Corte di Cassazione sentenza n. 4825 del 26 marzo 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO DI LAVORO – CONDOTTA COLPOSA DEL LAVORATORE – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO
massima
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Il lavoratore è responsabile dell’incidente occorsogli mentre prestava la sua attività alle dipendenze del Comune. Durante lo scarico di transenne da un autocarro per l’esecuzione di lavori di manutenzione stradale il dipendente era caduto dal cassone dell’automezzo riportando lesioni anche a carattere permanente.
In tema di prevenzione antinfortunistica, perchè la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre – Cass. pen., Sez. IV, 23/05/2007, n. 25532; Cass. pen. Sez. IV, 10/11/2009, n. 7267 – un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità.
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FATTO
– Il 26 gennaio 2012 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ.:
“1.- Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Bologna – in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Ravenna – ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta da Ma.Ma. contro il Comune di Riolo, a seguito di un incidente occorsogli mentre prestava la sua attività alle dipendenze del Comune. Durante lo scarico di transenne da un autocarro per l’esecuzione di lavori di manutenzione stradale il Ma. era caduto dal cassone dell’automezzo riportando lesioni anche a carattere permanente.
Il Comune convenuto ha chiamato in giudizio la s.p.a. Mi. As. per esserne garantito.
Il Tribunale ha accolto la domanda di risarcimento, omettendo di procedere alla liquidazione della somma dovuta in risarcimento dei danni.
La Corte di appello di Bologna, in riforma, ha respinto la domanda di risarcimento, affermando che la responsabilità del sinistro è da ascrivere esclusivamente al danneggiato.
Il Ma. propone due motivi di ricorso per cassazione.
Resiste il Comune con controricorso.
La Mi. As. non ha depositato difese.
2.- La Corte di appello ha escluso la responsabilità del datore di lavoro esclusivamente sulla base delle seguenti argomentazioni: “i testimoni presenti all’atto hanno riferito dell’incongrua esecuzione, in particolare dell’infortunato in posizione precaria ed instabilmente assunta rispetto alla collocazione del carico da movimentare, necessariamente alla quota del cassone dell’automezzo; stante l’assoluta elementarità della mansione di carattere materiale, non poteva nemmeno ritenersi esigibile una specifica direzione o sorveglianza o l’adozione di cautele idonee ad evitare la caduta dall’alto, poiché sufficiente la normale autonoma prudenza dei lavoratori attrezzati con le dotazioni usuali, come riferito, di scarpe cinture e caschi di sicurezza”.
3.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Rileva in primo luogo che le affermazioni in fatto della Corte di appello non sono avallate dalle risultanze probatorie e sono anzi con esse in contrasto, poiché non risponde al vero che sia stata fornita ai lavoratori tutta l’attrezzatura di sicurezza (scarpe, cinture e caschi), ma al contrario le deposizioni testimoniali rese dai dipendenti del Comune sono state quanto mai vaghe e non hanno neppure potuto confermare se il Comune fosse munito di tali dotazioni.
In secondo luogo, quanto alle modalità del sinistro, afferma che l’unico testimone presente al fatto che abbia reso una deposizione circostanziata ha affermato che la caduta si è verificata mentre il Ma., con l’aiuto del teste, stava tentando di posizionare un pacco di transenne, confezionate in unico collo dell’altezza di un metro, sulle forche del muletto, che potevano raccogliere i carichi solo dal bordo dell’autocarro. Data la difficoltà della manovra, in quanto il collo era pesante e risultava difficoltoso posizionarlo, il Ma. era scivolato dal bordo del cassone, cadendo a terra, senza avere tenuto alcun comportamento negligente.
