Corte di Cassazione sentenza n. 48791 del 17 dicembre 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO – OMISSIONE DI MISURE NECESSARIE ALLA PREVENZIONE INCENDI E ALLA EVACUAZIONE – PRESCRIZIONE DEL REATO
massima
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In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile.
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FATTO
1. Con sentenza 12.5.2010, il Tribunale di Catania ha ritenuto (Omissis) e (Omissis) colpevoli di concorso nella contravvenzione di cui al D.Lgs. 626/1994, art. 4, comma 5, lett. a) e art. 89, comma 3, lett. a) in materia di sicurezza e salute dei lavoratori (omessa adozione, in qualità di datori di lavoro, di misure necessarie alla prevenzione incendi e alla evacuazione all’interno della ditta (Omissis) srl, mantenendo un impianto elettrico non a norma, delle uscite di sicurezza inidonee e omettendo di collocare mezzi di estinzione incendi) e li ha condannati alla pena di euro 1.500,00 di ammenda.
2. Il Giudice di merito ha fondato il giudizio di responsabilità sulle dichiarazioni degli Ispettori dei Vigili del Fuoco, da cui era emerso che nella falegnameria di cui gli imputati erano titolari in (Omissis), non erano state adottate le misure di prevenzione incendi e pronta evacuazione.
3. Dolendosi della mancata assoluzione, gli imputati hanno proposto separati appelli. In particolare, il (Omissis) ha rilevato di non avere mai ricoperto la carica di legale rappresentante della società (a cui si riferisce l’ispezione) e quindi di non essere responsabile della violazione, che va addebitata solo ai titolari; il (Omissis) ha rilevato di essere stato già giudicato e condannato per il medesimo fatto con sentenza del Tribunale di Catania n. 3088/08 del 26.11.2008; entrambi hanno dedotto, infine, che la violazione contestata (Decreto Legislativo n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. a), non consentiva l’applicazione della sanzione penale per cui non poteva procedersi ad alcuna condanna.
DIRITTO
1. Innanzitutto, le impugnazioni proposte dagli imputati nelle forme dell’appello devono essere qualificate come ricorsi per cassazione, essendo rivolte contro una sentenza di condanna per la quale è stata applicata la sola pena dell’ammenda (cfr. art. 568, comma 5 e art. 593 c.p.p., comma 3).
2. Ciò premesso, va rilevato che la non manifesta infondatezza dei ricorsi, quanto meno in ordine alla censura (sollevata da entrambi i ricorrenti) riguardante la violazione di legge sull’individuazione del responsabile del reato comporta la regolare costituzione del rapporto di impugnazione.
Ciò premesso, va rilevato che il reato continuato è prescritto.
Dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che la violazione è stata accertata il (Omissis): trattandosi di contravvenzione, e non rilevandosi cause di sospensione, la prescrizione quinquennale è maturata in data 19.4.2011 ex art. 157, comma 1, e art. 161 c.p., comma 2.
Devono trovare applicazione i principi di recente ribaditi dalle Sezioni unite (sentenza 28 maggio 2009, Tettamanti), secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.
Nel caso di specie non ricorrendo le anzidette condizioni e quindi va senz’altro applicata la causa estintiva.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
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