Corte di Cassazione sentenza n. 5551 del 6 marzo 2013
LAVORO SUBORDINATO – ESTINZIONE DEL RAPPORTO – LICENZIAMENTO – GIUSTA CAUSA – AUTOFERROTRANVIERI – CODICE DISCIPLINARE – TACITA ABROGAZIONE AD OPERA DELLO STATUTO DEI LAVORATORI – ESCLUSIONE
massima
______________
Il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri è disciplinato da una normativa speciale costituente un “corpus” compiuto ed organico, onde il ricorso alla normativa generale è possibile soltanto ove si riscontrino in essa lacune tali che non siano superabili neanche attraverso l’interpretazione estensiva o analogica di altre disposizioni appartenenti allo stesso “corpus”. Ne consegue che alla risoluzione del rapporto di lavoro del personale addetto a pubblici servizi di trasporto in concessione – attesa la specialità dello status di tale personale e della disciplina (R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 ed allegato A) del relativo rapporto, sia nella costituzione che nelle sue vicende – non è applicabile il termine per l’impugnazione del licenziamento previsto (a pena di decadenza) dall’art. 6 della L. n. 604/1966.
_____________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 7 giugno 2011, la Corte d’appello di Catanzaro, dopo che le sezioni unite dì questa Corte avevano dichiarato, con la sentenza n. 15917 del 2008, la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia, ha confermato la decisione di primo grado di annullamento del provvedimento n. 190/2000 – con cui la Azienda per la mobilità nell’area cosentina (A.M.A.CO.) aveva disposto l’esonero dal servizio del conducente suo dipendente T. G., a norma dell’art. 27, lett. d) dell’all. A al R.D. n. 148 del 1931 (per scarso rendimento) e l’opinamento per la sua destituzione (divenuto provvedimento definitivo) ai sensi dell’art. 45, punto 7 del medesimo decreto, oltre alla sanzione della sospensione di trenta giorni (in esito ad un procedimento avviato per fatti suscettibili di dar luogo alla destituzione); condannando la predetta Azienda alla reintegrazione del lavoratore e al pagamento allo stesso della retribuzione dal dì dell’esonero all’effettiva reintegrazione.
In proposito, la Corte territoriale ha ritenuto che al procedimento di irrogazione al T. delle sanzioni disciplinari in questione avrebbe dovuto essere applicata la disciplina di cui all’art. 7 S.L., in quanto maggiormente garantista dei diritti del lavoratore di quella di cui al R.D. n. 148/1931, all. A, applicabile al procedimento disciplinare in esame.
Per la cassazione di tale sentenza, la A.M.A.CO. ha notificato in data 21 settembre 2011 un ricorso, affidato a quattro motivi.
Gli eredi di T. G., deceduto il 7 maggio 2011, sigg. re A. M. P., C. G., D. G. e R. G. resistono alle domande con rituale controricorso.
L’A.M.A.CO ha depositato una memoria a norma dell’art.. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Col primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare le specifiche deduzioni dell’appellante in ordine alla pretesa abrogazione tacita del sistema sanzionatorio previsto dal R.D. del 1931, erroneamente ritenuta dal giudice di primo grado, in particolare con riferimento ad un procedimento disciplinare, come quello che aveva condotto alla destituzione del G., per condanna definitiva del dipendente a quattro anni di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
L’appellante aveva infatti ricordato la communis opinio in ordine alla specialità del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri – nonostante l’intervenuta attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario – ad es. in materia di mansioni e qualifiche, fondata sul rilievo che la relativa disciplina costituisce un corpus compiuto e organico.
Con la conseguenza che, in applicazione delle regole interpretative di cui all’art. 15 prel., avrebbe dovuto essere esclusa la tacita abrogazione della normativa speciale in materia di procedimento disciplinare, tanto più per il fatto che anch’essa appare fortemente garantista, mentre non potrebbe sostenersi che la sua abrogazione sia desumibile, in maniera praticamente automatica, non da una legge innovativa, ma dall’intervento di una sentenza e di una sentenza sulla giurisdizione, quale quella invocata a sostegno della decisione (Cass. S.U. 13 gennaio 2005 n. 464).
Le obiezioni così formulate dall’appellante, anche con ampio richiamo della giurisprudenza della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato, della Corte di cassazione e di alcuni giudici di merito, non erano state esaminate dalla Corte d’appello, che sbrigativamente si era limitata ad affermare la incompatibilità e quindi la tacita abrogazione della vecchia disciplina in favore di quella di cui all’art. 7 S.L. in quanto quest’ultima sarebbe “più garantista verso il lavoratore”.
Infine, la Corte territoriale avrebbe altresì omesso di considerare che il legislatore nel recente codice del processo amministrativo aveva ritenuto di intervenire unicamente sulla disposizione del R.D. n. 148 del 1931 che prevedeva il ricorso al Consiglio di stato in sede giurisdizionale contro le decisioni del consiglio dì disciplina, senza viceversa intervenire sulle competenze di quest’ultimo e quindi sulla normativa concernente il procedimento disciplinare, smentendo così la tesi della abrogazione tacita di queste ultime.
