Corte di Cassazione sentenza n. 5876 del 11 marzo 2011
SOCIETÀ DI CAPITALI – S.P.A. – ORGANI – AMMINISTRATORI – RESPONSABILITÀ – MANCANZA DI CONTABILITÀ O REDAZIONE IN MODO ININTELLEGIBILE – RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI – SUSSISTENZA – FONDAMENTO – ONERE PROBATORIO – INCIDENZA
massima
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La totale mancanza di contabilità sociale (o la sua tenuta in modo sommario e non intelligibile) è, di per sé, giustificativa della condanna dell’amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell’art. 2392 cod. civ., vertendosi in tema di violazione da parte dell’amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale; al di fuori di tale ipotesi, che giustifica l’inversione dell’onere della prova, resta a carico del curatore l’onere di provare il rapporto di causalità tra la condotta illecita degli amministratori e il pregiudizio per il patrimonio sociale.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il curatore del fallimento della C., società cooperativa a.r.l., conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Catania Ad.Sa., Am.Si., B.A.M., C.P.M.P., C.P.R., Ca.Ga., Cr.Pi., D.G.S., D.P.C., Fa.An., Fa.Sa., Gi.Al., Fa.Sa., Gi.B.S., Gi.Ma., Gi.St., Gr.Al., Gu.An., Le.Vi., Ma.Pi., Ra.An., Sc.Fr., Sf.Sa., S.G.A. e W.S., ex amministratori e sindaci della cooperativa predetta, chiedendone la solidale condanna, a termini degli artt. 2392, 2394. 2407 c.c. e 146 L. Fall al risarcimento dei danni cagionati nelle rispettive vesti alla società e ai creditori e quantificati nella misura della differenza tra il passivo e l’attivo fallimentare.
I fatti addebitati facevano perno sulla omessa o comunque irregolare tenuta della contabilità e dei libri sociali, molti dei quali mai rinvenuti, che, oltre ad aver reso impossibile il controllo dell’operato dell’organo di gestione, sarebbe stata, di per sé sola, fonte diretta di danno e per la società e per i creditori sociali, in quanto avrebbe determinato scelte gestorie non ponderate e provocato rilevanti aggravi fiscali. Veniva. inoltre, ascritto agli amministratori, in carica al momento in cui la C. aveva cessato la propria attività produttiva, di non avere tempestivamente chiesto il fallimento della società, aggravandone in tal modo il dissesto.
Dei convenuti si costituivano in giudizio Ad.Sa., Am.Si., B.A.M., C.P.M.P., C.P.R., Ca.Ga., Cr.Pi.. D.G.S., D.P.C., Fa.An., Fa.Sa., Gi.Al., Gi.B.S., Gi.Ma., Gi.St., Gr.Al., Gu.An., Le.Vi.. Ma.Pi.. Ra.An., Sc.Fr., Sf.Sa., S.G.A. e W.S..
In via pregiudiziale, Le.Vi., Fa.An., Fa.Sa., Cr.Pi., B.A., Sc.Fr., S.G.A., Ca.Ga., Ra.An. e W.S. eccepivano, ai sensi dell’art. 2949 c.c., la prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata nei loro confronti per essere ormai decorso il termine di cinque anni dalla cessazione della carica.
Nel merito, tutti i convenuti chiedevano il rigetto delle domande attoree perchè generiche e carenti di prova sia in ordine alle dedotte violazioni dei doveri incombenti su amministratori e sindaci che al nesso di causalità tra le pretese inadempienze e il danno patito da società e creditori.
Interrotto per la morte di Le.Vi., il giudizio veniva riassunto su iniziativa del fallimento attore.
Disposta ed eseguita consulenza tecnica di ufficio,con sentenza n. 591/98,il Tribunale di Catania rigettava la domanda avanzata dal fallimento della C. società cooperativa a.r.l., compensando interamente tra le patti costituite le spese processuali e dichiarando quest’ultime irripetibili nei confronti dei convenuti contumaci.
Con atto di citazione notificato il 3, 4 e 9 febbraio 1999, il fallimento della C. società cooperativa a.r.l., conveniva innanzi alla Corte di Appello Ad.Sa., Gu.An., Gr.Al., Am.Si., D.P.C., C.P.M.P., C.P.R., Sf.Sa., Gi.Al., Gi.Ma., Gi.B., Gi.St., Ma.Pi., B.A.M., Fa.An., Fa.Sa., Cr.Pi., Sc.Fr., S.G.A., Ca.Ga., Ra.An., W.S., D.G.S., Fa.Sa. e, infine, Le.Ca., quale erede di Le.Vi., proponendo appello avverso detta pronuncia,lamentando, quali motivi di impugnazione, che il Tribunale: 1) avesse erroneamente ritenuto che, in caso di omessa tenuta della contabilità sociale o di tenuta della stessa in modo tanto irregolare da impedire ogni possibile ricostruzione della gestione sociale, l’onere della prova incombesse alla curatela attrice; 2) avesse erroneamente ritenuto tardiva la domanda di condanna di amministratori e Sindaci per avere omesso le iniziative conseguenti all’intera perdita del capitale; 3) non avesse preso in considerazione altre irregolarità allegate e provate nel corso del giudizio di primo grado; 4) non avesse condannato i convenuti al pagamento delle spese processuali di primo grado.
