Corte di Cassazione sentenza n. 5473 del 05 aprile 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – TRASFERIMENTO D’AZIENDA – RESPONSABILITA’ CEDENTE E CESSIONARIO
massima
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La responsabilità solidale tra cedente e cessionario non è riferibile a crediti, ad esempio, nel caso di specie, il danno da infortunio, maturati nel corso del rapporti di lavoro cessati ed esauriti anteriormente al trasferimento d’azienda, salva in ogni caso l’applicabilità dell’art. 2560 c.c., che contempla in generale la responsabilità dell’acquirente per i debiti dell’azienda ceduta ove risultino dai libri contabili.
Nell’attuale regime sancito dall’art. 2112 c.c. dopo la modifica normativa che ha dato attuazione alla direttiva Cee n. 22/187 del 13 febbraio 1977, non si registra – Cass. civ., Sez. I, 04/10/2010, n. 20577 – una riduzione dell’ambito di operatività della responsabilità del cessionario per i debiti imputabili direttamente al cedente, bensì un rafforzamento della tutela che rimane estesa a tutti i crediti – ivi compresi quelli dei lavoratori cessati anteriormente al trasferimento – e non richiede, quale condizione della responsabilità solidale, la conoscenza o la conoscibilità, da parte del cessionario, del mancato adempimento dell’obbligazione retributiva.
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FATTO
Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Terni, depositato il 16/1/2004, (Omissis) conveniva in giudizio la (Omissis) S.p.A., per sentirla condannare al risarcimento dei danni da lui subiti seguito di un infortunio sul lavoro, avvenuto nella notte tra il (Omissis). Si costituiva la (Omissis) S.p.A., poi divenuta (Omissis) S.p.A., la quale eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, poiché il (Omissis) mai era stato suo dipendente. Era, invece, all’epoca dell’infortunio, dipendente della (Omissis) s.p.a., per poi passare alle dipendenze della (Omissis) s.p.a. quando questa, nel settembre 1996 con contratto di fitto, e poi, nel dicembre dello stesso anno in seguito a definitiva cessione, aveva rilevato il ramo di azienda con tutto il personale addetto ed i debiti allo stesso relativi. Sosteneva, per le ragioni così addotte, la necessità di chiamare in giudizio la (Omissis) S.p.A. Eccepiva, comunque, l’inammissibilità della domanda per effetto dell’atto di transazione e rinuncia, firmato dal (Omissis) con le (Omissis) s.p.a. – o, quantomeno, la compensazione di quanto eventualmente dovuto con le somme in quella circostanza erogate – nonchè la prescrizione di ogni credito. Chiedeva, infine, ravvisarsi la responsabilità esclusiva dell’infortunato e ridursi congruamente le sue pretese risarcitorie.
Il giudice disponeva di ufficio (ai sensi dell’art. 107 c.p.c.) la chiamata in causa della (Omissis) s.p.a. (per il seguito (Omissis)), la quale si costituiva, sostenendo che la (Omissis) S.p.A., quale incorporante la (Omissis) S.p.A., era responsabile ex art. 2087 c.c. verso il (Omissis) e che, per tale motivo, doveva semmai manlevare essa chiamata in causa di ogni eventuale esborso. Svolgeva le medesime eccezioni già sollevate dalla (Omissis) e, quanto al merito, riteneva essere assorbente la responsabilità dello stesso infortunato.
Con sentenza 15/12/2006 l’adito Tribunale, dichiarata carente di legittimazione passiva la (Omissis) S.p.A. e respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda per effetto della transazione, riconosceva quale responsabile unico la (Omissis), condannandola al risarcimento del danno – escluso quello morale, caduto in prescrizione – che liquidava nella misura complessiva di euro 20.963,00, oltre interessi e rivalutazione dall’1/7/2005.
Proponeva appello la (Omissis) con ricorso depositato il 23/7/2007 e, riproposte tutte le considerazioni già svolte in primo grado, chiedeva la riforma della pronuncia con reiezione di ogni domanda nei suoi confronti. Si costituiva la (Omissis), che concludeva per la conferma della pronuncia. Si costituiva anche il (Omissis), che proponeva appello incidentale relativamente alla dichiarata prescrizione del danno morale nonchè, in via subordinata, per ottenere l’eventuale condanna della (Omissis).
