Corte di Cassazione sentenza n. 60 del 22 marzo 2011
ACCERTAMENTO – SINTETICO – LA MANCATA RISPOSTA AI QUESTIONARI COMPORTA LA SANZIONE
massima
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Il contribuente che non adempia alla richiesta di compilazione e restituzione dei questionari inviati dall’Ufficio per conoscere più approfonditamente la sua situazione patrimoniale e reddituale è soggetto ad una sanzione amministrativa minima di 258 euro.
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Svolgimento del processo
1.1. – […] propose, il 25 novembre 2009 per consegna diretta all’Agenzia delle entrate, Ufficio di Alessandria. ricorso avverso l’atto di contestazione n. […] recante l’irrogazione di sanzione pari a euro 258. Ne depositò copia presso la segreteria della commissione tributaria di Alessandria il l° dicembre 2009. Narrò come l’atto recasse la sanzione per l’omessa risposta a questionario (n. […]) recante la richiesta di informazione circa elementi reddituali-patrimoniali ai fini della determinazione del reddito ex art . 38 del DPR 29 settembre 1973 n. 600 (cd. “redditometro”). Sostenne, in particolare, come l’Ufficio avesse richiesto documenti e informazioni già in suo possesso violando, cosi, il disposto del comma 4 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212. Soggiunse di aver rimarcato quest’aspetto all’Amministrazione finanziaria con lettera raccomandata del 14 settembre 2009. Chiese che i giudici di prime cure dichiarassero nullo l’atto impugnato, con vittoria di spese.
1.2. – L’Agenzia delle entrate, Ufficio di Alessandria, con atto presentato per consegna diretta il 19 gennaio 2010, si costituì in giudizio e propose le proprie controdeduzioni. Denunciò l’arbitrarietà di controparte e le sue argomentazioni difensive contra legem. In particolare rimarcò che il contribuente risultò proprietario, dalle liste della Questura di Alessandria, di immobili concessi in locazione e di aver trasmesso un invito a presentarsi oltre a voler compilare uno specifico questionario finalizzato alla verifica della sua situazione patrimoniale e finanziaria. Contestò, quindi, la condotta del […] il quale non si recò presso i locali dell’Amministrazione finanziaria diffidandola dall’irrogargli sanzioni. Rimarcò come la funzione del questionario fosse quella di instaurare un contraddittorio utile soprattutto al contribuente il quale avrebbe potuto così dimostrare l’origine del reddito, vale a dire fornire informazioni non in possesso dell’Ufficio accertatore. Chiese il rigetto del ricorso del contribuente.
1.3. – […] presentò, il 26 febbraio 2010, breve memoria illustrativa. Rimarcò in particolare come il questionario richiedesse notizie e dati già noti all’Amministrazione finanziaria e censurò, nella sostanza, alcune affermazioni contenute della difesa dell’Ufficio in quanto ritenute contraddittorie. Rimarcò, inoltre, la violazione del quarto comma dell’art. 6 della legge 212 cit..
1.4. – […], con atto notificato il 25 novembre 2009 all’Agenzia delle entrate, Ufficio d’Alessandria, propose ricorso avverso l’atto di contestazione n. […] recante l’irrogazione di sanzione pari a euro 258. Ne depositò copia presso la segreteria della commissione tributaria di Alessandria il 1° dicembre 2009. Espose gli stessi motivi di doglianza contenuti nel ricorso del […]. L’Agenzia delle entrate, Ufficio d’Alessandria, con nota del 19 gennaio 2010, si costituì in giudizio e propose le proprie repliche riproponendo i motivi contenuti nell’analogo atto del processo […] depositò, il 26 febbraio 2010, memoria illustrativa sviluppando le stesse argomentazione del […].
