Corte di Cassazione sentenza n. 4965 del 27 febbraio 2013
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – CONCESSIONE DELLA C.I.G.S. – SELEZIONE DEI LAVORATORI DA SOSPENDERE – OBBLIGO DI COMUNICAZIONE
massima
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In tema di procedimento per la concessione della C.I.G.S., la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, comma 7, della L. n. 223/1991. Tale violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare.
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1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, (OMISSIS) conveniva in giudizio il datore di lavoro (OMISSIS) spa e, assumendo illegittima la sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per il periodo 9.12.02-17.11.03, ne chiedeva la condanna al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e quanto spettante a titolo di retribuzione.
2.- Accolta la domanda limitatamente al periodo 9.03-30.11.03 e proposto appello da (OMISSIS) s.p.a. [succeduta a (OMISSIS) s.p.a.], la Corte d’appello di Torino con sentenza del 27.09.10 rigettava l’impugnazione.
La Corte d’appello riteneva che (OMISSIS), fin dall’inizio della procedura (attivata con la comunicazione 31.10.02 alle r.s.u.), avesse l’obbligo di indicare per iscritto i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione della rotazione tra i dipendenti, ai sensi della Legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7 e che tale disciplina non era stata modificata dal Decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218, art. 2, comma 5, recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale.
Nella specie i criteri indicati nella comunicazione di avvio della procedura erano generici, in quanto non consentivano di verificare la coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, il che rendeva illegittima la sospensione in CIGS dei dipendenti. Inoltre, l’accordo intervenuto tra datore e OO.SS. in data 18.3.03, a conclusione della procedura di consultazione, e quello ulteriore del 22.07.03 non assumevano efficacia sanante delle omissioni, in quanto il vizio originario della comunicazione si ripercuoteva sull’intera procedura.
Riteneva, inoltre, irrilevante la sottoscrizione di un verbale di conciliazione sindacale del 2.10.03 con cui il lavoratore aveva dichiarato di non aver nulla a pretendere in relazione al licenziamento irrogatole successivamente al collocamento in CIGS, non essendo la rinunzia attinente all’oggetto della causa.
3.- Avverso questa sentenza (OMISSIS) s.p.a. propone ricorso per cassazione, cui risponde con controricorso il lavoratore. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il Collegio ha disposto la stesura di motivazione semplificata.
4.- I motivi di ricorso di (OMISSIS) possono riassumersi come segue.
4.1.- In via preliminare si sottolinea che la conciliazione era conseguenza degli accordi sindacali del 18.3.03 (relativo alla collocazione in CIGS) e 22.7.03 (che fissava le modalità di attuazione dei provvedimenti di sospensione in relazione alla prevista cessazione della produzione del modello Panda), conclusi all’esito della valutazione della situazione di crisi del settore ed esplicitamente menzionati nell’atto di conciliazione. In particolare, a seguito dei due accordi sopra richiamati, con ulteriore accordo del 30.07.03 era stata avviata una procedura di mobilità ed erano stati individuati i lavoratori cui proporre il licenziamento incentivato secondo il criterio della maturazione del trattamento di quiescenza entro il periodo di mobilità. Il giudice avrebbe dovuto tener conto che l’adesione in data 2.10.03 (supportata da incentivo economico) a tale accordo da parte del lavoratore, garantita dall’assistenza sindacale prevista dall’art. 411 c.p.c., costituiva una complessiva rinunzia ad ogni pretesa anche in punto di CIGS.
4.2.- Quanto al merito della vicenda, la questione fondamentale posta a base del ricorso è se il giudice abbia correttamente applicato la Legge n. 223 del 1991, art. 1, comma 7 e 8, o se la norma in questione debba ritenersi abrogata per l’intervento del D.P.R. n. 218 del 2000. (OMISSIS) sostiene che tale decreto, emanato in forza della Legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 20 avrebbe delegificato il procedimento amministrativo di autorizzazione e concessione della CIGS e, quindi, tutti i suoi momenti od atti coordinati e collegati in serie (frase preparatoria, introduttiva, di istruzione e di decisione), con abrogazione implicita di tutte le disposizioni già vigenti.