Con sentenza del 10 giugno-22 agosto 2009, l’adita Corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della decisione impugnata, esclusa la maturazione della eccepita prescrizione, determinava in complessivi euro 26.203,75 (di cui 5.240,75 per danno morale) il danno subito da (Omissis) e condannava (Omissis) S.p.A. al pagamento, in favore dello stesso, della somma suddetta, previa detrazione di quanto dallo stesso già percepito da (Omissis) s.p.a. (euro 12.342,29, da rivalutare al 1/6/2005). Confermava nel resto e condannava (Omissis) S.p.A. a rifondere al (Omissis) le spese del grado, compensando le spese tra le altre parti. Assumeva la Corte che con la cessione del ramo d’azienda, avvenuta nel dicembre 1996 la soc (Omissis) spa aveva conferito gli impianti con tutto il personale addetto alla (Omissis) S.p.A., che, in base al disposto dell’art. 2112 c.p.c. era divenuta in tal modo titolare di tutte le obbligazioni nei confronti dei dipendenti, compreso il (Omissis). Pertanto, tenuta al risarcimento era unicamente la (Omissis).
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre quest’ultima con due motivi.
Resiste la (Omissis) S.p.A., con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.
Resiste anche il (Omissis), proponendo a sua volta ricorso incidentale.
La (Omissis) e la (Omissis) S.p.A., propongono controricorsi avverso i ricorsi incidentali delle parti avverse.
La (Omissis) S.p.A. ed il (Omissis) hanno anche depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
DIRITTO
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi principale ed incidentali, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo di impugnazione la (Omissis), denunciando violazione e falsa interpretazione degli artt. 2112, 2087, 2504 bis, 2558, 2559, 2560, 1292, 1273, 1299, 1362 c.c., artt. 99, 100, 106, 112 e 110 c.p.c., nonché omessa, contraddittoria, insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, sostiene che – contrariamente a quanto ritenuto nelle impugnata decisione, la (Omissis) S.p.A. dovrebbe, comunque, ritenersi legittimata passivamente, atteso che l’art. 2112 c.c. prevede che cedente e cessionario siano responsabili in solido per le obbligazioni che verso il dipendente si aveva all’atto della cessione di azienda; la Corte di Appello avrebbe dovuto, quindi, “riconoscere la responsabilità solidale di cedente e cessionario nei confronti del (Omissis) per l’intero risarcimento liquidato, condannandole entrambe al pagamento.
Più in dettaglio, osserva la (Omissis) che, in ottemperanza al disposto dell’art. 2112 c.c., premesso che in ogni caso il (Omissis) non aveva mai liberato la cedente dell’azienda dalla obbligazione solidale per i debiti sussistenti verso di lui all’atto della cessione d’azienda (art. 2112 c.c., comma 2), cedente e cessionario erano obbligati in solido per il risarcimento del danno biologico riconosciutogli con sentenza definitiva ex art. 2087 c.c.
Puntualizza in fatto che l’incidente che aveva dato causa ai danni liquidati al ricorrente era stato subito in data (Omissis), ovvero un anno prima che tra la soc. (Omissis) spa (a capitale (Omissis) spa) e la soc (Omissis) srl, poi spa, (a capitale privato, (Omissis) spa) intervenissero pattuizioni per l’affitto dell’azienda (contratto a valere dal (Omissis)) ovvero quelle definitive per la cessione dell’azienda, “formalizzate con atto rogito il (Omissis) rep. 83705 (doc. n. atti di 1 grado)”. Quindi l’imputabilità del debito risarcitorio ex articolo 2087 c.c. non poteva non ricadere sulla società che a quell’epoca era proprietaria e gestiva l’azienda presso lo stabilimento di (Omissis), ovvero sulla vecchia soc (Omissis) spa, che alla data della cessione dell’azienda era la società cedente ex art. 2112 c.c., che ha conferito impianti e dipendenti occupati alla cessionaria soc (Omissis) S.p.A.
