Corte di Cassazione sentenza n. 5069 del 2 marzo 2011
TRIBUTI – GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA – DIRITTO AL RIMBORSO DELL’ECCEDENZA D’IMPOSTA DI SUCCESSIONE VERSATA AL FISCO CON GLI INTERESSI
massima
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In tema di giudizio d’ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato, di talché può essere enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendosene il reale significato, ma non può essere attributo un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire. Premesso che il ricorso alla procedura di ottemperanza alla sentenza emessa dal giudice tributario è consentito unicamente in presenza di una sentenza esecutiva, che decidendo nel merito una controversia tra contribuente ed erario abbia impartito specifiche prescrizioni da eseguire – si è già in passato ritenuto che è inammissibile il ricorso alla suddetta procedura per ottenere un rimborso d’imposta, ove il giudice tributario non abbia deciso in ordine ad un’istanza di rimborso. Inoltre, sulla scorta anche della giurisprudenza amministrativa formatasi sull’omologo istituto previsto dalla legge istitutiva dei TAR, il giudice dell’ottemperanza “non può riconoscere un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello fatto valere con la sentenza da eseguire, ancorché conseguente e collegato”. Quanto al tema degli accessori del credito, si rammenta che gli interessi – siano corrispettivi, compensativi o moratori – possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda della parte, sicché il loro riconoscimento non può dirsi integrato da un giudicato che non contiene alcuna statuizione di condanna e alcuna specifica pronuncia su di essi, peraltro estranei al contenuto concreto della domanda giudiziale. La Commissione, investita della domanda per l’adozione dei provvedimenti necessari all’ottemperanza, deve attenersi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza, tenuto conto della relativa motivazione, e senza modificarne il contenuto e dunque può statuire in tema d’interessi solo se, nel silenzio serbato dai giudici sulla domanda di pagamento degli interessi formulata dal contribuente, si possa considerare il ricorso accolto nel suo complesso, compresa la richiesta di pagamento degli interessi
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 13 ottobre 2005 la Commissione tributaria regionale di Bari, sez. staccata di Lecce, ha accolto il ricorso per l’ottemperanza della sentenza della Cass. n. 9069/2003, proposto da C. A. e M. A. R. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, ordinando all’ufficio finanziario di pagare il saldo degli interessi, come specificati nella parte motiva, entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione.
Ha motivato la decisione ritenendo che:
a) l’interpretazione del titolo legittimava il diritto al rimborso dell’eccedenza d’imposta di successione versata al fisco con gli accessori di legge;
b) la stessa amministrazione aveva riconosciuto di dovere gli interessi però nella insufficiente misura di cui all’art. 1284 c.c.;
c) in base al combinato disposto degli artt. 37, 40, 42 D.Lgs. 346 del 1990 l’imposta pagata in eccedenza andava rimborsata unitamente agli interessi nella misura del 4,5% per semestre compiuto;
d) gli interessi erano dovuto a decorrere dal 29 novembre 1997, al di quanto già corrisposto a tale titolo.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, ai quali le contribuenti resistono con controricorso e ulteriore memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
A. Con il preliminare e assorbente secondo motivo, l’Agenzia denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”.
B. La ricorrente – premesso che, per legge, la parte che vi ha interesse può richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza tributaria passata in giudicato – rileva che la presupposta decisione della S.C. nella specie non toccava il tema degli interessi; pertanto la CTR ha travalicato i limiti posti dall’art. 70 cit. al giudizio di ottemperanza.
C. Il motivo è fondato. Le Sezioni Unite civili hanno più volte affermato (per tutte, v. la sentenza n. …./2005) che il giudicato, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche. Pertanto l’erronea presupposizione dell’esistenza del giudicato, equivalendo a ignoranza della regula iuris rileva non quale errore di fatto, ma quale errore di diritto, risultando sostanzialmente assimilabile al vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca invece la sua diretta disciplina (cfr. anche Sez. 5, n. 24992 del 24/11/2006).
D. Ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo e alla diretta valutazione e interpretazione degli atti processuali, mediante indagini e accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Sez. l, n. 21200 del 05/10/2009).
