Corte di Cassazione sentenza n. 5667 del 10 aprile 2012
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CONTRATTO DI FORNITURA DI LAVORO TEMPORANEO – IMPRESA UTILIZZATRICE – STIPULAZIONE DI CONTRATTI CON L’IMPRESA FORNITRICE IN NUMERO ECCEDENTE RISPETTO ALLA PERCENTUALE INDICATA DAI CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI – EFFETTI
massima
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In tema di lavoro interinale, nel caso di violazione dell’art. 1, comma 8, della legge 24 giugno 1997, n. 196, ossia nel caso in cui l’impresa utilizzatrice stipuli con l’impresa fornitrice contratti per fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo in numero eccedente rispetto alla percentuale indicata nel CCNL, tale violazione non determina l’instaurazione di un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore ed impresa utilizzatrice.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La (Omissis) Elettronica srl proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento dell’importo di Euro 79.975,21 per contributi Inps e sanzioni relativamente ad alcuni lavoratori che erano stati avviati dalla C.I .spa con contratto di lavoro interinale senza il rispetto della percentuale prevista dal CCNL per i prestatori di lavoro interinale rispetto ai lavoratori occupati a tempo indeterminato da essa impresa utilizzatrice, così violando della L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 8. Nel contraddittorio con l’Inps, il Tribunale di Sondrio accoglieva l’opposizione, ma la statuizione veniva riformata dalla Corte d’appello di Milano, che la rigettava. La Corte adita negava che la prescrizione di cui al citato L. n. 196 del 1997, art. 8 fosse priva di sanzione e che la nullità dei contratti per contrarietà a questa norma imperativa conducesse solo all’applicazione dell’art. 2126 c.c. Concludeva quindi la Corte territoriale che la nullità dei contratti interinali per violazione di legge (art. 1418 c.c.) comporta la loro qualificazione come ordinari rapporti di lavoro subordinato, soggetti alla contribuzione ordinaria, perché – superato il limite quantitativo a che legittima la conclusione dei contratti di lavoro interinale – i contratti conclusi in eccedenza, essendo sprovvisti di strumento derogatorio, non possono che considerarsi come ordinari contratti di lavoro subordinato.
Avverso detta sentenza la società soccombente ricorre con due motivi, illustrati da memoria. Resiste l’Inps con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 8 e dell’art. 1418 c.c. sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la regola di cui al citato comma 8 non avrebbe carattere imperativo, non avendo finalità e carattere di interesse pubblico ed in ogni caso sarebbe priva di sanzione in caso di violazione.
Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 1418 e 2126 c.c., giacché non sarebbe prevista la conversione, in ordinari contratti di lavoro subordinato con essa utilizzatrice, dei contratti di lavoro interinali conclusi in eccedenza rispetto alla percentuale indicata nel CCNL.
Il ricorso merita accoglimento.
1. È noto (cfr. Cass. n. 3020 del 27/02/2003) che il rapporto di lavoro “interinale”, disciplinato dalla L. 24 giugno 1997, n. 196 (prima dell’abrogazione degli articoli da 1 a 11 ad opera del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 85), ha luogo attraverso la stipulazione di due distinti contratti: quello di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo stipulato tra l’impresa fornitrice e quella utilizzatrice (art. 1) e quello tra il lavoratore e l’impresa fornitrice (art. 3); entrambi i contratti devono essere stipulati per iscritto e devono contenere determinate clausole. In tal modo si determina la scissione del rapporto di lavoro fra gestione normativa, che compete alla fornitrice, e quella tecnico – produttiva, che compete all’utilizzatrice.
Alla fornitrice compete infatti (art. 1, comma 5, lett. d) l’obbligo di pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico, nonché l’obbligo al versamento dei contributi previdenziali (ancorché spetti poi all’utilizzatrice l’onere del rimborso ex art. 1, comma 5, lett. f).
La L. n. 196 del 1997 indica con estrema precisione i requisiti che presiedono a questa complessa “scissione” e regola con altrettanta precisione le conseguenze che derivano quando la fattispecie concreta si discosti da quella legale.
2. Infatti, esaminando le possibili disfunzioni rispetto alla fattispecie legale, si rileva che la mancanza o la incompletezza del contratto tra lavoratore e fornitrice (art. 10, comma 2, secondo capoverso), determina la trasformazione del contratto direttamente in capo alla società fornitrice, ma non coinvolge in alcun modo la utilizzatrice.