Secondo la prospettazione motivata in sentenza dalla Corte d’Appello di Perugia, – soggiunge la ricorrente (Omissis) spa sarebbe in tal modo divenuta titolare di tutte le obbligazioni nei confronti dei dipendenti, e ciò, sinteticamente motivato ,in base al disposto dell’art. 2112 c.c. Questa interpretazione dell’art. 2112 c.c., – ad avviso della ricorrente – non sarebbe conforme a diritto, poiché, in base al disposto dell’art. 2112 c.c., cedente e cessionario sono responsabili in solido per le obbligazioni che il dipendente aveva all’atto della cessione d’azienda, mentre il Cessionario subentra a tutti gli effetti nel rapporto di lavoro del dipendente, che è cosa ben diversa da un automatico accollo, per il solo fatto della avvenuta cessione d’azienda, di tutti i debiti pregressi verso i dipendenti, anche rispetto a quelli non rientranti nel conferimento e non espressamente conferiti.
La previsione della solidarietà dell’acquirente dell’azienda nella obbligazione relativa al pagamento dei debiti dell’azienda ceduta – osserva ancora la ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23780/2004) – è posta a tutela dei creditori, e non dell’alienante: sicché, essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale, nel senso che il debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del debito, e cioè il cedente, nei cui confronti può rivalersi in via di regresso l’acquirente che abbia pagato, quale coobbligato in solido, un debito pregresso dell’azienda. Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
Va, anzitutto, chiarito che – come risulta dalla impugnata pronuncia – l’intervento della (Omissis) è avvenuto ai sensi dell’art. 107 c.p.c., in base al quale, qualora il convenuto eccepisca di non essere titolare del lato passivo del rapporto dedotto in giudizio e indichi come tale il terzo, il giudice di primo grado, con valutazione discrezionale, non sindacabile in sede di legittimità, può ordinare l’intervento in causa del terzo, in tal modo costituendosi un “simultaneus processus” diretto alla individuazione del titolare passivo del credito azionato, al terzo estendendosi in via automatica la domanda dell’attore (ex plurimis, Cass. n. 13907/2007). Ciò posto, deve riconoscersi la responsabilità solidale della soc. (Omissis), non essendo corretto l’avvenuto riconoscimento quale unico responsabile della (Omissis). Si applica infatti il capoverso dell’art. 2112 c.c.
La Corte inoltre non ha considerato che, per la cedente dell’azienda (Omissis) S.p.A., attualmente è tenuta a rispondere, a qualsiasi titolo, la soc. (Omissis) S.p.A., che, fatto non controverso, ha incorporato la soc. (Omissis) spa in liquidazione, che, a sua volta, aveva incorporato la soc. (Omissis), posta in liquidazione all’esito della cessione d’azienda.
In proposito, questa Corte ha chiarito che la fusione di società mediante incorporazione, avvenuta prima della riforma del diritto societario di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003 e dell’introduzione dell’articolo 2504 bis c.c., realizza una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale e produce gli effetti, tra loro indipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, la quale assume la medesima posizione processuale della società estinta, con tutte le limitazioni e i divieti ad essa inerenti (Cass., sez. un. 28-12-2007, n. 27183).
In primo luogo essa era comunque legittimata passivamente verso il ricorrente quale successore universale della soc. cedente e ciò anche prima della riforma dell’articolo 2504 bis c.c. in virtù del Decreto Legislativo n. 6 del 2003, vieppiù trattandosi nel caso di specie di una obbligazione contrattuale e non extracontrattuale, e ciò anche a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità dei debiti contratti dalla soc. incorporata trattandosi di fattispecie di successione a titolo universale (Cass. 4812/1986). Si deve altresì prescindere da qualsiasi pattuizione intercorsa tra le società esse intese come fuse o incorporate o come parti della cessione d’azienda. (Cass., sez. lav., 26-07-1996, n. 6757.) Peraltro tutti gli adempimenti formali relativi alle incorporazioni d’azienda si erano già compiuti nel 2001 (fatto dato per ammesso ed acquisito agli atti del processo), e quindi in epoca precedente alla proposizione del ricorso.
