Corte di Cassazione sentenza n. 5476 del 5 marzo 2013
TRIBUTI – IVA – CREDITI – COMPENSAZIONE CON DEBITI PREGRESSI – OMESSA PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE E QUINDI MANCATA ESPOSIZIONE DEL CREDITO PER L’ANNO SUCCESSIVO
massima
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In tema di IVA, il contribuente che abbia versato un’eccedenza di imposta esponendo il relativo credito nella dichiarazione annuale di competenza, qualora ometta di inserire il credito stesso nella dichiarazione dell’anno successivo, perde il diritto ad utilizzare la procedura di recupero dell’imposta versata in eccedenza attraverso il meccanismo dei conguagli con eventuali somme da versare nell’anno successivo, procedura condizionata al puntuale rispetto delle modalità e delle cadenze indicate dalla legge, ma non perde il diritto alla detrazione, atteso che la decadenza dal diritto è comminata, dall’art. 28, quarto comma, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nell’anno di competenza, e che caratteristica dell’istituto della decadenza è la salvezza – una volta per tutte – del diritto a seguito del compimento nei termini dell’attività richiesta da parte dell’interessato.
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OSSERVA
La CTR di Milano ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n.121/29/2008 della CTP di Milano che aveva accolto il ricorso della società contribuente “(…) srl”- ed ha così annullato ruolo e cartella di pagamento relativi ad IVA – IRPEG per l’anno 2002, emessi a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione 2003 nella quale la parte contribuente aveva esposto il debito ma lo aveva compensato con un credito IVA dì importo pari ad € 42.765,00 evidenziato nella dichiarazione dell’anno 2001 ma non riportato nella dichiarazione dell’anno 2002 la quale ultima era stata bensì presentata con modalità telematica ma era rimasta scartata dai sistema per una irregolarità relativa alla data.
La predetta CTR ha motivato Sa decisione ritenendo che “l’errore di carattere formale commesso dall’intermediario nella trasmissione della dichiarazione non può precludere la utilizzazione del credito esistente”. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Non ha svolto attività difensiva la parte contribuente.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis epe assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c. Infatti, con il primo motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 D.P.R. n. 322/1998″), assorbente rispetto al residuo, l’Agenzia ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto non preclusiva della compensazione con il debito diverso d’imposta la omessa presentazione della dichiarazione (e perciò l’esposizione del credito IVA) nell’anno successivo a quello di competenza del credito medesimo. La censura è manifestamente fondata, alla luce della costante e condivisibile giurisprudenza di questa Corte (per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3604 del 20/02/2006) secondo cui:”In tema di IVA, il contribuente che abbia versato un’eccedenza di imposta esponendo il relativo credito nella dichiarazione annuale di competenza, qualora ometta di inserire il credito stesso nella dichiarazione dell’anno successivo, perde il diritto ad utilizzare la procedura di recupero dell’imposta versata in eccedenza attraverso il meccanismo dei conguagli con eventuali somme da versare nell’anno successivo, procedura condizionata al puntuale rispetto delle modalità e delle cadenze indicate dalla legge, ma non perde il diritto alla detrazione, atteso che la decadenza dal diritto è comminata, dall’art. 28, quarto comma, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nell’anno di competenza, e che caratteristica dell’istituto della decadenza è la salvezza – una volta per tutte – del diritto a seguito del compimento nei termini dell’attività richiesta da parte dell’interessato”.
La pronuncia del giudice del merito merita quindi di essere cassata senza rinvio e il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma 10 settembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agii avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate io € 3.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
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