L’appellante, pertanto, in riforma della sentenza appellata chiedeva: a) la condanna in solido dei convenuti a risarcire il danno arrecato alla C. soc. coop. r.l. ed ai suoi creditori nella misura della differenza tra il passivo e l’attivo fallimentare, aumentato della svalutazione monetaria ed interessi; b) in subordine, previa integrazione della c.t.u. già eseguita, la condanna in solido dei componenti dell’organo amministrativo e di controllo, in carica al momento del compimento dei singoli comportamenti illegittimi, a risarcire alla C. soc. coop. r.l. ed ai suoi creditori i danni arrecati con i comportamenti illegittimi sopra descritti, sempre aumentato della svalutazione monetaria ed interessi; c) in ogni caso con la rifusione delle spese processuali. S.G.A., Di Prima Concerto, C.P.M.P., C.P.R., Ca.Ga., Ra.An., B.A.M., Ad.Sa., Gu.An., Gr.Al., si costituivano e contestavano la fondatezza dei motivi addotti a sostegno dell’appello del quale chiedevano il rigetto.
Cr.Pi. e Sc.Fr., costituitisi anch’essi, preliminarmente, eccepivano la non integrità del contraddittorio e, nel merito, sostenevano l’intervenuta prescrizione già eccepita in primo grado e, comunque, contestavano la fondatezza dell’appello, del quale chiedevano il rigetto.
Fa.An. e Fa.Sa. si costituivano e chiedevano il rigetto dell’appello, ritenendolo infondato; in via incidentale, chiedevano che la Corte d’appello dichiarasse l’intervenuta prescrizione già eccepita in primo grado.
Le.Ca., quale erede di Le.Vi., eccepiva l’estinzione del giudizio nei confronti degli eredi di Le.Vi., in quanto riassunto solo nei suoi confronti e non di tutti gli eredi; nel merito chiedeva il rigetto della domanda avanzata dalla curatela e, in subordine, rilevava di dover rispondere, quale erede, solo pro quota e non per l’intero.
Am.Si., St.Sa., Gi.Al.. Gi.Ma., Gi.Bi., Gi.St., Ma.Pi., W.S., D.G.S. e Fa.Sa., benché ritualmente notificati, non si costituivano e rimanevano contumaci.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 577/04 rigettava l’appello del fallimento C..
Quest’ultimo ricorre per cassazione avverso la detta sentenza sulla base di tre motivi cui resistono con separati controricorsi: a) B.A.M., b) Sc.Fr. unitamente a Cr.Pi. e Le.Ca.; c) Fa.Sa. .Questi ultimi (lett. a e b) hanno altresì proposto ricorso incidentale condizionato.
Il fallimento C. e B.A.M. hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Il fallimento ricorrente assume con il primo motivo di ricorso l’erroneità della decisione impugnata laddove ha ritenuto che la curatela non avesse fornito la prova del nesso di causalità tra l’omessa tenuta delle scritture contabili ed il dissesto della società sostenendo che in tal caso l’onere della prova dovesse ritenersi invertito e che incombesse agli appellati fornire la prova della assenza del nesso di causalità.
Con il secondo motivo contesta la ritenuta tardività della domanda in ordine alla perdita del capitale sociale essendo stata la stessa formulata già con l’atto di citazione.
Con il terzo motivo contesta il regime delle spese processuali.
Con ricorso incidentale condizionato Sc.Fr. , Cr.Pi. e Le.Ca. deducono con il primo motivo l’estinzione del processo nei confronti degli eredi Le. per mancata notifica dell’appello a tutti gli eredi. Con il secondo motivo si dolgono del mancato accoglimento dell’ eccezione di prescrizione.
Fa.Sa. ha proposto a sua volta ricorso incidentale condizionato dolendosi anch’egli del mancato riconoscimento della prescrizione.
I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ex art. 335 c.p.c.
II primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
La Corte d’appello ha affermato il principio che in tema di risarcimento del danno compete a chi agisce l’onere di provare l’esistenza del danno, il suo ammontare ed il fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto e che tale principio trova applicazione, con particolare riferimento al nesso di causalità, anche per ciò che concerne le azioni di responsabilità proposte nei confronti di amministratori e sindaci per danni causati alla società per irregolare tenuta dei libri contabili.
Ha poi precisato che un’ inversione dell’onere probatorio sarebbe in tal caso ammissibile solo qualora una assoluta mancanza delle scritture contabili rendesse impossibile al curatore fornire la prova del nesso di causalità.
