Corte di Cassazione sentenza n. 5648 del 7 marzo 2013
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – DISTINZIONE DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO – CRITERI – REQUISITO FONDAMENTALE – SUBORDINAZIONE – VINCOLO DI SOGGEZIONE DEL LAVORATORE AL POTERE DIRETTIVO, ORGANIZZATIVO E DISCIPLINARE DEL DATORE DI LAVORO – ACCERTAMENTO – CRITERI SUPPLETIVI – VALORIZZAZIONE – FATTISPECIE
massima
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Il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative. E tuttavia, proprio perché ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, l’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione. In questa prospettiva, nel caso di attività di livello molto elevato, al pari di quelle estremamente elementari, il criterio principe che qualifica la subordinazione (soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro) risulta particolarmente attenuato in ragione delle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione (nella specie, costruzione, coordinamento e controllo della rete di vendita di agenti per conto della società). Ne consegue che la natura del rapporto può essere individuata avendo riguardo ai così detti criteri suppletivi che diventano decisivi laddove quelli principali non risultino particolarmente evidenti. Pertanto, ove il giudice di merito motivi il convincimento della insussistenza della subordinazione valorizzando, nell’ambito del materiale probatorio acquisito, elementi quali l’assenza di una diretta collaborazione con gli organi superiori, l’inesistenza di un obbligo di osservare un orario di lavoro determinato in luogo della continuità della prestazione lavorativa e del suo inserimento nell’organizzazione aziendale con il coordinamento con l’attività imprenditoriale, non incorre in perciò solo nella violazione dell’art. 2094 cod. civ. sempre che tale scelta sia sorretta da una motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici. Nel giudizio di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, precluso alla Corte, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Brescia, riformando la sentenza del Tribunale di Bergamo, ha respinto le domande proposte da R.S. nei confronti della G.G. s.p.a..
In particolare, per escludere la subordinazione, la corte territoriale ha valorizzando il “nomen iuris” dato ai contratti di collaborazione stipulati dal R.S. con l’amministratore delegato della società, l’oggetto della prestazione (“consulenza per la formazione della rete di vendita e per il coordinamento e la verifica dell’attività degli agenti”), la piena libertà di orario – anche con riguardo alle assenze ed alle ferie – diversamente da quanto previsto per gli altri dirigenti della società, la mancanza di prova di una simulazione dei contratti intervenuti tra le parti, la presenza di un compenso annuale, maggiorato di iva, accompagnato da rimborsi spese e premi aggiuntivi in relazione al raggiungimento degli obiettivi di fatturato.
Per la cassazione della sentenza ricorre R.S. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la società assistita anche dall’avv. M.G., costituitosi depositando memoria e procura speciale, in sostituzione dell’avv. F.P..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene censurata la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 c.c., ed in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali in tema di subordinazione, trascurato l’evidente stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale con sottoposizione al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, privilegiando aspetti non decisivi ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro che anzi trovavano giustificazione proprio nell’elevata professionalità e responsabilità affidatagli.
Chiede allora di stabilire se, ai fini dell’individuazione della natura subordinata del rapporto nell’ambito di lavori a contenuto direttivo , intrinsecamente caratterizzati da maggiore autonomia, sia irrilevante lo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale in posizione apicale, con obbligo di rispondere dell’operato al solo amministratore delegato, e decisivi, invece, altri indici relativo all’orario di lavoro, alle assenze ed alle ferie ovvero se sia decisiva la collaborazione stabile con inserimento nell’organizzazione e la possibilità di incidere sulla stessa restando pur sempre assoggettata al potere direttivo e di controllo degli organi sociali.
Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione che non avrebbe tenuto conto di testimonianze univoche nel senso dell’assoggettamento dell’attività del R.S. alle direttive dell’amministratore delegato (per la deliberazione di attività e strategie commerciali oltre che per il conseguimento degli obiettivi in relazione ai budget assegnati).
Dalle dichiarazioni dei testi, non considerate dalla corte d’appello, era emerso che il R.S. era il direttore commerciale dell’azienda, coordinatore degli agenti nell’ambito di una struttura piramidale con specifica funzione di costituire il tramite tra le direzioni sottordinate, gli agenti e l’amministratore delegato in relazione alle decisioni apicali.
Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, poiché attengono entrambe alla corretta individuazione dei criteri distintivi della subordinazione ed alla loro concreta applicazione nella fattispecie in esame, sono in parte infondate ed in parte inammissibili.
Per quanto concerne il denunciato vizio di motivazione il ricorrente omette del tutto di riportare, come avrebbe dovuto, specificatamente le circostanze che formavano oggetto della prova e neppure trascrive le dichiarazioni testimoniali il cui esame sarebbe stato omesso ovvero non correttamente interpretato.
Osserva la Corte che si tratta di elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio la cui mancanza rende il motivo di ricorso inammissibile. É noto infatti che la Corte deve essere posta in grado di compiere tale valutazione in base alle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. tra le tante Cass. 9.11.2011 n. 23348).
Il primo motivo è per contro infondato.
È senz’altro vero, come deduce la parte ricorrente, e questa Corte ha più volte affermato, che il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative.
E tuttavia, proprio perché ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, l’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione.
In questa prospettiva, nel caso di attività di livello molto elevato, al pari di quelle estremamente elementari, il criterio principe che qualifica la subordinazione (soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro) risulta particolarmente attenuato in ragione delle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione (nella specie costruzione, coordinamento e controllo della rete di vendita di agenti per conto della società). Ne consegue che la natura del rapporto può essere individuata avendo riguardo ai così detti criteri suppletivi che diventano decisivi laddove quelli principali non risultino particolarmente evidenti.
Pertanto, ove il giudice di merito motivi il convincimento della insussistenza della subordinazione valorizzando, nell’ambito del materiale probatorio acquisito, elementi quali l’assenza di una diretta collaborazione con gli organi superiori, l’inesistenza di un obbligo di osservare un orario di lavoro determinato in luogo della continuità della prestazione lavorativa e del suo inserimento nell’organizzazione aziendale con il coordinamento con l’attività imprenditoriale, non incorre in perciò solo nella violazione dell’art. 2094 c.c. denunciata sempre che tale scelta sia sorretta da una motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici. Nel giudizio di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, precluso alla Corte, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (v. fra le altre Cass. 21-11-2001 n. 14664, Cass. 12-9- 2003 n. 13448, Cass. 6-6-2002 n. 8254, Cass. 4-4-2001 n. 5036, Cass. 3-4-2000 n. 4036, Cass. 16-1-1996 n. 326).
Poiché l’elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, è come si è ricordato la subordinazione, intesa in via principale come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare della parte datoriale, ove le caratteristiche professionali dell’attività richiesta postulino “amplissimi margini di autonomia decisionale e operativa” che “sfuggono per loro natura ad un potere di direzione, che si manifesta solo mediante l’individuazione di obiettivi da raggiungere o di limiti da non superare” si deve necessariamente tenere conto, dei criteri indicati come suppletivi, e dunque la scelta del tipo contrattuale liberamente adottata dalle parti, le modalità concrete di svolgimento del rapporto (necessità o meno di osservare un orario di chiedere l’autorizzazione o almeno comunicare assenze e ferie, caratteristiche dei compensi stabiliti in relazione ai singoli contratti) tutte circostanze che, come congruamente argomentato dalla corte di merito, depongono univocamente per la qualificazione autonoma del rapporto intercorso tra le parti.
Ne consegue che la sentenza deve essere confermata.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico della parte soccombente ex art. 91 cod. proc. civ..
Deve farsi applicazione del nuovo sistema di liquidazione dei compensi agli avvocati di cui al D.M. 20 luglio 2012, n. 140, Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, conv., con modificazioni, in l. 24 marzo 2012 n. 27. L’art. 41 di tale Decreto n. 140/2012, aprendo il Capo VII relativo alla disciplina transitoria, stabilisce che le disposizioni regolamentari introdotte si applicano alle liquidazioni successive all’entrata in vigore del Decreto stesso, avvenuta il 23 agosto 2012.
Tenuto conto dello scaglione di riferimento della causa; considerati i parametri generali indicati nell’art. 4 del D.M. e delle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (fase di studio, fase introduttiva e fase decisoria) nella allegata Tabella A, i compensi sono liquidati nella misura omnicomprensiva di euro 3.500,00 e di euro 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in euro 3.500,00 per compensi professionali ed euro 50 per esborsi oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Roma il 31 ottobre 2012