Deve quindi affermarsi la responsabilità solidale della (Omissis), con conseguente rigetto del ricorso incidentale, con cui quest’ultima lamenta che la Corte territoriale abbia “omesso di dichiarare esplicitamente la inammissibilità della domanda riconvenzionale invalidamente proposta” dalla (Omissis) “nella memoria di costituzione, in qualità di terzo chiamato jussu judicis, che era stata espressamente respinta dal Giudice monocratico del lavoro del Tribunale di Terni”. La doglianza è infondata poichè la chiamata in causa si è difesa negando il proprio debito ed indicando il vero debitore, ma non ha avanzato alcuna domanda riconvenzionale.
Infondato è, poi, il secondo motivo di ricorso principale, con cui la (Omissis), denunciando violazione e falsa interpretazione degli artt. 2059, 2087, 2934 e 2947 c.c., degli artt. 590, 157, 582, 185, 40, 41 c.p. nonché artt. 40 e 41 c.p., art. 185 e 112 c.p.c., nonché omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, sostiene che il danno morale sofferto dal Signor (Omissis) avrebbe dovuto ritenersi compreso nel danno biologico, comunque da liquidarsi solo caso per caso, ove dedotto e provato, alla luce del sopravvenuto orientamento della Corte di legittimità (sentenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 7.11.2008).
Invero, alla stregua del più recente orientamento di questa Corte – cui va prestata adesione in tema di liquidazione del danno, la fattispecie del danno morale, da intendersi come “voce” integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale, trova rinnovata espressione in recenti interventi normativi (e, segnatamente, nel Decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 2009, n. 37 e nel D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181), che distinguono tra la “voce” di danno c.d. biologico, da un canto, e la “voce” di danno morale, dall’altro, con la conseguenza che di siffatta distinzione, in quanto recata da fonte abilitata a produrre diritto, il giudice del merito non può prescindere nella liquidazione del danno non patrimoniale (cfr. Cass. n. 18641/2011).
Nella specie, va, dunque confermata la sentenza di merito che, in base a motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha liquidato congiuntamente il danno biologico ed il danno morale senza incorrere in alcuna violazione di legge. Con ricorso incidentale (Omissis), denunciando violazione o falsa applicazione degli artt. 1341, 1362, 1363, 1364, 1366, 1369, 1370, 1371, 1411, 1421 e 1422 c.c., propone la riforma di quel capo della sentenza d’Appello che ha visto vittoriosa la (Omissis) SPA in riforma della sentenza di primo grado, ritenendo non dovuta la somma già’ percetta a suo tempo dal (Omissis) tramite l’adesione alla polizza infortuni (Omissis) spa per complessivi euro 12.342,29 da rivalutarsi sino alla data di liquidazione della somma capitale e quindi da detrarsi dall’ammontare complessivo del risarcimento in quanto già percetti.
Sostiene il ricorrente che l’indennizzo da lui percepito dalla società di assicurazione non avrebbe potuto essere detratto dall’ammontare del danno a lui spettante. La censura non è fondata poiché la detrazione, come osserva la Corte d’appello, è dovuta in base a clausola contrattuale espressamente accettata dallo stesso lavoratore oggi ricorrente; nè trattasi di clausola vessatoria, ossia rientrante in una delle ipotesi previste nel capo verso dell’art. 1341 c.c.
Con ciò rimane assorbita la questione della necessità di accreditare al lavoratore quanto da lui già sborsato a titolo di premio assicurativo.
In conclusione, l’impugnata sentenza va annullata, nei termini sopra indicati, in relazione al primo motivo del ricorso principale. Potendosi la causa decidere nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c., comma 2, ult. parte), va dichiarata la responsabilità solidale della società (Omissis) S.p.A.
L’esito del presente giudizio induce a compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e rigetta per il resto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la responsabilità solidale della società (Omissis) S.p.A. Compensa le spese dell’intero processo.
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