3. Vi è un solo caso in cui alla disfunzione rispetto allo schema legale la norma ricollega automaticamente l’esistenza del rapporto diretto, anche dal punto di vista normativo, tra lavoratore e impresa utilizzatrice, ed il caso è quello in cui (art. 10, comma 2) sia omessa la forma scritta, prevista ad substantiam, del contratto di fornitura di lavoro temporaneo tra le due imprese, di cui all’art. 1, comma 5. In tal caso, infatti, mancando in radice il contratto tra fornitrice e utilizzatrice, che è il presupposto della fattispecie legale, non può scattare alcun obbligo a carico della fornitrice nei confronti del lavoratore (ancorché tra queste due parti sia stato stipulato il contratto previsto dall’art. 3, perché questo resta necessariamente inoperante per mancanza di valida individuazione del soggetto beneficiario ) e quindi le prestazioni rese dal lavoratore non possono che considerarsi come lavoro alle dipendenze della utilizzatrice.
4. Si colloca invece al di fuori di questa previsione il caso che ne occupa.
Infatti non si può sostenere che, in ipotesi di violazione dell’art. 1, comma 8, ossia quando i prestatori di lavoro temporaneo superino la percentuale prescritta, la fattispecie legale non sia configurabile e vengano meno tutti i rapporti contrattuali che si sono nel frattempo instaurati, e cioè sia quello tra fornitrice e utilizzatrice, sia quello tra fornitrice e lavoratore.
5. Si tratta infatti di un vizio “interno” all’utilizzatore che non può inficiare il rapporto a cui l’utilizzatore medesimo è estraneo, ossia il rapporto tra fornitore e lavoratore, in quanto “res inter alios acta”.
Si trae conferma che i vizi “interni” che si riferiscono ai soggetti stipulanti, non precludono la configurazione della fattispecie legale, se si considera il disposto dell’art. 10, comma 1 ove si fa riferimento ad un vizio interno della fornitrice, e cioè al caso in cui questa non sia iscritta negli elenchi di cui all’art. 2, e quindi non sia tra i soggetti abilitati all’attività di fornitura di lavoro temporaneo: neppure in tal caso il contratto si instaura direttamente tra lavoratore e utilizzatore, ma resta fermo il contratto tra lavoratore ed utilizzatore e vi sarà, se del caso, da applicare la L. n. 1369 del 1960 sull’interposizione fittizia di manodopera, all’esito degli accertamenti che questa comporta.
6. In altri termini, quando la irregolarità dipende da vizi diversi, ma non attiene né inficia il contratto tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice, questo spiega i suoi effetti “naturali”, così integrando lo schema legale che prevede obblighi di retribuzione e contribuzione a carico della fornitrice, ed impedisce di ricadere nel paradigma del rapporto di lavoro subordinato ordinario con la utilizzatrice.
7. Conclusivamente, non si può sostenere che la violazione dell’art. 1, comma 8 costituisca violazione di norma imperativa, giacché non solo la medesima non reca espressamente alcuna sanzione, ma la mancanza di sanzione – sul versante, quanto meno degli obblighi della impresa utilizzatrice nei confronti dell’ente previdenziale, che rilevano nel caso di specie – si deduce anche dal complesso del sistema che sopra si è delineato.
Ne consegue che la contribuzione richiesta resta a carico dell’impresa fornitrice.
Va quindi affermato il principio di diritto per cui, con riguardo alla fattispecie del lavoro interinale, nel caso di violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 8 ossia nel caso in cui l’impresa utilizzatrice stipuli con l’impresa fornitrice contratti per fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo in numero eccedente rispetto alla percentuale indicata nel CCNL, detta violazione non determina l’instaurazione di un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore e impresa utilizzatrice. Il ricorso va quindi accolto e la sentenza va cassata. Non essendovi ulteriori accertamenti da compiere all’esito del principio affermato, la causa va decisa nel merito, con l’accoglimento della opposizione proposta dalla società ricorrente avverso la cartella di pagamento.
La novità delle questioni giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione proposta dalla ricorrente avverso la cartella esattoriale.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
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