Corte di Cassazione sentenza n. 5860 del 6 febbraio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI – DIFFUSIONE DI POLVERI DURANTE LA LAVORAZIONE DI SOTTOPRODOTTI DELL’ATTIVITA’ DI CONCIATURA E MANCANZA DI MISURE DI SICUREZZA – PRESCRIZIONE DI REATO
massima
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Vi è la prescrizione del reato e, di conseguenza la non punibilità del datore di lavoro, che ha omesso di adottare le misure di sicurezza necessarie a ridurre lo sviluppo e la diffusione di polveri durante la lavorazione. Infatti, la ditta effettuava lavorazioni di sottoprodotti dell’attività di conciatura, ivi comprese le rasature delle pelli, e la movimentazione di tali materiali avveniva all’aperto e in assenza di cautele, così che le polveri prodotte dalla movimentazione raggiungevano sia il personale addetto sia i luoghi prossimi, con conseguente pericolosa esposizione anche al fattore cromo trivalente, presente nel cuoio lavorato.
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FATTO
1. Con sentenza del 20/1/2011 il Tribunale di Pisa, sez. dist. di Pontedera, ha condannato il sig. (Omissis) alla pena di 2.000,00 euro di multa perché colpevole del reato previsto dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, art. 72-sexies per avere, quale datore di lavoro della ditta ” (Omissis) S.p.a.”, omesso di adottare le misure di sicurezza necessarie a ridurre lo sviluppo e diffusione di polveri durante la lavorazione.
Fatto accertato il (Omissis);
In particolare, la sentenza ha accertato che la ditta effettuava lavorazioni di sottoprodotti dell’attività di conciatura, ivi comprese le rasature delle pelli, e che la movimentazione di tali materiali avveniva all’aperto e in assenza di cautele, così che le polveri prodotte dalla movimentazione raggiungevano sia il personale addetto sia i luoghi prossimi, con conseguente pericolosa esposizione anche al fattore cromo trivalente, presente nel cuoio lavorato. Tale situazione, accertata dal personale della Asl, aveva dato luogo a specifiche prescrizioni e alla successiva concessione di una proroga per venire incontro alle esigenze prospettate dall’azienda al fine di abbattere la dispersione delle polveri. Successivamente la stessa Asl aveva rilevato che gli interventi messi in atto dall’azienda si erano rivelati solo parzialmente efficaci, con conseguente segnalazione di reato alla locale Procura della Repubblica.
2. Avverso tale decisione il sig. (Omissis) propone ricorso tramite il Difensore in sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lettera b) per avere il Tribunale omesso di dichiarare il reato estinto per prescrizione, e ciò a causa di una errata applicazione della disciplina in tema di sospensione del termine;
b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lettera e) con riferimento a quanto indicato al punto 7 delle prescrizioni impartite e al progetto predisposto dalla società per provvedere a interventi di abbattimento delle polveri (lettera del 9/2/2006); il controllo Asl del 6/7/2006 e la conseguente valutazione di inadeguatezza del progetto sono stati esaminati e accolti dal tribunale in modo acritico e immotivato, omettendo di esaminare e valutare il progetto aziendale e omettendo di considerare che l’amministrazione non aveva provveduto a fornire indicazioni precise ma solo, e in modo improprio e non chiaro, un obbligo di risultato.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nella parte in cui evidenzia la mancata dichiarazione di estinzione del reato. Premesso, infatti, che le considerazioni sul merito delle contestazioni non evidenziano vizi logici della motivazione così rilevanti da imporre l’annullamento della decisione senza rinvio, la Corte considera che il calcolo dei termini prescrizionali operato dal tribunale presenta alcuni errori che conducono a conclusioni diverse da quelle adottate dal giudice di merito.
2. Va rilevato, in primo luogo che il citato art. 23 espressamente prevede al comma 1 che: “il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’art. 21, commi 2 e 3.”. Il comma successivo chiarisce che: “Nel caso previsto dall’art. 22, comma 1, il procedimento riprende il nuovo corso quando l’organo di vigilanza informa il pubblico ministero che non ritiene di dover impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza del termine di cui all’art. 22, comma 2, se l’organo di vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle proprie determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora nel predetto termine l’organo di vigilanza informi il pubblico ministero d’aver impartito una prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal comma 1”.
3. Ora, non vi è dubbio che l’iscrizione della notizia di reato avvenne nel corso dell’anno 2006 (il numero di registro generale è, infatti, 5588/06) e che erroneamente il giudicante ha preso come riferimento per il decorso del primo periodo di sospensione della prescrizione la data del 17/11/2005, con la conseguenza che detto periodo di sospensione deve essere computato a partire dal 4/8/2006.
4. Va, poi, considerato, che il Decreto Legge n. 92 del 2008, art. 2 ter convertito in Legge n. 125 del 2008, fissa il termine massimo di sospensione in diciotto mesi.
5. Va, infine, considerato che il rinvio del dibattimento disposto all’udienza del 17/2/2010 per l’udienza del 7/7/2010 ebbe come motivazione sia l’applicazione del citato art. 2-ter, sia l’esigenza di assumere le dichiarazioni di un testimone, con la conseguenza che deve considerarsi rinvio dettato da esigenze istruttorie e non rilevante ai fini dell’applicazione della sospensione del termine di prescrizione.
6. Rilevato, conclusivamente, che in ordine ai profili ora citati il ricorso deve essere considerato fondato, il periodo complessivo di sospensione ammonta a 258 più 138 giorni, e non al totale di 961 giorni quale risulterebbe dalle considerazioni del giudice di merito. Con la conseguenza che il termine prescrizionale risulta spirato in epoca anteriore alla presente decisione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
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