4.3.- Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l’indicazione delle ragioni che eventualmente l’escludono, potrebbero essere indicate non solo con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle OO.SS., ma anche all’esito dell’esame congiunto tra imprenditore ed OO.SS. sulla crisi aziendale e le conseguenti esigenze di organizzazione della produzione.
4.4.- Nel caso di specie, le parti sindacali avevano raggiunto un accordo circa le modalità della rotazione il 18.3.03, all’esito dell’esame congiunto, dopo che (OMISSIS) nel dicembre 2002 aveva aderito al più generale accordo di programma, che costituiva la base per l’assunzione di impegni amministrativi da parte del Governo a supporto del superamento della più generale crisi aziendale. Avrebbe dunque errato il giudice a ritenere preminente il presupposto formale della comunicazione e consultazione rispetto al contenuto dell’accordo raggiunto con le OO.SS. il 18.3.03 che, al pari di quello successivo del 22.7.03, assumeva invece valore sanante; ne sarebbe, infatti, rimasta esclusa la possibilità per le parti stipulanti di elaborare in corso di trattativa diversi criteri di gestione della crisi.
4.5.- Conseguenza di tale erronea preminenza assegnata al dato formale, sarebbe stata la disapplicazione del verbale di esame congiunto del Ministero del Lavoro del 5.12.02 (avente natura di atto pubblico a contenuto certificativo, costituente prova della procedura di consultazione svolta con la mediazione governativa.
4.6.- La comunicazione 31.10.02 di avvio della procedura di CIGS, che fissava il criterio di scelta nelle esigente tecniche, organizzative e produttive, in relazione alle esigente professionali e funzionali, era comunque idonea allo scopo di esternare le intenzioni del datore di lavoro in ordine alle ricadute del programma di superamento della crisi aziendale in relazione alla situazione dei singoli lavoratori, pur residuando la possibilità di procedere a specificazione in sede di esame congiunto, all’esito dell’acquisizione da parte delle OO.SS. di una completa informazione.
4.7.- Con riferimento alla posizione specifica il giudice avrebbe dovuto considerare che il lavoratore, pur nell’ambito della situazione di crisi accertata dall’accordo 18.3.03, era stato posto in CIGS in esecuzione dell’accordo 22.7.03, relativo all’ulteriore evenienza della cessazione della produzione del modello Panda, ove era enunziato il criterio obiettivo e determinato della sospensione dei dipendenti addetti alla protezione di detto modello, che non si discostava dalla comunicazione del 31.10.02, in cui già si prevedeva dei lavoratori addetti al modelli Panda.
5.- Per quel che riguarda la questione preliminare dell’intervenuta conciliazione (v. 4.1) deve ritenersi ingiustificata la tesi che la conciliazione contenente la rinuncia all’impugnativa del licenziamento conseguente ad una procedura di mobilità, in cambio di una somma di denaro, conclusasi con accordo sindacale (richiamato nel verbale di conciliazione), comporti la preclusione anche di ogni azione del lavoratore diretta al riconoscimento di diritti connessi al pregresso rapporto di lavoro.
Tale tesi è in contrasto con i principi enunciati da questa Corte in materia di rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro, secondo cui a fronte di formule di rinuncia generiche ed omnicomprensive occorre accertare se vi siano state la consapevolezza da parte del lavoratore della possibile esistenza di determinati diritti e la effettiva volontà di rinunciarvi. La stessa tesi collide anche con l’effettivo contenuto letterale della dichiarazione. Quest’ultima, secondo quanto riportato nello stesso ricorso, ha fatto riferimento a pretese, domande o azioni che “nel suddetto licenziamento e conseguente definitiva cessazione del rapporto di lavoro con (OMISSIS) s.p.a. e collocazione in mobilità” potessero “trovare origine e/o fondamento”, e pertanto ha delimitato chiaramente il possibile ambito delle rinunce alle pretese inerenti alla fase del licenziamento, della cessazione del rapporto e del collocamento in mobilità, rimanendovi quindi estranei i diritti relativi alla fase anteriore della sospensione per collocamento in cassa integrazione.
