Corte di Cassazione sentenza n. 5182 del 4 marzo 2011
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO – DOCUMENTAZIONE CONTABILE – DISTRUZIONE INCOLPEVOLE – CONSEGUENZE – ONERE DELLA PROVA – RICOSTRUZIONE – COPIE DAI CLIENTI E DAI FORNITORI
massima
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Nessuna detrazione Iva può essere riconosciuta se le scritture contabili sono andate perse per un caso fortuito, come un incendio. Infatti, per ottenere il beneficio il contribuente dovrebbe ricostruire il volume d’affari facendosi rilasciare copia dei documenti dai clienti e dai fornitori. Tale principio si applica anche se a chiedere la detrazione è il curatore fallimentare. In particolare , “la deducibilità dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa), per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed, inoltre, conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, è legittimato ed è tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalità”.
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Il 2° Ufficio I.V.A. di Napoli rettificava con avviso n. …., notificato il 20.12.2000 alla curatela della società C. s.r.l., la dichiarazione per l’anno 1995 in applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, a seguito della richiesta di rimborso per l’anno 1999 di L. 480.000.000 ed alla mancata esibizione delle scritture contabili andate distrutte a seguito di un incendio verificatosi negli ambienti degli uffici, per cui recuperava l’I.V.A. portata in detrazione, considerando anche imponibili le operazioni di esportazione ed irrogando le relative sanzioni.
E.F., curatore fallimentare della società C. s.r.l., impugnava l’avviso di rettifica innanzi alla C.T.P. di Napoli, lamentando che l’ufficio aveva applicato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, accertamento che prevede l’esame preventivo della contabilità, mentre nella specie doveva procedere con accertamento induttivo ex art. 55 st. D.P.R., procedendo alla ricostruzione della contabilità.
Controdeduceva l’Agenzia delle entrate sostenendo che l’atto impugnato traeva origine dalla mancata esibizione della documentazione contabile e che era onere del contribuente documentare gli acquisti sostenuti e le vendite effettuate in esportazione producendo la relativa documentazione anche in copia.
La C.T.P. rigettava il ricorso. Impugnava la società ribadendo l’illegittimità dell’accertamento eseguito D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54, in presenza dei presupposti che consentivano l’accertamento induttivo, non essendo facoltà dell’Ufficio procedere, come affermato dalla C.T.P. ad accertamento analitico in caso di mancata tenuta o rifiuto di esibizione o sottrazione all’ispezione delle scritture contabili. Resisteva l’A.F.
La C.T.R. della Campania respingeva il gravame, confermando la decisione di primo grado, affermando che, poichè le scritture contabili erano andate distrutte per un incendio, come affermato dal curatore del fallimento, poteva essere applicato solo l’art. 54 cit. ed alla società rimaneva la possibilità, non utilizzata, di ricostruzione della stessa, chiedendo ai fornitori ed ai clienti le copie delle fatture.
E.F., curatore fallimentare della società C. s.r.l., impugnava detta decisione con ricorso notificato il 24.1.2006, chiedendo la cassazione della sentenza, sulla base di un unico motivo. Non risulta costituita l’Agenzia delle entrate.
DIRITTO
Con l’unica censura si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, per avere la C.T.R. ritenuto che, poichè il curatore fallimentare aveva ammesso di non disporre della contabilità della fallita quando era in bonis, ciò consentiva all’A.F. di procedere alla rettifica della dichiarazione merce l’ablazione di tutti gli importi portati in detrazione, violando in tal modo la norma secondo la quale la facoltà per procedere a rettifica analitica è data soltanto in ipotesi espressamente previste, non ricorrenti nella specie, nè indicate nell’avviso, sottraendosi così all’onere probatorio incombente su di essa secondo il disposto dell’art. 56, D.P.R. cit.; mentre l’Amministrazione, a giudizio di parte ricorrente, avrebbe dovuto procedere, in assenza incolpevole della contabilità, solo con accertamento induttivo.
La stessa C.T.R., peraltro, non aveva, inoltre, tenuto conto che era impossibile per un terzo soggetto qualificato, nella specie, il curatore fallimentare, acquisire copie di contabilità e documenti risalenti a cinque anni prima dell’apertura della procedura, disponibili da parte di fornitori e clienti della società fallita in bonis non identificabili in alcun modo da parte dello stesso curatore Occorre, preliminarmente, dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze in quanto lo stesso nel presente procedimento è privo di legittimazione processuale, non essendo stato parte nel giudizio di appello dal quale deve intendersi tacitamente estromesso (Cass. nn. 9004/2007, 22889/2006), come è dato rilevare anche dall’epigrafe della sentenza impugnata, ove il gravame risulta proposto avverso l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Nola, in data 29 aprile 2004.
A seguito della riforma dell’Amministrazione finanziaria ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, sono state istituite le Agenzie fiscali e, pertanto, a partire dal 1° gennaio 2001 (data d’inizio dell’operatività di detti enti), la legittimazione processuale attiva e passiva nel contenzioso tributario compete a dette istituzioni, dotate di personalità giuridica, e non più al Ministero od agli uffici periferici dello stesso non più esistenti a seguito dell’intervenuta riforma.
Non si statuisce sulle spese, dato che il Ministero non risulta costituito nel presente procedimento.
Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha già affermato (cfr., ex multis, Cass. nn. 10174/1995, 11109 e 13605/2003, 21233/2006, 1650/2010) nella disciplina dell’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, la deducibilità dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa) per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed, inoltre, conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, è legittimato ed è tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalità.
La citata normativa, peraltro, non si occupa dell’ipotesi dell’incolpevole impossibilità di produrre gli indicati scritti (nella specie, per incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della società). Pertanto, ove il contribuente, nella specie, il curatore fallimentare, dimostri di esser nell’impossibilità di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724 c.c., n. 3. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non integra ragione di esenzione dall’onere della prova, nè sposta il medesimo sulla controparte, ma rileva esclusivamente come situazione autorizzativi della prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti.
In applicazione della suddetta norma, è da ritenersi che l’incolpevole perdita della contabilità, richiesta per la detrazione di IVA “a credito”, non introduce una presunzione di veridicità di quanto il fatto che la documentazione contabile sia andata distrutta in epoca precedente alla nomina del curatore, soggetto senza dubbio incolpevole, non è di per sè sufficiente al fine di dare prova dei fatti controversi, dovendo la richiesta relativa al preteso credito trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse.
Nè, infine, incide sulla presente decisione la doglianza relativa al tipo di accertamento eseguito dall’A.F., essendo nella specie irrilevante, in quanto trattandosi di detrazioni finalizzate alla riscossione di un credito resta a carico del contribuente l’onere della prova, come sopra già espressi).
Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato. Non si statuisce sulle spese in quanto parte intimata non ha svolto in questa fase di legittimità alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte, dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero, respinge quello proposto avverso l’Agenzia delle entrate.
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