Corte di Cassazione sentenza n. 4776 del 28 febbraio 2011
ACCERTAMENTO – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – ERRORI DI FATTO E DI DIRITTO – EMENDABILI E RITRATTABILI – CONSEGUENZE
massima
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La dichiarazione dei redditi costituisce un atto avente natura di dichiarazione di scienza, ritrattabile ed emendabile, anche in assenza di specifica disposizione in quanto tale facoltà del contribuente è espressione del principio costituzionale di capacità contributiva.
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FATTO
1. La F. S.p.a., avendo provveduto alla rivalutazione di un bene immobile per L. 14.453.000.000 nel bilancio relativo all’anno 1990, espose nella propria dichiarazione dei redditi un utile di L. 4.262.000.000. Successivamente, avendo la Consob impugnato il bilancio, nell’assemblea del 1993 la società riapprovò i bilanci relativi agli anni 1990 e 1991, eludendo gli effetti della contestata e, quindi, revocata, rivalutazione, in conseguenza di tale evenienza, venivano rettificate – mediante nuova redazione e presentazione del c.d. mod. 760 – le dichiarazioni relative agli anni 1990 e 1991, esponendosi delle perdite e quindi, riportando “a nuovo” il relativo credito d’imposta per gli anni successivi, concretamente utilizzato nel 1993.
Tali dichiarazioni in rettifica non venivano prese in considerazione dall’Amm. Fin., e, pertanto, veniva emessa cartella di pagamento per L. 1.236.609.000, impugnata dalla società che ribadiva la legittimità del ricorso alle dichiarazioni emendative.
1.1 – La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso.
1.2 – la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la decisione indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposta dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, rilevando come sulla base della normativa all’epoca vigente, non fosse consentito emendare errori nelle dichiarazioni dei redditi, ma soltanto di richiedere il rimborso di quanto versato in eccedenza, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.
1.3 Per la cassazione di tale decisione la società G.A. S.p.a., quale incorporante della F. propone ricorso, sorretto da due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
DIRITTO
2. – Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 1 e 4, nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento al principio secondo cui la dichiarazione originaria, poteva essere integrata, qualora dagli errori di diritto o ci fatto dai quali risultava affetta poteva derivare l’assoggettamento del contribuente ad oneri tributari più gravosi di quelli che, sulla base della legge, dovevano restare a suo carico.
2.1 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 19, comma 2, con riferimento al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 11, comma 3, nonché difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendosi che, oltre alla facoltà di presentare istanza di rimborso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 33, doveva intendersi consentita quella di riportare a nuovo, nella dichiarazione integrativa, le imposte versate in eccedenza.
2.2 – Detti motivi, per la loro intima connessione, possono essere congiuntamente esaminati.
2.3 – Il ricorso è fondato.
Costituisce orientamento ormai assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis, è – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi, diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.
La dichiarazione dei redditi, invero, non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria.
Va altresì, rilevato che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 9, commi 7 e 8, nel testo vigente in quel tempo, non pone alcun limite temporale all’emendabilità e alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dal contribuente.
Deve conclusivamente osservarsi sul punto che un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost., comma 1) e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost., comma 1): cfr., ex plurimis, Cass., Sez. un., nn. 15063 e 17394 del 2002, seguite da Cass. nn. 8153 del 2003, 4238 e 12791 del 2004, 22021 del 2006, 5738 del 2007).
2.4 – Tanto premesso, debbono condividersi i rilievi della ricorrente cicca il carattere non esaustivo della previsione contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38: è ben vero che nel sistema positivo dell’epoca, come afferma la Commissione tributaria regionale, era prevista soltanto la dichiarazione (L. R. n. 408 del 1990, art. 14) intesa a regolarizzare spontaneamente errori ed omissioni solo nei casi in cui conseguisse “un maggior imponibile o una maggiore imposta”, ma, una volta affermato il principio senza distinzioni dell’emendabilità delle dichiarazioni, occorre rinvenire, pur in assenza di specifiche previsioni normative, soluzioni di carattere sistematico che consentano di coniugare la dichiarazione emendativa con il richiamato principio costituzionale di capacità contributiva.
A tal riguardo, rimeditata la questione alla luce di tale criterio interpretativo, non può omettersi di rilevare, da un lato, il carattere facoltativo attribuito alla domanda di rimborso dalla norma contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, citato art. 38, (secondo un consolidato orientamento considerato l’unico rimedio tipico: Cass., 20 dicembre 2007, n. 26389), e, dall’altro, la compresenza, nel quadro legislativo dell’epoca, di un’alternativa, nel caso di specie fatto valere dalla società incorporata dalla ricorrente, e parimenti prevista dalla normativa in tema di determinazione dell’imposta (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 11, comma 3, nella versione applicabile ratione temporis); alternativa avente pari valenza, e consistente nel diritto del contribuente “a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo di imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi”.
In altri termini, l’affermazione del principio di emendabilità della dichiarazione non si concilia con il carattere necessitato della presentazione dell’istanza di rimborso, che potrebbe risolversi, in concreto, in una delle conseguenze sfavorevoli dell’errore di fatto e di diritto rettificato dal contribuente, ove lo stesso non potesse optare per l’utilizzazione del credito negli anni successivi, sulla base di una dichiarazione emendativa, ancorchè non prevista specificamente, di certo compatibile con le esigenze sistematiche sopra evidenziate.
2.5 – All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della decisione impugnata. Ricorrono, per altro, i presupposti per la decisione nei merito della controversia, nel senso dell’accoglimento del ricorso introduttivo, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in relazione al carattere squisitamente giuridico della questione controversa.
Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla novità della soluzione adottata, per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa interamente le spese dell’intero giudizio.
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