2. – Col secondo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omesso esame del secondo motivo dì appello, laddove l’appellante aveva sostenuto che l’eventuale abrogazione della normativa disciplinare degli autoferrotranvieri per effetto della sentenza della Corte di cassazione del 2005 non avrebbe potuto retroagire al 2000, epoca della applicazione al G. della sanzione disciplinare.
3. – Col terzo motivo, la ricorrente denuncia, in via subordinata, la nullità della sentenza per omesso esame del terzo motivo di appello, avente ad oggetto la “erroneamente esclusa sopravvivenza, sotto distinti profili, del sistema sanzionatolo ex R.D. n. 148/1931”.
Distinti profili che attenevano a:
a) il fatto che lo stesso legislatore del pubblico impiego contrattualizzato aveva stabilito una disciplina autonoma per i procedimenti disciplinari rispetto a quella contenuta nell’art. 7 S.L.;
b) come risultante dal D.Lgs. n. 112 del 1998, i consigli di disciplina delle aziende esercenti pubblici servizi di trasporto in concessione non sono stati aboliti, ma sono stati semmai aboliti i consigli di disciplina delle gestioni governative (art. 102 del decreto legislativo);
c) il fatto che l’accordo nazionale del 19 febbraio 1948 non aveva modificato le disposizioni di cui all’ali. A) al R.D. n. 148 del 1931, quantomeno con riferimento alla procedura di destituzione del personale stabile come il G.
4 – Col quarto motivo dì ricorso viene infine dedotta la falsa applicazione degli artt. 27, 52 e 53 R.D. n. 148/1931, 7 L n. 300 del 1970, 112 c.p.c. e 12, primo comma disp. prel.
La Corte territoriale aveva affermato la natura maggiormente garantista dell’art. 7 S. L. rispetto al R.D. del 1931 nonostante che l’argomento non fosse stato versato in giudizio dal G. (eventualmente con appello incidentale), il quale si era limitato a sottoporre il distinto tema della abrogazione tacita della disciplina più antica.
Inoltre e comunque, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere la natura meno garantista del R.D. rispetto all’art. 7 S.L. quanto al profilo del rispetto della regola del contraddittorio, erroneamente non considerando che in tale sistema al lavoratore è data una duplice possibilità di difesa dalle accuse, una in sede dì iniziale contestazione effettuata all’atto della acquisizione della notitia criminis e l’altra al termine della conseguente istruttoria, con annessa formulazione dì una proposta di sanzione da parte del datore.
Il ricorso, i cui motivi, che, nonostante la diversa indicazione nella rubrica, attengono sostanzialmente al vizio di interpretazione della normativa di legge citata, conviene trattare congiuntamente, è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito esposti.
Il dato centrale della materia del contendere tra le parti (essendo tra le stesse pacifica la natura disciplinare dei provvedimenti impugnati nel presente giudizio) è infatti rappresentato dalla esattezza o non dell’assunto, sostenuto dal controricorrente e fatto proprio dalla sentenza impugnata, secondo il quale l’evoluzione della disciplina dei rapporti di lavoro in senso lato pubblici, i mutamenti organizzativi secondo moduli privatistici intervenuti nel tempo nell’ambito del servizio di pubblico trasporto nonché il lungo processo di delegificazione della disciplina di cui al R.D. n. 148 del 1931 comporterebbero la tacita abrogazione della disciplina speciale dettata dall’ali. A al R.D. in materia di procedimento disciplinare degli autoferrotranvieri, in favore della più generale e meglio garantista normativa di cui all’art. 7 della legge n. 300 del 1970.
Posto nei termini assoluti in cui il problema è stato esaminato dalla Corte territoriale, la soluzione non può che essere nel senso della permanenza della disciplina speciale di cui al R.D. del 1931.
Questa Corte ha infatti anche di recente ricordato (cfr. Cass. 22 maggio 2009 n. 11929), anche in base al richiamo della giurisprudenza costituzionale, la natura di fonte primaria dell’allegato A al R.D. 8 gennaio 1931 n. 148 dell’allegato A al R.D. 8 gennaio 1931 n. 148, nonché la permanente specialità, sia pure residuale (al di la del tema relativo all’applicabilità dell’art. 58 di tale decreto in materia di giurisdizione, definitivamente risolto nel senso della giurisdizione ordinaria sui relativi rapporti di lavoro) del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, per cui la speciale regolamentazione di tale impiego può essere modificata unicamente mediante specifici interventi legislativi (Corte Cost. n. 301 del 2004).
In particolare è stato ribadito che secondo la giurisprudenza della Corte tale lavoro “è disciplinato da una normativa speciale costituente un corpus compiuto ed organico, onde il ricorso alla normativa generale è possibile solo ove si riscontrino in essa lacune tali che non siano superabili neanche attraverso l’interpretazione estensiva o analogica di altre disposizioni appartenenti allo stesso corpus ” o relative a materie analoghe o secondo i principi generali dell’ordinamento.
