Corte di Cassazione sentenza n. 5478 del 5 marzo 2013
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – GIUDICATO ULTRATTIVO – RILEVANZA
massima
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Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.
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OSSERVA
La CTR di Napoli ha accolto l’appello della “T. service srl” – appello proposto contro la sentenza n. 243/07/2006 della CTP di Frosinone che aveva respinto il ricorso della medesima società contribuente – ed ha così annullato le cartelle di pagamento per IVA – IRPEF – IRAP anni 2000 – 2001 con cui l’Agenzia aveva – sulla premessa della decadenza dall’istanza di definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, per effetto del pagamento delle sole prime rate dell’importo rateizzato dovuto per la definizione agevolata – recuperato integralmente le imposte non pagate od omesse (coi relativi interessi e sanzioni). La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo – alla luce della Circolare n. 36/E del 2005 che ha previsto il deposito di una dichiarazione integrativa da parte dei soggetti interessati; alla luce della proroga dei termini di definizione agevolata previsti dal D.L. n. 143 del 2003 – che l’Ufficio non avrebbe potuto dichiarare inefficace il condono ma semplicemente “richiedere l’integrazione del condono e successivamente iscrivere a ruolo il residuo delle somme non pagate” e non già l’importo dovuto per le obbligazioni tributarie fatte oggetto di condono.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art.375 c.p.c. Infatti, con il primo motivo di censura (centrato sulla violazione dell’art. 2909 c.c.) la ricorrente – dopo avere dato atto ed avere documentato che solo dopo il deposito della sentenza della CTR qui impugnata era passata in giudicato la sentenza n. 853/40/2009 della medesima CTR di Latina – Roma con cui era stato dichiarata infondata l’impugnazione del provvedimento di diniego di condono su cui era fondata l’emissione della cartella di pagamento di cui qui si tratta – assume che la sentenza qui impugnata “ha pronunciato in violazione del giudicato esterno di cui alla citata sentenza n. 835/40/2009 della CTR di Latina”.
Rispetto all’esame del predetto motivo di impugnazione (a mezzo del quale la parte ricorrente pone in sostanza la questione della rilevanza di un giudicato non ancora maturatosi al momento in cui la pronuncia è stata adottata) è preliminare il rilievo ex officio dell’esistenza attuale di un giudicato esterno (sulla rilevabilità del giudicato esterno anche senza necessità di apposito motivo di impugnazione, ed atteso che esso emerge dalla copia autentica della sentenza prodotta nel presente grado di giudizio dalla parte ricorrente, anche in considerazione del fatto che il giudicato si è formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, si veda Cass. Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006).
Pacifico infatti, per quanto emerge dalla sentenza n. 835/40/2009 della CTR di Roma – Latina (qui prodotta in copia autentica), che il ricorso in impugnazione del provvedimento di diniego di condono costituente atto presupposto della cartella di pagamento qui contestata è stato respinto in via definitiva e non rimeditabile, non resta che concludere che diversa sorte non può avere il ricorso proposto avverso la cartella di pagamento medesima.
Ed invero è jus receptum che, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo (in termini, per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 04/08/2000).
Non resta che cassare senza rinvio la sentenza impugnata.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 30 maggio 2012.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 7.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
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