Quest’ultima affermazione appare del tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto occasione di precisare che la totale mancanza di contabilità sociale, o la sua tenuta in modo sommario e non intellegibile, è di per sé giustificativa della condanna dell’amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell’art. 2392 cod. civ., vertendosi in tema di violazione da parte dello amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale. (Cass. 3925/79, Cass. 6493/85). Anche l’applicazione dei principi in tema di risarcimento appare,peraltro, essere stata effettuata correttamente dal giudice di seconde cure.
La sentenza impugnata ha rilevato, anzitutto, sulla scorta delle risultanze della CTU, che nel caso di specie non sussisteva una totale mancanza dei libri sociali perchè alcuni di essi (specificatamente individuati) erano stati tenuti solo a partire da un certa epoca (anni 1983-84) , mentre altri erano stati tenuti solo fino al 1984 ed ha ritenuto che tale, sia pure incompleta documentazione, che aveva determinato l’inattendibilità dei bilanci e dei conto profitti e perdite, non era tuttavia tale da impedire al curatore fallimentare di fornire la prova della esistenza del nesso di causalità tra il comportamento omissivo degli amministratori ed il pregiudizio al patrimonio sociale. Trattasi di una valutazione di merito che ,basata sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, appare congruamente e logicamente motivata.
Il fallimento ricorrente non censura in modo adeguato siffatta motivazione.
Il motivo in esame, infatti, si limita ad affermare la erroneità e la contraddittorietà della motivazione sostenendo che la lacunosità della documentazione contabile non permetteva di ricostruire la gestione sociale e che la ritenuta inattendibilità dei bilanci avrebbe dovuto far ritenere che il curatore era nella impossibilità di fornire la prova del nesso di causalità.
Tale censura ,oltre ad investire nel merito la decisione impugnata, omette di censurare in modo specifico le argomentazioni della Corte d’appello in riferimento alla affermazione che i libri contabili acquisiti, sia pure incompleti, erano tuttavia in grado di consentire al curatore di provare il nesso di causalità.
A tal fine, il fallimento ricorrente avrebbe dovuto riportare,in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso , le eventuali osservazioni alla CTU svolte sul punto nella fase di merito e sottoposte all’attenzione del giudice, per consentire a questa Corte, cui è inibito l’accesso agli atti della fase di merito, di valutare la consistenza della doglianza e l’eventuale carente o inadeguata motivazione sul punto da parte della sentenza.
La mancanza di tutto ciò rende il motivo non scrutinabile in questa sede di legittimità.
Venendo all’esame del secondo motivo del ricorso principale, si osserva che la Corte territoriale ha argomentato che sebbene nell’atto di citazione fosse indicato uno specifico titolo di responsabilità degli amministratori per avere omesso di chiedere tempestivamente il fallimento della società con aggravamento del dissesto , tuttavia tale indicazione era estremamente generica poiché non risultava specificato il momento in cui era cessata l’attività produttiva né il nesso di causalità tra l’omessa richiesta di auto fallimento e l’eventuale aggravamento del dissesto. Ha quindi concluso per l’assoluta genericità della domanda, con la conseguenza che quella articolata in modo specifico in sede di comparsa conclusionale con più specifiche argomentazioni , doveva ritenersi tardivamente proposta dal momento che neppure in sede di precisazione delle conclusioni si era provveduto a specificare la generica formulazione dell’atto di citazione.
Alla stregua di siffatta ampia ed esaustiva motivazione, il motivo in esame deve ritenersi inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato che l’apprezzamento sulla sufficienza degli elementi ricavabili dalla domanda ai fini dell’individuazione dell’oggetto della stessa si basa su di una indagine di fatto riservata al giudice del merito e la Corte di cassazione è abilitata all’espletamento di indagini dirette al riguardo solo quando il giudice del merito abbia omesso l’indagine interpretativa sulla domanda, ma non quando l’abbia compiuta ed abbia motivatamente espresso il suo convincimento in ordine all’esito dell’indagine. (Cass. 3591/68; Cass. 2528/70; Cass. 1486/73; Cass. 4114/74; Cass. 4918/83).
Il terzo motivo è manifestamente infondato poiché il fallimento soccombente in giudizio non ha interesse ad impugnare l’avvenuta compensazione delle spese.
Il ricorso va pertanto respinto. Restano assorbiti i ricorsi incidentali condizionati.
Il fallimento ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbiti quelli incidentali, e condanna il fallimento ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate favore di B.A.M. in euro 3500,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi, in favore di Fa.Sa. in euro 3200 ,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi ed in favore congiuntamente di Sc.Fr., Cr.Pi. e Le.Ca. in euro 3200,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi, oltre per tutte le liquidazioni spese generali e accessori di legge.
Roma 16.2.11
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