CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 novembre 2013, n. 47213
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Concordato preventivo – Illecita ammissione – Distrazione per fini extraimprenditoriali di ramo di azienda – Cessione simulata attraverso la stipula di un contratto di associazione in partecipazione
Svolgimento del procedimento
Il Tribunale di Lecce, con ordinanza in data 22 marzo 2013, annullava l’ordinanza del G.I.P. dello stesso Tribunale del 28 dicembre 2012, di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di E.C., indagato per il reato di cui agli artt. 236 – 223 – 216 n. 1 – 219 commi 1 e 2 n. l. R.D. 16.3.1942 n. 267 e successive modifiche – 110 c.p., perché, in concorso con gli amministratori della F.S.L. s.r.l., ammessa al concordato preventivo, quale titolare della R., con lo scopo di procurare a sé e/o ad altri un ingiusto profitto e di recare un pregiudizio ai creditori, distraevano per fini extraimprenditoriali il ramo di azienda relativo alla gestione delle apparecchiature elettroniche da intrattenimento, cedendolo simulatamente alla R. attraverso la stipula di un contratto di associazione in partecipazione. Il Tribunale esamina i principali elementi indiziari a carico dell’indagato ed osserva:
1) quanto all’anomalia del contratto di associazione in partecipazione, che gli atti prodotti dalla difesa documentano come la R. avesse stipulato in tutta Italia numerose convenzioni aventi identiche condizioni;
2) quanto alla circostanza della vendita sotto costo delle schede elettroniche da parte della F.
S. L., che si trattava di schede usate;
3) quanto alla circostanza del pagamento in contanti degli emolumenti spettanti alla F.S.L., che quest’ultima società curava la raccolta degli introiti delle giocate che erano tutti in monete e tratteneva alla fonte sia la quota di sua spettanza sia il pagamento rateale del prezzo delle schede cedute e che, inoltre, era possibile verificare attraverso un portale di rete, giorno per giorno, l’andamento delle giocate e dunque gli incassi.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce – Direzione distrettuale antimafia, il quale rileva che, come risulta dalle dichiarazioni rese dall’Elia nel corso del suo interrogatorio, rispetto ad altre convenzioni analoghe, la R. negoziò con la F.S.L., fuori contratto, anche la cessione del monte clienti di quest’ultima, rappresentato dagli esercizi ove erano installate le apparecchiature che, in quel momento, non potevano essere utilizzate a causa del blocco amministrativo. Ciò sarebbe confermato dall’assunzione da parte della R.A.F., che, già alle dipendenze della F. avrebbe continuato a svolgere il precedente lavoro in favore del nuovo datore di lavoro.
Il P.M. ricorrente censura, inoltre, l’ordinanza impugnata, che finisce per ritenere del tutto regolare che i reciproci rapporti di dare e avere tra le due società fossero regolati in contanti, mentre è regola di legge che nelle transazioni commerciali il passaggio di denaro per importi superiori ad un certo limite non può avvenire in contanti, né hanno valore decisivo le fatture/ricevute rilasciate dalla F. che potrebbero riguardare solo una parte degli introiti.
Infine, il P.M. ricorrente esclude che le schede elettroniche vendute sottocosto fossero usate, perché se fossero state già in uso sarebbero state assoggettate allo stesso blocco amministrativo che aveva impedito alla F. di operare.
Ha depositato memoria il difensore di E.C., il quale rileva che, tra la documentazione prodotta al Tribunale del riesame vi è anche l’autorizzazione alla vendita data dal concessionario BPLUS alla F.S.L., mentre il blocco amministrativo di cui parla il ricorrente riguardava altre attrezzature relative al rapporto con la C.; aggiunge che a seguito del contratto stipulato tra la F. e la R., la prima lungi dal subire una perdita ha tratto un guadagno di diverse centinaia di migliaia di euro.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso sono fondati nei limiti di cui alla presente motivazione.
Innanzitutto, deve affermarsi il principio secondo il quale il Tribunale, in sede di riesame dell’ordinanza applicativa di misura cautelare, ove intenda adottare una decisione difforme dall’ordinanza stessa, non può non confrontarsi con il contenuto motivazionale di essa, dando adeguatamente e specificatamente conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza tanto da comportarne l’annullamento.
Ciò premesso, deve osservarsi che il Tribunale non prende in considerazione tutti gli elementi indiziari evidenziati dal G.I.P., quale l’assunzione da parte della R. di A.F., già dipendente della F.S.L. s.r.l.
Inoltre, l’ordinanza impugnata è viziata da manifesta illogicità e contraddittorietà nel punto in cui ritiene normale che i rapporti di dare ed avere tra le due imprese fossero regolati in contanti e a sostegno di tale assunto richiama il comportamento dell’amministratore giudiziario, il quale assumendo la gestione della R., aveva eseguito versamenti in banca di somme in contanti per ingenti importi, in tal modo, però, evidenziando un modo di procedere corretto, poiché, appunto, quei soldi transitavano in regolari depositi bancari.
Contraddittoria risulta, inoltre, la valorizzazione da parte del Tribunale della documentazione prodotta, dalla difesa, che riguarda regolari bonifici bancari relativi a gennaio e febbraio 2012, posto che non si comprende – e il Tribunale non la spiega – la ragione per cui da queste sole operazioni regolari si debba inferire la regolarità anche delle altre operazioni non documentate.
Per i suddetti vizi motivazionali l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame che, nel rivalutare il materiale indiziario, tenga conto della segnalate carenza motivazionali.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce per nuovo esame.
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