3.- Con il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 2087 cod. civ., che impone al datore di lavoro di garantire in ogni modo l’incolumità dei lavoratori, non solo dotandoli delle attrezzature di sicurezza e dando loro istruzioni circa il modo di utilizzarle e di svolgere l’incarico, ma anche controllando che dette istruzioni vengano eseguite. Afferma che la sentenza impugnata ha deciso in senso difforme dai principi enunciati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le norme in tema di prevenzione degli incidenti sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro le sue stesse disattenzioni, e l’eventuale negligenza o imprudenza del lavoratore non vale ad esimere da responsabilità il datore di lavoro, se non quando si sia trattato di comportamento abnorme, imprevedibile ed esorbitante rispetto all’incarico attribuitogli.
4.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
4.1.- La motivazione con cui la Corte di appello ha attribuito la responsabilità esclusiva al lavoratore non è sorretta da sufficiente motivazione quanto alle modalità dell’incidente, alle cause della caduta ed alle circostanze da cui è stata desunta la prova delle suddette modalità e cause.
Manca ogni riferimento alle deposizioni testimoniali, o ad altra documentazione, idonei a giustificare l’affermazione che l’infortunato ebbe ad agire imprudentemente, tenendosi in posizione precaria e squilibrata rispetto al carico da movimentare.
Correttamente rileva il ricorrente che il tenore delle deposizioni testimoniali ed in particolare di quella del Ga., che si trovava sul cassone con il Ma., cooperando alla manovra – deposizione interamente trascritta nel ricorso – non evidenzia alcuna delle circostanze indicate nella sentenza impugnata, né giustifica un giudizio di responsabilità esclusiva del lavoratore.
Dalla deposizione testimoniale si può solo desumere la difficoltà di individuare le cause e le responsabilità della caduta. Essenziale è tuttavia rilevare che la suddetta motivazione si ispira a principi opposti a quelli più volte enunciati dalla Corte di cassazione in tema di applicazione dell’articolo 2087 cod. civ., secondo cui neppure l’eventuale comportamento negligente o colposo del lavoratore vale ad esimere da responsabilità il datore di lavoro, se non quando si tratti di colpa macroscopica, derivante da comportamenti abnormi, atipici e soprattutto esorbitanti rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, sì da porsi come causa esclusiva dell’evento (cfr. fra le tante, Cass. civ. 19 agosto 2004 n. 16253; Cass. civ. 17 aprile 2004 n. 7328; Cass. civ. 14 marzo 2006 n. 5493; Cass. civ. 23 marzo 2007 n. 7127).
Vale a dire, gli incidenti che costituiscono realizzazione del rischio tipico inerente all’attività di lavoro affidata al dipendente vanno ascritti alla responsabilità del datore di lavoro – quali peculiari fattispecie di responsabilità per rischio di impresa – non solo quando le modalità del sinistro non possano essere ricostruite, ma anche quando esse manifestino negligenza o concorso di colpa dell’infortunato, salvo che si tratti di comportamenti colposi talmente gravi da interrompere il nesso causale fra il rischio insito nell’esercizio dell’attività ed il danno che si è verificato: circostanza che ricorre soprattutto nei casi in cui il lavoratore esorbiti dai suoi compiti, sì che il sinistro si possa ritenere non collegato all’esercizio delle incombente alle quali è stato adibito (conformemente al principio a cui si ispira l’articolo 2049 cod. civ.).
La sentenza impugnata da un lato ha addebitato la responsabilità al danneggiato in base a principi pressoché presuntivi, senza richiamare a supporto della decisione solidi elementi di prova circa le modalità di svolgimento dei fatti. Dall’altro lato ha omesso ogni motivazione circa il carattere abnorme, imprevedibile, eccezionale, ecc. dell’asserito comportamento colposo del lavoratore, al fine di giustificare la totale esclusione della responsabilità del datore di lavoro, quanto meno a titolo di concorso di colpa, così discostandosi dai principi di legge, come interpretati dalla citata giurisprudenza di questa Corte.
5.- Propongo che il ricorso sia accolto, con provvedimento in Camera di consiglio”.
– La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
– Il P.G. non ha depositato conclusioni scritte.
DIRITTO
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, perché decida la controversia uniformandosi ai principi di diritto enunciati nella relazione (parti in corsivo).
Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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