Corte di Cassazione sentenza n. 5669 del 7 marzo 2013
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – ESTINZIONE DEL RAPPORTO – LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – PER GIUSTA CAUSA – PRINCIPIO DELL’IMMEDIATEZZA DELLA CONTESTAZIONE DELL’ADDEBITO – CARATTERE RELATIVO – ACCERTAMENTO DI MERITO – SINDACABILITÀ IN CASSAZIONE – LIMITI
massima
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Nel licenziamento per giusta causa, il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti sia molto laborioso e richieda uno spazio temporale maggiore, e non potendo, nel caso in cui il licenziamento sia motivato dall’abuso di uno strumento di lavoro, ritorcersi a danno del datore di lavoro l’affidamento riposto nella correttezza del dipendente, o equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente. In ogni caso, la valutazione della tempestività della contestazione costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20 febbraio 2009 la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca del 21 giugno 2007 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimato a P.P. dalla B.N. del L. in data 5 luglio 2005. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia considerando che il provvedimento contestato non era stato tempestivo essendo intervenuto a distanza di un lasso di tempo eccessivo dall’epoca in cui la banca era venuta a conoscenza dei fatti addebitati poi al lavoratore.
La B.N. del L. propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia affidato ad un unico motivo articolato.
Resiste con controricorso il P.P..
La B.N. del L. ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, n. 6 cod. proc. civ., con riferimento all’eccezione di tardi vita della sanzione disciplinare, che sarebbe stata accolta erroneamente dalla corte territoriale, senza considerare la delicatezza e la complessità delle indagini che hanno condotto all’accertamento dei fatti addebitati al lavoratore. In tal senso la ricorrente lamenta anche il mancato accoglimento delle istanze istruttorie volte a provare tale complessità di indagine.
Il ricorso è infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che nel licenziamento per giusta causa, il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti sia molto laborioso e richieda uno spazio temporale maggiore, e non potendo, nel caso in cui il licenziamento sia motivato dall’abuso di uno strumento di lavoro, ritorcersi a danno del datore di lavoro l’affidamento riposto nella correttezza del dipendente, o equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente. In ogni caso, la valutazione della tempestività della contestazione costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato (Cass. 19 agosto 2003 n. 12141, Cass. 20 giugno 2006 n. 14113, Cass. 8 marzo 2010 n. 5546). Orbene la Corte territoriale ha dettagliatamente ricostruito la successione cronologica degli accertamenti relativi ai fatti contestati al ricorrente, mettendo in rilevo come il definitivo accertamento dei fatti, e quindi la piena e sicura conoscenza dei fatti addebitati al lavoratore, si è avuta solo il 28 ottobre 2004, ma l’ispezione si era conclusa molto prima e. quindi nel luglio 2004, pertanto, almeno da tale ultima data la Banca datrice di lavoro era in possesso di tutti gli elementi a carico del proprio dipendente e, solo per proprio motivo interno ha tardato l’ufficializzazione dei risultati dell’ispezione. Ciò senza considerare le voci che si erano diffuse e, più in particolare che, quanto meno, la Banca, tramite due funzionari, era stata messa sull’avviso del comportamento sospetto del P.. Trattasi di considerazioni di fatto e di merito che la corte territoriale ha trattato diffusamente, sulla base degli elementi istruttori acquisiti, e che non possono essere rivisitati in sede di legittimità quando, come nel caso in esame, sono ampiamente motivati; né questa corte di legittimità può rivisitare il giudizio operato dal giudice di merito.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 50,00 per esborsi, ed euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
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