Questi rilievi sono assorbenti anche con riferimento alla pretesa illogicità ed insufficienza di motivazione al riguardo della statuizione del giudice di appello. In particolare, l’utilizzazione per la cassa integrazione di un criterio di scelta, quale il possesso da parte del lavoratore di una condizione contributiva e di età idonea a facilitare il suo pensionamento, analogo a quello poi utilizzato per il collocamento dei lavoratori in mobilità, è lungi da consentire un’interpretazione così estensiva della dichiarazione di rinuncia da attirarvi diritti relativi alla fase di cassa integrazione a cui in alcun modo viene fatto riferimento o allusione. I due precedenti di questa Corte richiamati al riguardo nel ricorso (Cass. n. 6391/1992 e 16283/2004) sono qui inconferenti, in quanto in un caso il lavoratore, diversamente che nella specie, aveva dichiarato di rinunciare (anche) a ogni (altro) diritto derivante dal pregresso rapporto di lavoro e, nell’altro, aveva dato atto di aver ricevuto una somma a totale soddisfacimento delle sue spettanze e di non aver altro a pretendere (e la Cassazione aveva ribadito quindi l’esigenza di uno specifico accertamento circa l’effettiva configurabilità dei presupposti oggettivi e soggettivi della riferibilità della rinuncia o transazione al diritto oggetto del giudizio).
6.- Per quanto riguarda la questione principale (v. 4.2-4.3) deve osservarsi che la Legge 23 luglio 1991, n. 223 – che introduce una visione organica della CIGS, ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonché alla proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel tempo – prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e l’approvazione dei programmi e per tutta la loro durata, all’esito di una articolata procedura, il Ministero del Lavoro con decreto conceda il trattamento straordinario di integrazione salariale (articoli 1-2).
Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in CIGS adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I “criteri di individuazione dei lavoratori” e “le modalità della rotazione” sono oggetto di consultazione sindacale, per il dettato normativo che impone la loro comunicazione alle OO.SS. e l’esame congiunto di cui alla Legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 5. Qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico-organizzativo, non intenda attuare meccanismi di rotazione dovrà indicarne i motivi nel programma di ristrutturazione (Legge n. 223, art. 1, commi 7 e 8). Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della rotazione e promuovere un incontro tra le parti. Ove non si pervenga ad un accordo entro tre mesi dalla data della concessione del trattamento di integrazione il Ministro stesso stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione sulla base delle proposte formulate dalle parti (comma 8, secondo periodo).
7.- Su tale assetto intervenne il Decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218, emanato per delega conferita dalla Legge di semplificazione amministrativa 15 marzo 1997, n. 59, art. 20 che inserì il procedimento per la concessione della CIGS – come regolato dalla Legge n. 223 del 1991 – tra quelli sottoposti a delegificazione mediante regolamento emesso ai sensi della Legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2, (art. 20, comma 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla legge stessa).
8. – I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che la disciplina del Decreto del Presidente della Repubblica 218 non abroga la Legge n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione fissati dall’art. 1 di quest’ultima. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 218 non incide, infatti, sulle disposizioni del combinato disposto dell’art. 5 della legge n. 164 del 1975 e della Legge n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, – riguardanti l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità di rotazione poste da tali disposizioni in capo dell’imprenditore – atteso che la disciplina da esso fissata attiene alla fase propriamente amministrativa del procedimento di concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n. 28464).
Può, dunque, affermarsi con questa impostazione (poi ripresa da numerose altre sentenze, tra le quali v. Cass. 31.1.11 n. 2155, n. 2156, n. 2157, Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152) che per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, la Legge n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, prescrive che il datore di lavoro comunichi alle OO.SS. i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in relazione a quanto previsto dalla Legge n. 164 del 1975, art. 5. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle OO.SS., anche dopo l’entrata in vigore della disciplina del Decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218, la quale non abroga o modifica le suddette disposizioni ma è volta unicamente a regolamentare il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale in maniera diversa.
Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che riguarda gli obblighi di rilevanza collettiva del datore (Legge n. 223, art. 1, comma 7-8), precisando che la detta normativa regolamentare non ha spostato l’informazione sui criteri di scelta e sulle modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione di avvio a quello immediatamente successivo dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il contenuto della norma di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 218 cit., art. 2 sarebbe estraneo all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con compressione dei diritti di informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393, entrambe emanate a conclusione del procedimento per condotta antisindacale promosso dalle OO.SS. nei confronti di (OMISSIS) con riferimento alla procedura di Cigs ora in esame avviata con la comunicazione del 31.10.02).
