Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 1283 c.c. nonché vizio di motivazione in punto capitalizzazione degli interessi passivi.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 1815, 1284, 1339 e 1419 c.c., e della L. 07/03/1996 n. 108, nonché vizio di motivazione, in ordine alla applicazione del tasso soglia in sostituzione dei tassi usurari e alla mancata applicazione del tasso legale.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, circa l’omesso esame delle contestazioni sollevate sulla consulenza tecnica e l’acritica adesione ad essa.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, la Banca Nazionale del Lavoro lamenta violazione degli artt. 183, 189, 342, 345 c.p.c. essendo stata sollevata la questione dell’anatocismo, per la prima volta soltanto in comparsa conclusionale di appello. Con il secondo, violazione degli artt. 1418 e 1815 c.c., della L. n. 108/1996 e del D.L. n. 394 del 2000, circa l’illegittimità della pattuizione concernente gli interessi convenzionali anteriormente alla L. 108 del 1996.
Per ragioni sistematiche va innanzi tutto esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, che va rigettato in quanto infondato.
Non sussiste, nella specie, alcuna preclusione del giudice di appello ad esaminare la questione relativa all’anatocismo. La stessa Corte di merito, con motivazione adeguata e non illogica, precisa che già in atto di opposizione si affermava che l’estratto conto bancario non indicava la misura dell’addebito degli interessi e la loro decorrenza: si trattava, all’evidenza, di una generale contestazione degli interessi. Senza contare che la questione dell’anatocismo, secondo giurisprudenza consolidata (per tutte, Cass. n. 6518/2011) può essere considerata anche d’ufficio.
Quanto al primo motivo del ricorso principale, va precisato che la Corte di Appello esclude, nella specie, l’esistenza di anatocismo: non vi sarebbero illegittime forme di capitalizzazione degli interessi, trattandosi di contratto di finanziamento, nel quale la restituzione di singole rate di mutuo costituirebbe l’adempimento di una unica obbligazione, determinata fin dall’inizio sia nel capitale che negli interessi, secondo il piano di ammortamento contrattualmente stabilito. L’argomentazione non ha pregio: a nulla rileva l’eventuale ‘ammortamento’ comprendente capitale ed interessi. In qualsiasi contratto di mutuo o finanziamento, è sempre possibile distinguere capitale ed interessi corrispettivi. Il divieto di produzione di interessi su interessi è fissato dall’art. 1283 c.c., ai sensi del quale è ammesso soltanto dal giorno della domanda giudiziale o per l’effetto di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi (sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi) salvo usi contrari (ma dovrà trattarsi di usi normativi, e non negoziali o interpretativi). Il motivo è dunque fondato e va accolto. Quanto al secondo motivo, va precisato che giurisprudenza ormai consolidata (da ultimo Cass. N. 25182 del 2010) precisa che, con riferimento a fattispecie anteriore (come – pacificamente – nel caso che ci occupa) alla L. 108 del 1996 (disciplina ‘anti – usura’), in mancanza di una previsione di retroattività, la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta: l’illiceità si ravvisa soltanto ove sussistano gli estremi del reato di usura ex art. 644 c.p.: vantaggio usurario, stato di bisogno del soggetto passivo, approfittamento di tale stato da parte dell’autore del reato. Valide dunque le predette clausole contrattuali, è esclusa l’automatica sostituzione del tasso originariamente determinato con quello legale. Al contrario, trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell’entrata in vigore della L. 108 (con la previsione di interessi moratori fino al soddisfo), va richiamato l’art. 1 L. n. 108 del 1996 che ha previsto la fissazione di tassi soglia (successivamente determinati da decreti ministeriali), al di sopra dei quali, gli interessi corrispettivi e moratori, ulteriormente maturati, vanno considerati usurari (al riguardo, Cass. n. 5324 del 2003) e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli artt. 1419, secondo comma e 1319 c.c., circa l’inserzione automatica di clausole, in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia.
Il motivo va dunque rigettato in quanto infondato. Per ragioni sistematiche, va esaminato il secondo motivo del ricorso incidentale, anch’esso relativo agli interessi usurari.
Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto non coglie il senso dell’argomentazione censurata. Non afferma la sentenza impugnata la nullità delle pattuizioni anteriori alla L. 108 del 1996, ma ne precisa correttamente l’illegittimità degli effetti, relativamente ai rapporti non ancora esauriti, con sostituzione automatica del tasso divenuto usurario con il tasso soglia, di cui all’art. 1 predetta legge (e successivi decreti ministeriali).
Quanto al terzo motivo del ricorso principale esso consiste sostanzialmente in una critica all’operato ed ai conteggi del CTU, in parte circostanziata, in parte generica, a fronte di una motivazione adeguata, particolarmente analitica e non illogica della sentenza impugnata: in essa si precisa che il CTU, sulla base della documentazione prodotta, con ragionamento immune da errori e vizi logici ha accertato che la Banca ha applicato interessi moratori superiori a quanto pattuito nonché al tasso – soglia di cui alla L. 108/1996, e ha effettuato i relativi conteggi, che vengono ampiamente richiamati. Il motivo va pertanto rigettato in quanto infondato. Conclusivamente va accolto il primo motivo del ricorso principale, rigettati gli altri, nonché il ricorso incidentale, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà a quanto sopra indicato e pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; rigetta gli altri nonché il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.