siffatti reiterati inadempimenti al committente od al responsabile del cantiere. Ed aveva altresì mancato di dare comunicazione della rilevata inadempienza alla USL ed alla Direzione provinciale del lavoro,essendo lo stesso tenuto ad ordinare la sospensione dei lavori, à sensi di legge, fino alla verifica dell’avvenuto adeguamento da parte delle ditte interessate. Siffatte omissioni venivano ritenute causalmente connesse alla produzione colposa dell’evento.
Ricorre personalmente per cassazione l’imputato TA., articolando due ordini di censure per vizi motivazionali e di violazione di legge, di seguito sintetizzate. Lamenta l’imputato con il primo e con il secondo motivo di ricorso (che appare opportuno trattare congiuntamente) come la Corte distrettuale non abbia tenuto conto che egli stesso, la mattina dell’incidente, aveva ordinato alla vittima di chiudere tutte le aperture ancora rimaste aperte.
Siffatta richiesta avrebbe automaticamente comportato la sospensione dei lavori fintantoché non si fosse provveduto a tale operazione proprio perché le maestranze della Lu. Le. s.r.l., addette alla posa della guaina, avrebbero dovuto interrompere tale attività per procedere al posizionamento delle funi di sicurezza cui collegare le cinture di sicurezza. Sicché, ordinando la chiusura delle aperture, il ricorrente aveva ottemperato di fatto all’onere previsto dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, lettera f), dovendo le singole lavorazioni restare sospese fino alla verifica dell’avvenuto adempimento delle prescrizioni imposte.
Con assunti illogici inoltre i Giudici d’appello hanno sostenuto che il Ta. avrebbe dovuto ordinare la sospensione dei lavori in presenza di pericolo grave ed imminente per i lavoratori giacché tutto il tetto doveva ritenersi “zona non sicura”; quando invece detto presupposto in realtà non sussisteva, essendo di norma presenti sul tetto della cavità durante i lavori per la posa in opera della guaina tanto più che il progetto prevedeva l’esecuzione di finestre a tetto (c.d. velux). Con il terzo motivo, denunzia il ricorrente che la Corte distrettuale, seguendo un’interpretazione errata delle disposizioni dettate dal Decreto Legislativo n. 94 del 1996 e non tenendo conto della nuova formulazione dell’articolo 5 introdotta dal Decreto Legislativo n. 528/1999, avrebbe indebitamente ampliato oltre modo il ruolo e le responsabilità del coordinatore per l’esecuzione dei lavori che non era più tenuto ad assicurare l’applicazione del piano di sicurezza, ma solamente a verificarne l’applicazione, non assumendo quindi un’obbligazione c.d. di risultato. Nel caso di specie, invero,era risultato che il piano di sicurezza e di coordinamento della s.r.l. Lu. Le. rispondeva alle prescrizioni del regolamento, chiaramente imponendo l’adozione della misura di sicurezza prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 68, relativamente alla necessità della preventiva chiusura delle aperture del solaio. Il piano di sicurezza rispondeva quindici requisiti di legge e la relativa applicazione esecutiva era stata verificata dal coordinatore, dal quale null’altro poteva esigersi.
Conclude, pertanto, il ricorrente per l’annullamento dell’impugnata sentenza, previa assoluzione con ampia formula.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve esser quindi respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex articolo 616 c.p.p.
L’impugnata sentenza è del tutto immune dai vizi denunziati dall’imputato con il primo motivo di ricorso e con la seconda censura che appare opportuno trattare insieme.
La Corte d’appello di Torino, facendo propri gli assunti del Giudice di prime cure, dopo aver compiutamente delineato la posizione di garanzia rivestita dal Ta. in qualità di coordinatore per l’esecuzione dei lavori, oltreché di estensore del piano di sicurezza e di coordinamento, ha congruamente evidenziato che lo stesso si era occupato di effettuare gli aggiornamenti del suddetto piano; che lo stesso, recandosi peraltro, due volte alla settimana, in cantiere, aveva effettuato specifici interventi in data (Omissis), in particolare prescrivendo l’uso delle cinture di sicurezza in presenza del rischio di caduta al suolo, da un’altezza superiore ai due metri. A seguito dei sopralluoghi eseguiti il (Omissis), il Ta. aveva verificato che i dipendenti della ditta Lu. Le. s.r.l., benché impegnati sul tetto, si erano resi inadempienti alle prescrizioni di indossare le cinture di sicurezza. Da qui quindi la ricorrenza della pacifica responsabilità colposa dell’imputato per l’omessa adozione, in presenza di pericolo imminente e grave per l’incolumità dei lavoratori, di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, lettera E) ed F) come novellato dal Decreto Legislativo n. 528 del 1999, articolo 5. Ed è del tutto ovvio che l’evento sarebbe stato evitato, qualora l’imputato avesse concretamente ed esplicitamente dato corso a quanto previsto dalla legge, fino a giungere a disporre la sospensione delle lavorazioni in caso di reiterata inottemperanza alle già impartite prescrizioni di sicurezza: la sola condotta attiva, dallo stesso esigibile, dotata di incontestabili rilevanza ed efficacia cautelare.
L’obiezione dell’imputato secondo la quale, illogicamente e contraddittoriamente, la Corte distrettuale ne avrebbe ravvisato la colpevole omissione nel provvedere alla sospensione delle lavorazioni sul tetto, in difetto di un pericolo grave ed imminente integra invero un’inammissibile censura in punto di fatto con la quale, in buona sostanza, il ricorrente, sotto l’apparenza di un insussistente vizio motivazionale della sentenza impugnata, intenderebbe, nella presente sede di legittimità, “sostituire” una propria lettura delle risultanze istruttorie, “alternativa” a quella compiuta dai Giudici di merito che hanno ritenuto tutto il tetto zona pericolosa per l’incolumità dei lavoratori per la presenza di aperture e di cavità che era necessario “porre allo scoperto” per eseguire le previste lavorazione, dopoché peraltro già si era verificata la caduta di altro operaio (Zo.), fortunosamente, senza gravi conseguenze.
Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso.
Entrambi i Giudici di merito, con statuizioni conformi, hanno ritenuto, in stretta e corretta aderenza alle disposizioni normative dettate dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 2, 5 e 12, come novellato, che sul Ta. gravava l’obbligo, oltreché di esser presente in cantiere, di controllare (id est: “di verificare”) l’osservanza alle regole in materia di sicurezza dettate sia dal piano di sicurezza e di coordinamento previsto dal cit. Decreto Legislativo, articolo 12 sia – ovviamente – dalle susseguenti integrazioni dallo stesso disposti. Peraltro l’eventuale adozione dei provvedimenti a valenza prettamente cautelare di cui al cit. Decreto Legislativo, articolo 5, comma 1, lettera E) ed F) logicamente e necessariamente implica la preventiva verifica sia delle condizioni di esecuzione delle lavorazioni sia dell’inottemperanza delle prescrizioni antinfortunistiche.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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