Si è conseguentemente escluso (salvo un passaggio dubbio e comunque, semmai, costituente mero obiter dictum, della citata sentenza n. 15917 del 2008), che le leggi generali sul rapporto di lavoro subordinato privato abbiano abrogato implicitamente le disposizioni della disciplina speciale, “dovendo invece trovare applicazione il principio secondo cui la legge posteriore di carattere generale non comporta l’abrogazione della legge speciale anteriore.
Siffatto approccio disciplinare (che il collegio condivide) appare particolarmente pertinente che riguarda la disciplina delle sanzioni disciplinari degli autoferrotranvieri, anche quanto alle relative procedure di irrogazione.
Trattasi infatti di un corpus unitario, molto articolato, sia per quanto riguarda le mancanze che possono dar luogo alle sanzioni specificatamente ad esse correlate sia in ordine alla procedure da seguire e agli organi che vi partecipano.
Trattandosi di disciplina molto datata, essa può presentare lacune o imprecisioni, sul piano delle procedure previste per l’accertamento delle mancanze disciplinari nel necessario rispetto del contraddittorio con l’incolpato.
Lacune o imprecisioni che l’interprete deve tentare di colmare, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme (cfr. ad es. Cass. 10 luglio 2012 n. 11543), la loro possibile interpretazione estensiva o la loro integrazione analogica.
Solo al termine di una siffatta analisi, che il giudice compie in stretto riferimento al concreto comportamento seguito dall’amministrazione nell’irrogazione della sanzione, sarà possibile individuare i punti di inconciliabile frizione della disciplina speciale rispetto a principi generali dell’Ordinamento – nello specifico quello del contraddittorio, essenziale in una materia in cui l’equilibrio di forze tra le parti è fortemente alterato a vantaggio del datore di lavoro – da sottoporre eventualmente al vaglio di costituzionalità della Corte costituzionale.
Nella sentenza impugnata l’approccio generalista e generico seguito conduce viceversa ad errori di impostazione e a lacune nell’analisi dei fatti e delle norme.
La sentenza si rivela infatti errata laddove valuta peggiorativa in generale la disciplina della destituzione, che consentirebbe solo a posteriori la difesa del dipendente, mentre in tal caso il decreto prevede invece una doppia fase di contestazione, che, ove svolta nel necessario rispetto di una ragionevole immediatezza (e qui si colloca l’intervento interpretativo della giurisprudenza -come del restio avvenuto nella interpretazione corrente dell’art. 7 S.L. – tenendo anche conto che, nello specifico, tra la prima e la seconda contestazione vengono svolte indagini in ordine al fatto contestato, i cui risultati vengono comunicati all’incolpato), assicura al dipendente il diritto di difesa all’interno del procedimento disciplinare.
Si rivela più in generale lacunosa, in quanto omette sostanzialmente di valutare, alla luce delle regole generali sulla interpretazione della legge (art. 12 disp. della legge in generale), le singole norme disciplinari di cui al decreto del 1931 attinenti al caso esaminato, formulando conseguentemente affermazioni di incompatibilità che non trovano adeguato riscontro in analisi concrete (anche in termini di accertamento di fatti: non è infatti, ad es., dato comprendere, ad es. se l’esonero sia stato per scarso rendimento o per ragioni disciplinari, ambedue indicate in passaggi diversi della sentenza, mentre il procedimento disciplinare seguito per irrogare le varie sanzioni non viene descritto).
Per le ragioni indicate e nei limiti delle stesse, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al altro giudice, che provvederà alla valutazione dei fatti rilevanti nel giudizio sulla base delle norme ad essi attinenti del R.D. n. 148 del 1931, adeguatamente interpretate secondo i canoni dì cui all’art. 12 preleggi, tenendo altresì conto delle ulteriori eccezioni e deduzioni della difesa degli eredi G. ritenute implicitamente assorbite dal giudice di appello.
Il giudice di rinvio provvederà altresì al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Potenza.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 settembre 2021, n. 26267 - La collocazione della sanzione della retrocessione nella giusta dimensione di alternativa al licenziamento rende evidente come ogni effetto disagevole per il dipendente autoferrotranviere,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 marzo 2021, n. 5551 - L'art. 3 co. 9 e 10 della legge n. 335 del 1995 prevede che il termine di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, a decorrere dal 1 gennaio 1996, è…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 giugno 2019, n. 16598 - Licenziamento per giusta causa per ripetitività delle condotte irregolari poste in essere dal lavoratore comportante la lesione del vincolo fiduciario - La giusta causa di licenziamento deve…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19621 depositata l' 11 luglio 2023 - Il diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro deve rispettare i limiti di continenza formale, il cui superamento integra comportamento idoneo a ledere…
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 88 depositata il 3 gennaio 2023 - In tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della conservazione del…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 30464 depositata il 2 novembre 2023 - In tema di licenziamento del dirigente, la nozione di “giustificatezza” non coincide con quelle di “giusta causa” e di “giustificato motivo” proprie dei rapporti di lavoro delle…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…