Corte di Cassazione sentenza n. 5166 del 1° marzo 2013
ACCERTAMENTO – PLUSVALENZA – VENDITA DI UN TERRENO AGRICOLO – TERRENO DI FATTO EDIFICABILE – IMPONIBILITA’ – RECUPERO A TASSAZIONE DA PARTE DEL FISCO – SUSSISTENZA
massima
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Il fisco può recuperare a tassazione le maggiori imposte sulla plusvalenza generata dalla vendita di un terreno agricolo, ma di fatto edificabile. È sufficiente per il prelievo fiscale che l’immobile, come avviene per l’ICI, si trovi nei pressi di un centro abitato. Essendo l’edificabilità di fatto una specie di edificabilità rilevante giuridicamente – perché presa in considerazione dalla legge sia ai fini dell’ICI art. 2, comma primo, lett. b, primo periodo, seconda ipotesi, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 che della determinazione dell’indennità di espropriazione – tale va considerata anche ai fini della plusvalenza, trattandosi di un edificabilità “di diritto”, differenziandosene per il fatto di non essere ancora oggetto di pianificazione urbanistica, in quanto l’edificabilità di fatto è una situazione giuridica oggettiva, nella quale può venirsi a trovare un bene immobile e che influisce sul suo valore.
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FATTO
Con sentenza n. 119/6/06 depositata il 3.11.2006, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia rigettava l’appello proposto nell’interesse di P.R. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Modena n. 60/06/2005 che aveva respinto il ricorso della contribuente avverso gli atti di accertamento con cui, veniva accertata l’esistenza di una plusvalenza, ai sensi dell’art. 81, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986, relativa al terreno pervenuto in successione dal padre della contribuente e successivamente rivenduto, rispettivamente imputata, per l’anno 1999 in L. 131.020.000 e per l’anno 2001 € 21. 524,37,
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, confermando quanto affermato già nella sentenza di primo grado, che il terreno era suscettibile di utilizzazione edificatoria.
La contribuente impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione falsa applicazione dell’art. 81 (ora 67), comma 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., rilevando come non configuri valenza tassabile la cessione di un terreno agricolo sul quale insistono fabbricati rurali demolendi in relazione ai quali è consentito il recupero ad uso civile con prestabilito ridotto ampliamento della superficie utile
b) violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda subordinata, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., non avendola la CTR pronunciato in ordine alla domanda subordinata di rapportare la plusvalenza all’area di risulta dei fabbricati demoliti e ricostruiti oltre alla maggiore area occupata in virtù della maggiore superficie utile consentita.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso nel giudizio di legittimità. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 10.1.2013, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato. In relazione al primo motivo, questa Corte ha già affermato che ai fini della determinazione della base imponibile, l’area edificabile costituisce un genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di diritto, così qualificata in un piano urbanistico, e dell’area edificabile di fatto, vale a dire del terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica. Una siffatta edificabilità non programmata, o fattuale o potenziale, si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l’esistenza di qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica, quale, ad esempio, nella fattispecie, la circostanza che il terreno, prima dell’atto di compravendita, aveva già ottenuto la concessione edilizia per il recupero di fabbricati civili con opera di demolizione nuova costruzione, la concessione edilizia rilasciata per la realizzazione di otto unità immobiliari di pareggio con relativi servizi e che il terreno era stato venduto dalla ricorrente alla ditta macchi Ivo che svolge attività di costruzione edifici.
Ne deriva che, essendo l’edificabilità di fatto una specie di edificabilità rilevante giuridicamente – perché presa in considerazione dalla legge sia ai fini dell’ICI (art. 2, comma primo, lett. b, primo periodo, seconda ipotesi, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) che della determinazione dell’indennità di espropriazione (art. 5-bis, comma terzo, del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359, e art. 37, comma quinto, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) -, tale va considerata anche ai fini della plusvalenza, trattandosi di un’edificabilità “di diritto”, differenziandosene per il fatto di non essere (ancora) oggetto di pianificazione urbanistica,in quanto l’edificabilità di fatto è una situazione giuridica oggettiva, nella quale può venirsi trovare un bene immobile e che influisce sul suo valore, (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9131 del 19/04/2006, nella specie, il giudice di merito aveva erroneamente ritenuto che la mancata inserzione dell’area in un piano urbanistico ne escludesse l’edificabilità di fatto, e quindi la rilevanza giuridica ai fini delle dette imposte). Nel caso di specie il giudice di appello, con una valutazione in fatto, hanno ritenuto il terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, costituendo un corpo unico rappresentato dal terreno e dai fabbricati rurali destinati alla demolizione e alla ricostruzione come fabbricati civili. La rettifica in esame è stata fondata sulla base della riconosciuta suscettibilità di utilizzazione edificatoria unitaria del terreno a prescindere dal fatto che la interessata fosse inserita nel piano regolatore generale come zona agricola normale, condizione che, in base alle considerazioni espresse, non impedisce il riconoscimento della suscettibilità di utilizzazione edificatoria del terreno.
Correttamente, quindi, l’Ufficio riteneva il terreni oggetto di cessione di natura edificabile, ancorché di fatto, legittimando la rettifica del valore dichiarato sulla base dei valori previsti per i terreni edificabili. Anche il secondo motivo va disatteso.
Non è configurabile invero il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva), quando debba ritenersi che tale questione sia stata esaminata e decisa – sia pure con una pronuncia implicita della sua irrilevanza o di infondatezza – in quanto superata e travolta, anche se non espressamente trattata, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza. La vendita è stata correttamente qualificata come operazione commerciale unitaria e quindi non può trovare ingresso la pretesa, subordinata, di frazionare il contratto come se avesse due distinti oggetti, terreno è fabbricati e, di conseguenza, applicare in via di subordine la plusvalenza unicamente all’area di sedime e/o alla maggiore superficie occupata dalle nuove costruzioni.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €.7.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
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