9.- Sulla base di queste considerazioni, all’esito dell’esame delle questioni sub 4.2 e 4.3, può ritenersi corretto l’assunto del giudice di merito che – pur dopo l’entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000 – la comunicazione che il datore, ai sensi della Legge n. 164 del 1975, art. 5 è tenuto a dare alle rappresentanze sindacali aziendali debba contenere l’indicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, i quali solo successivamente dovranno costituire oggetto del successivo esame congiunto.
10.- Consegue l’irrilevanza della questione attinente il rilievo assegnato alla documentazione di provenienza ministeriale. Ove si ritenga che criteri di individuazione e modalità di rotazione debbono essere indicate ab initio nella comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la tesi che assegna valore asseverativo ad un documento che attesta che quell’indicazione è avvenuta solo in un momento successivo, e cioè in sede di esame congiunto.
11.- Neppure può sostenersi che gli accordi 18.3.03 e 22.7.03 avrebbero sanato ogni eventuale vizio della procedura attivata con la lettera 31.10.02.
In proposito va precisato che la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) parte dal presupposto che l’accordo sia di per sé esaustivo delle esigenze conoscitive e di esternazione imposte dal combinato normativo della Legge n. 164, art. 5 e della Legge n. 223, art. 1, commi 7-8, in quanto in tal caso sarebbe solo inutile formalismo imporre al datore di comunicare alle OO.SS. quei criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n. 8353). Nel caso di specie, tuttavia, l’accordo 18.03.03 – intervenuto a procedura già iniziata e quando molte centinaia di lavoratori erano già stati posti in cassa integrazione – si limita a formulare un generale sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, il che esclude quel carattere esaustivo sopra rilevato.
Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le modalità concordate in sede di accordo non possono soddisfare all’essenziale esigenza cui la preventiva comunicazione è preposta, e cioè quella di consentire (non solo alle OO.SS. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai lavoratori coinvolti nella procedura – tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo – di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione da parte del datore di lavoro sia coerente al programma di superamento della crisi adottato e, quindi, di consentire la tutela della loro posizione individuale, nella sostanza controllando il potere del datore di collocarli in cassa integrazione (v. anche Cass. 10.5.10 n. 11254).
12.- Escludendo il carattere sanante degli accordi 18.3.03 e 22.7.03 ed assegnando natura ostativa alla omissioni della comunicazione, il giudice di merito si è attenuto ad una lettura della norma basata su un principio pacifico, affermato da Cass., S.U., 11.5.00 n. 302, secondo cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle OO.SS., ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto della Legge n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, e Legge n. 164 del 1975, art. 5, commi 4 e 5).
Ove l’illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.
13.- Quanto all’incidenza della comunicazione 31.10.82 sulla posizione del ricorrente deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che “i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere …”, di cui alla Legge n. 223 del 1991, art. 1 debbono essere connotati dal requisito della specificità, ovvero, dalla “idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri”, precisandosi che l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta” (v. Cass. 1.7.09 n. 15393, che richiama Cass. 23.4.04 n. 7720, e fa chiaro riferimento a S.u. n. 302 del 2000, citata).
Tale specificità non è stata riscontrata dal giudice di merito, che – analizzando il contenuto specifico dei documenti in considerazione – ha ritenuto non evidenziato con sufficiente specificità il percorso aziendale che ha portato all’individuazione dei singoli lavoratori da sospendere in cassa integrazione, tanto nell’originaria comunicazione del 31.10.02, tanto nell’accordo 22.7.03 (e nella prodromica comunicazione 18.7.03), il quale pure faceva riferimento ai lavoratori adibiti alla produzione di un singolo modello di vettura.
Trattasi di valutazioni di merito che, in quanto congruamente motivate, non sono suscettibili di censura in sede di legittimità.
14.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, come di seguito liquidate, seguono la soccombenza e vanno distratte a favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
15.- I compensi professionali vanno liquidati in euro 2.000,00 sulla base del Decreto Ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione e decisione), con riferimento al valore di euro 1.509,96, corrispondente alla somma della complessiva soccombenza di parte convenuta, come determinata dal giudice di merito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi ed in euro 2.000,00 (duemila/00) per compensi, oltre Iva e Cpa, con distrazione a favore dell’antistatario Avv. (OMISSIS).
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