1.5. – La Commissione tributaria provinciale di Alessandria, riuniti i sopra decritti procedimenti, con sentenza 14 luglio 2010 (depositata lo stesso giorno) n. 129/01/10 respinse il ricorso, condannando alle spese di lite, liquidate in euro 600 per ogni ricorrente. Secondo i giudici: «la procedura istruttoria seguita dall’Ufficio è una procedura a garanzia del contribuente che sta per subire un accertamento sintetico sulla base dei dati in possesso dell’Ufficio, perché, ad onta di quei dati, il contribuente possa eventualmente addurre elementi a suo vantaggio in grado di elidere o attenuare le risultanze dell’accertamento sintetico. I contribuenti si sono quindi, tra l’altro anche con toni polemici, rifiutati di un atto posto a loro garanzia. In ogni caso, se ritenevano di non compilare il questionario, avrebbero comunque dovuto restituirlo con la dichiarazione che venivano richiamati i dati in possesso dell’Ufficio. E d’altronde l’art. 11 lett. b) D. LGS 471/97 è tuttora in vigore»
1.6. – […] congiuntamente proposero con atto presentato per consegna diretta il 21 settembre 2010, appello alla sopraccitata sentenza. Ne depositarono copia, il 25 settembre 2010 per consegna diretta, presso la segreteria di questa commissione e, il 23 settembre 2010, di quella provinciale.
Censurarono l’impugnata sentenza per non avere i giudici di prime cure esaminato il profilo afferente la lesione del comma 4 cit.. Sostennero il carattere pleonastico del richiamo alla lettera b) dell’art. 11 del d.lgs. 471 cit.. Rimarcarono la natura quasi-costituzionale della legge 212 cit., richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. sentenza 22 dicembre 2000, n. 16097, sent. 14 aprile 2004, n. 7080, sent. 30 novembre 2006) oltre che una risposta ad un quesito apparso su un noto quotidiano economico-finanziario.
1.7. – L’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Alessandria, con atto presentato per consegna diretta il 2 novembre 2010, si costituì in giudizio e propose le proprie controdeduzioni. Eccepì preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per carenza del requisito della specificità dei motivi avendo, a suo dire, l’appellante riproposto pedissequamente i motivi di impugnazione contenuti nell’atto introduttivo senza confutare la sentenza di primo grado. Ripropose, poi, nella sostanza le argomentazioni già esposte nella memoria depositata nella prima fase del processo.
All’odierna pubblica udienza, udita dal relatore l’esposizione dei fatti e dei motivi del ricorso, ascoltate le parti illustranti le rispettive posizioni processuali, la Commissione decise il giudizio.
Motivi della decisione
2.0. – L’appello dei contribuenti non merita accoglimento.
2.1. – In ordine alla censura di inammissibilità dell’atto di appello osserva questa commissione che i contribuenti hanno criticato la sentenza dei giudici di prime cure affermando la lesione del diritto riconosciuto dalla legge 212 cit., profilo non esaminato dai giudici provinciali e, pertanto, non deve essere dichiarato inammissibile l’atto di appello.
2.2. – Nel merito della controversia i motivi di doglianza dei contribuenti non possono essere condivisi.
E’ senza dubbio principio di carattere generale quello recato dal citato comma 4 ovvero come all’Amministrazione sia impedito di chiedere, in ogni caso, documenti ed informazioni di cui essa (o altre Amministrazione) già dispongono, essendo prevista in quest’ultimo caso l’acquisizione diretta.
Orbene, se la norma di legge crea un diritto a favore del contribuente (e dovere per l’Amministrazione) è indubitabile che tale diritto possa essere fatto valere nei modi previsti dalla legge. Per meglio dire occorre che: «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento» (cfr. art. 2697 del codice civile).
Nel caso in giudizio i contribuenti lamentano sì la lesione di un proprio diritto ma non forniscono che apodittiche affermazioni sui fatti ovvero che l’Amministrazione finanziaria abbia loro richiesto dati ed elementi di cui già era in possesso. Infatti negli atti processuali non è stata inserita la copia dell’avviso di richiesta documenti e nemmeno si può desumere, con sufficiente precisione, quali fossero gli elementi e i dati richiesti ai contribuenti e se tali elementi fossero già in possesso dell’Amministrazione finanziaria ovvero di altra amministrazione pubblica.
Per tale motivo non può quindi essere accolto l’appello dei contribuenti.
2.4 – La soccombenza di parte appellante è totale ed a suo carico si pongono le spese del presente grado di giudizio che si liquidano, per il secondo grado, in euro trecento.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, sezione II, visti gli artt. 61 e 35 D.Lgs. 31/12/1992, n. 546; così decide:
Il Collegio respinge l’appello dei contribuenti, condannandoli al pagamento delle spese processuali, liquidate per il presente grado di giudizio in euro 300 (trecento).
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