E. Dal pregresso giudicato, esaminabile sulla scorta della sentenza ritualmente esibita, emerge che l’amministrazione finanziaria ricorreva per cassazione deducendo due motivi, avverso la sentenza n. …. del 30 gennaio 1999 con cui la commissione tributaria regionale pugliese aveva rigettato l’appello dell’Ufficio e per l’effetto aveva affermato che gli eredi di G. C. potevano detrarre dall’imposta di successione l’intera INVIM astrattamente dovuta. Inoltre, il giudice d’appello aveva ribadito che dall’imponibile poteva essere detratta la somma di L. 344.124.576 per scoperto di conto corrente verso la Cassa di Risparmio di Puglia.
F. Il 12 dicembre 2003, questa Sezione ha emesso la seguente decisione: “La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e decidendo nel merito dichiara che l’INVIM è detraibile dalla imposta di successione solo nei limiti di quanto effettivamente corrisposto. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio”.
G. Per l’ottemperanza a questa decisione agiscono le odierne controricorrenti, chiedendo – per quello che qui interessa – la corresponsione degli interessi al tasso del 9% annuo dal 29 novembre 1997 ai sensi dell’art. 37 del D.Lgs. 346 del 1990. La CTR, come si è detto in narrativa, ha accolto il ricorso.
H. La Cassazione civile, a sezioni unite, ha recentemente stabilito che, in tema di giudizio d’ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato, di talché può essere enucleato e precisato il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendosene il reale significato, ma non può essere attributo un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire (Cass. n. 18208/2010 – Diritto e Giustizia 2010).
I. Da parte di questa Sezione – premesso che il ricorso alla procedura di ottemperanza alla sentenza emessa dal giudice tributario è consentito unicamente in presenza di una sentenza esecutiva, che decidendo nel merito una controversia tra contribuente ed erario abbia impartito specifiche prescrizioni da eseguire – si è già in passato ritenuto che è inammissibile il ricorso alla suddetta procedura per ottenere un rimborso d’imposta, ove il giudice tributario non abbia deciso in ordine ad un’istanza di rimborso (Cass. n. 1947/2008).
J. Si è inoltre ritenuto, sulla scorta anche della giurisprudenza amministrativa formatasi sull’omologo istituto previsto dalla legge istitutiva dei TAR, che il giudice dell’ottemperanza “non può riconoscere un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello fatto valere con la sentenza da eseguire, ancorché conseguente e collegato” (Sez. 5, Cass. n. 24992/2006, in motiv.).
K. Quanto al tema degli accessori del credito, si rammenta che gli interessi – siano corrispettivi, compensativi o moratori – possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda della parte (Sez. 2, n. 4423 del 04/03/2004; Sez. Un., n. 6538 del 18/03/2010), sicché il loro riconoscimento non può dirsi integrato da un giudicato che non contiene alcuna statuizione di condanna e alcuna specifica pronuncia su di essi, peraltro estranei al contenuto concreto della domanda giudiziale.
L. La Commissione, investita della domanda per l’adozione dei provvedimenti necessari all’ottemperanza, deve attenersi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza, tenuto conto della relativa motivazione, e senza modificarne il contenuto e dunque può statuire in tema d’interessi solo se, nel silenzio serbato dai giudici sulla domanda di pagamento degli interessi formulata dal contribuente, si possa considerare il ricorso accolto nel suo complesso, compresa la richiesta di pagamento degli interessi (Sez. 5, n. 3555 del 22/02/2005); richiesta che, come si è detto, era del tutto mancante, al pari di ogni statuizione giudiziale sul punto.
M. Pertanto, si deve concludere che il ricorso delle contribuenti alla procedura dell’art. 70 cit. per l’ottemperanza in punto d’interessi fosse del tutto improponibile in assenza di una pronunzia esecutiva.
N. Trattandosi di un rilievo litis ingressum impediens, esso può essere legittimamente introdotto con il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 382 c.p.c.
O. La particolarità della fattispecie e il recente consolidarsi dalla giurisprudenza di legittimità in materia fanno stimar equa l’integrale compensazione di tutte le spese processuali.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e compensa le spese processuali tra le parti.
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